Tredicimila seguaci su Facebook, una storia ricca di passione e diversità culturali. E’ questa l’Orchestra di Piazza Vittorio, nata sedici anni fa nel quartiere Esquilino di Roma, dove la comunità straniera supera di gran lunga quella italiana. Domenica sera si è esibita al Castelbuono Jazz Festival, nel prossimo maggio sarà al Biondo di Palermo con una rivisitazione del Don Giovanni. Ne fanno parte elementi di ogni parte del globo: l’Italia, degnamente rappresentata, ma anche Argentina, Senegal, India, Cuba, Tunisia, Corea del Sud, Ecuador. Otto Paesi, quattro continenti, nove lingue. Una simile composizione porta con sé i generi più disparati, i repertori più inediti, gli intrecci più improbabili e affascinanti. Un mix letale di buona musica che da anni ha reso l’Orchestra riconoscibile nella sua missione e nella sua capacità di differenziarsi, portando con sé un’enorme valenza artistica, riconosciuta universalmente.
Era il 2002 quando i cittadini del rione romano, auto-tassandosi, diedero vita a questa magica formazione. Molti artisti stranieri che vivevano a Roma in condizione di emarginazione sociale, ebbero modo di lavorare – seguendo la propria vocazione – e guadagnarsi sul campo un “permesso di soggiorno” altrimenti negato. L’idea venne a Mario Tronco, componente della Piccola Orchestra Avion Travel (vincitrice del Festival di Sanremo nel 2000) e al documentarista Agostino Ferrente, che nel 2006 trasformò questa esperienza inter-culturale in prodotto televisivo, distribuito nei festival del cinema di Locarno e di New York e successivamente nelle sale cinematografiche italiane, americane (da Netflix) e anche altrove.
Il concerto scenico più rappresentativo è “Il giro del mondo in 80 minuti” in cui si racconta un viaggio nell’umanità attraverso il modo di fare, comporre e vivere la musica tipico dell’orchestra di Piazza Vittorio. Poi ci sono parecchie rivisitazioni – dal Flauto Magico al Don Giovanni – e un repertorio che varia spesso, figlio di culture musicali che nel tempo si sedimentano, si mischiano, maturano. Ogni componente ci mette qualcosa di proprio, conia un linguaggio quasi imperscrutabile, ma carico di energia e significati, che sarà compito dell’uditore interpretare. Il viaggio e l’incontro: quello che ha legato i componenti dell’orchestra, legherà l’orchestra al suo pubblico. Un chiaro esempio di integrazione, di come sia (ancora) possibile stare insieme pur sentendosi (ragionevolmente) diversi.