Percorro a piedi ogni mattina la strada che porta dall’albergo a Montecitorio. È un’abitudine che ho imparato ad apprezzare col tempo, a partire dal primo giorno di questa legislatura. Ne ho fatto un tempo solo mio, uno spazio per riordinare i pensieri, per farne venire di nuovi. Perché il Parlamento è il luogo delle parole certamente, ma se è vero che dopo le parole vengono i fatti, prima di questi devono esserci i pensieri adeguati, ponderati e costruttivi.
Stamattina ho incontrato un bimbo in bicicletta che stentava ancora a mantenere l’equilibrio, ma poco distante da lui c’era il papà. Ed ho riflettuto sul fatto che la sicurezza di ognuno di noi è sempre determinata dalla protezione paterna. Benedetta questa protezione, quando c’è stata ed affettuosamente sostenuta, disgraziata evenienza la sua mancanza! E un padre sappiamo bene che non si sceglie, perché si può solo invocare la buona sorte, quando si nasce; i giudizi vengono dopo, quando si ringrazia il Cielo di avere beneficiato in pieno della prima di tutte le guide o si rimpiange di non aver riconosciuto il proprio padre in quello sconosciuto che si è solo intravisto per troppo poco tempo nella propria vita.
Adesso siamo tutti noi chiamati a sceglierlo un padre dello Stato e qui sta la parte difficile. Perché dovremmo essere noi ad eleggerlo al ruolo massimo di chi ci guiderà. Noi, guide della nostra guida! Un ossimoro, un paradosso, perché non abbiamo nessuna attitudine naturale alla scelta di un padre.
Sarebbe stato più comodo trovarcelo già al suo posto un Presidente, come un “padre costituente”, come i genitori della nostra Costituzione che certamente non ci siamo scelti noi e che non finiremo mai di onorare, secondo i dettami di un comandamento sacro: “Onora il padre e la madre”.
E se fosse una madre?
Non verrebbe certo meno la cura massima nei confronti dei cittadini di questo Stato. Solo una madre potrebbe anche avvalersi di materne attenzioni: la praticità, il pragmatismo, la preveggenza di certe madri dotate di superpoteri, le capacità multitasking che solo certe donne speciali riescono ad esercitare. E poi l’affetto, lo smisurato affetto di una madre.
Chi stiamo davvero, profondamente cercando? Di chi abbiamo bisogno? Di un “genitore pro tempore”, che per sette anni riesca ad affrancarci da pastoie e polemiche partitocratiche e ci riporti alle vere esigenze del Paese; di un porto sicuro per le nostre navigazioni insicure; di un’isola di certezza in un futuro incerto. Non possiamo certamente permetterci di agganciare una scelta di tale importanza a biechi interessi di parte o di partito. Non è il tempo dei tornaconti che certa politica vorrebbe trarne. È piuttosto il tempo di una scelta responsabile ed affermarlo o reclamarlo sembra quasi un fatto scontato, un luogo comune. Crederci è ben altra cosa!
Dunque fuori dagli interessi personali o di parte ci serve un “alto profilo”. Il nostro mondo politico non ne è totalmente privo, dobbiamo smetterla con le facili e irrisorie condanne dei populistici leoni da tastiera, o degli sguaiati frequentatori delle piazze reali e mediatiche. Però anche la restante parte della società civile è certamente fornita di tali profili, dobbiamo ammetterlo. Ne conosco alcuni…
Il bambino in bici ha fatto un paio di tentativi, poi al terzo è caduto. Il papà era lì, pronto, rassicurante e lui rialzandosi, sorrideva. Chissà se avremo mai un Presidente rassicurante e attento almeno quanto quello che lo ha preceduto. E chissà se riusciremo, ad accettare incondizionatamente un Presidente che, speriamo, emerga da una scelta larga, sicura e condivisa solo se sarà, a sua volta, libera da mille velenosi condizionamenti.
Vorrei, fra sette anni, ricordare questo come un momento felice, dal quale è scaturita una scelta altrettanto felice. Vorrei, nel frattempo, che tutti noi cittadini avessimo imparato ad andare in bicicletta, perché un padre attento ce l’ha insegnato a farlo ‘bene’.
Giorgio Trizzino è un deputato palermitano iscritto al gruppo Misto, ex Movimento 5 Stelle