Sarà un 2022 turbolento quello della Regione siciliana. La lunga, lunghissima campagna elettorale è già entrata nel vivo da qualche mese. Da quando, cioè, Nello Musumeci ha annunciato di avere le liste pronte e i volantini in tipografia. Ma prima di arrivare all’autunno – sempre che i sogni di gloria del governatore non vengano stroncati in anticipo da alleati sempre più refrattari – ci sono importanti partite da giocare. Appuntamenti in agenda. Riforme da attuare. Concorsi da celebrare. Promesse da smaltire.
Ma il primo impegno improrogabile è l’approvazione dell’esercizio provvisorio. Uno strumento finanziario che ‘libera’ la spesa della Regione da qui al prossimo 30 aprile. Vuol dire che, in assenza di una legge Finanziaria e di Bilancio, l’ente potrà spendere in dodicesimi, senza alcuna variazione rispetto alle poste del 2020. Limitandosi a gestire pagamenti e impegni di spesa in dodicesimi. E’ una forte restrizione dell’operatività finanziaria della Regione. Un tappo alla pretesa di pianificare il futuro, ma anche gli investimenti per l’anno che verrà. Un suicidio contabile reso più grave dal fatto di non aver approvato il disegno di legge entro il 31 dicembre. Questo significa ‘gestione provvisoria’. Quella che in America chiamano ‘government shutdown’, ossia il blocco delle attività amministrative. Durante questa fase, già conosciuta nell’epoca di Musumeci & Armao, è possibile procedere solo coi pagamenti obbligatori per legge, ad esempio le bollette della pubblica amministrazione. Non c’è spazio nemmeno per gli stipendi del personale di alcune partecipate (fra cui Sicilia Digitale).
Una contraddizione in termini rispetto ai trionfalismi dei giorni scorsi, in cui l’assessore all’Economia ha esultato per il rating di BBB assegnato alla Sicilia (è sparito un segno ‘meno’ rispetto allo scorso anno) e per la chiusura di un accordo di finanza pubblica che dovrebbe consentire alla Regione di risparmiare (e reinvestire?) nell’immediato circa 500 milioni di euro. Ci sarà tempo per capire come, dal momento che di Finanziaria si parlerà a primavera inoltrata. Prima bisogna passare dall’esercizio provvisorio e dalle forche caudine dell’Ars. Non basteranno cinque minuti come l’anno scorso. Nel mezzo di questa sessione di Bilancio infinita, c’è attesa per l’ennesima pronuncia della Corte dei Conti che – si spera in anticipo rispetto al 2021 – dovrà pronunciare il giudizio di parifica sul rendiconto 2020. Sarebbe, da prassi, un passaggio propedeutico all’approvazione dei nuovi strumenti finanziari. Utile a calcolare gli avanzi e i disavanzi di Amministrazione. Una catena che quest’anno si è aggrovigliata, giacché la parifica (parziale) è arrivata il 18 giugno e Armao s’è preso la briga di far approvare il rendiconto definitivo a ottobre, prima del pronunciamento della Corte dei Conti in composizione speciale, a Roma, che ha segnalato nuove anomalie nei conti.
Ma se è impossibile immaginare un percorso netto per il bilancio regionale, almeno in altri ambiti Musumeci & Co. dovranno rispettare degli impegni. Alcuni risalgono alla scorsa campagna elettorale: su tutti, l’approvazione di un paio di riforma fondamentali, come quella della Pubblica amministrazione e dei Consorzi di Bonifica. La prima sollecitata a più riprese dalla Corte dei Conti, la seconda inclusa nell’accordo Stato-Regione siglato lo scorso gennaio da Musumeci e dall’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e utile a garantire all’Isola la rateizzazione del disavanzo in dieci anni. Un processo di riforma della burocrazia regionale – ci sono già dei Ddl nella cartella ‘bozze’ – sarebbe la conferma ulteriore dell’impegno, da parte di questo governo, a svecchiare l’organico e migliorare le performance. Il modo migliore per accompagnare la nuova stagione dei concorsi che prevede, fra l’altro, l’immissione in ruolo di 100 unità nei rivoli della P.A. siciliana. Un modo per mettersi al riparo da un equivoco: cioè che le procedure concorsuali fin qui bandite, abbiano qualche nesso con la campagna elettorale, piuttosto che con il processo di ringiovanimento e riqualificazione della classe dirigente.
In effetti i posti a concorso sono tanti. Più di mille solo nei centri per l’impiego. E seicento – potenzialmente – nel Corpo Forestale della Regione. I concorsi, già entrati nel vivo con le pre-selezioni dell’Ars per otto segretari parlamentari, avranno un esito definitivo a cavallo fra l’estate e il prossimo autunno, cioè prima delle urne. Trecento tecnici, inoltre, verranno utilizzati dall’amministrazione regionali e dai Comuni per la gestione e il monitoraggio della spesa comunitaria. Un aspetto rilevante nell’anno del Pnrr. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che per il momento ha consegnato alla Sicilia solo brutte figure (su tutte, i 31 progetti dei Consorzi di Bonifica respinti dal Ministero dell’Agricoltura) entrerà nella fase cruciale. Nel 2022 andrà testata la capacità progettuale e di spesa della Regione, oltre che le abilità della doppia cabina di regia – oltre a quella ufficiale, c’è una nutrita segretaria tecnica a supporto del presidente Vernuccio – costituita presso l’assessorato all’Economia, di cui fanno parte i fedelissimi dell’assessore. Rappresentano la cinghia di trasmissione tra dipartimenti regionali ed enti locali. Non si può fallire.
Ma torniamo un attimo indietro, perché fra le riforma rimaste clamorosamente in sospeso, anche questa annunciata in campagna elettorale, c’è quella relativa ai rifiuti. Su cui Musumeci e Miccichè non fanno altro che litigare. Il primo perché la ritiene uno strumento all’altezza, il secondo perché la valuta carta straccia. Il risultato è che dopo una prima bocciatura all’Ars, a novembre 2019, e una marea di audizioni in quarta commissione, il disegno di legge sulla governance immaginato dal presidente della Regione non è mai giunto al traguardo. E’ stato palesemente rifiutato dalla maggioranza di palazzo dei Normanni, e finché non si troverà un compromesso sulle questioni dirimenti (ad esempio, sul numero delle autorità d’ambito) non verrà discusso. Sul fronte dei rifiuti il 2022 è l’anno zero. L’avviso per la realizzazione di due termoutilizzatori, scaduto e prorogato più volte, dovrà dare un verdetto. E indicare con precisione quale società potrà partire col project financing (mettendoci i soldi, ma ricevendo in dote la gestione). Una cosa è certa: il business dei privati, già alimentato dalle discariche, andrà avanti. Almeno finché i maggiori Comuni dell’Isola non riusciranno a raddrizzare le percentuali di raccolta differenziata: Messina, nel primo semestre del 2021, ha superato il 30%. Palermo e Catania restano a ridosso del 15%. Uno scempio che rischia di costare un salasso ai cittadini, qualora verrà applicato il piano-B: cioè il trasporto della monnezza fuori regione.
Al netto dei temi, però, incombono le elezioni. Ed è su quelle che i partiti si concentrano. Un gustosissimo antipasto delle Regionali sono infatti le Amministrative di primavera, dove saranno chiamate al voto Palermo e probabilmente Messina (dove il sindaco De Luca dovrebbe dimettersi il 5 febbraio). Ma ci sono pure le elezioni di secondo livello nelle ex province: Musumeci e la sua giunta, con una delibera, le avevano programmate per il 22 gennaio. Ma l’aula di Sala d’Ercole – confermando la spaccatura all’interno della maggioranza – le ha rinviate a dopo l’estate. Nel frattempo si spera di convertirle in elezioni dirette, ma servirebbe una modifica della Legge Delrio (a Roma, non a Palermo). Il piatto forte, però, è il rinnovo del parlamento regionale e del presidente della Regione. La legislatura scade a novembre. Le due coalizioni, dopo l’elezione del Capo dello Stato (a inizio febbraio: altro appuntamento da cerchiare in rosso), scioglieranno i dubbi sul perimetro e, soltanto dopo, sui nomi. Musumeci è già partito in quarta, considerando ‘naturale’ riproporsi agli elettori; ma anche il sindaco di Messina, Cateno De Luca, e il presidente della commissione Antimafia, Claudio Fava, hanno comunicato la propria discesa in campo. Auguri a tutti.