Avrei potuto scrivere una letterina a Babbo Natale – i giorni sono quelli – ma poi mi è sembrato di sconfinare nel territorio sdrucciolevole delle favole moderne, copyright di Massimo Gramellini. Oppure di mettermi in concorrenza con la spontaneità di Carlotta, dieci anni, le cui opinioni ospitate in prima pagina da Repubblica si diffondono da giornale in giornale, passano di bocca in bocca come la Buona Novella – i giorni sono quelli.

Ma visto che ci siamo – il tempo dell’Avvento sta per compiersi – posso rivolgere una preghiera piccola piccola al Signore che si fa bambino, che si fa Carne e Verbo per la salvezza di tutti noi peccatori? Un miracolo minimale. “Less is more”.

Per ritrovare tutti assieme il senso del limite e il lume della decenza, la cui pratica quotidiana “è la più difficile delle virtù”, secondo Eugenio Montale, forse il più incisivo poeta italiano del Novecento, certamente il più appartato e austero. Uno che arrivò al Premio Nobel in vecchiaia, ma non aderì mai al Fascismo e alle ideologie che attraversarono la Repubblica “per non scambiare l’essenziale col transitorio”.

Una preghiera per i sapienti felici e cantanti, il Trio del jingle natalizio, invero un po’ stonato, che ha sortito l’effetto di far nascere il Dubbio, in una stagione in cui i dubbi non devono essere neppure accennati. Mica discettano di medicina e biologia proprio come cantano? C’è correlazione?

Una preghiera per la pediatra, di famiglia cattolica e di cattoliche frequentazioni, che ha pensato bene di imbavagliare perfino i vagiti del Sacro Bambino piazzandogli mascherina e siringhina che pareva quasi di sentire le note di “Astro del Ciel, Siero Divin” diffondersi per la Rete.

Una preghiera per i giornalisti più realisti del re nello sfornare editti contrari a qualsiasi logica non solo deontologica, ma perfino editoriale e commerciale.

“Io con quelli non ci parlo”. D’accordo. Ma quando “quelli” sono comunque milioni, almeno il dieci per cento dei concittadini, da giornalista che fai? Li ignori? Costruisci identikit cementati di luoghi comuni che inghiottono perfino accademici, filosofi, costituzionalisti, medici addirittura, un tempo considerati anche rispettabili?

E per mettere le mani avanti al tempo dell’inquisizione ricordo il maestro Sciascia, il quale a proposito dell’Affaire Moro e della stagione del terrorismo, sottolineava che capiva benissimo come a molti non passasse per la testa “il sospetto che si potesse scrivere per null’altro che per amore della verità”.