Come d’incanto la Regione è diventata Paperopoli: grazie all’ultimo accordo con lo Stato, siglato dal governatore e dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, un tesoretto da circa mezzo miliardo pioverà a breve sulla testa di Musumeci e Armao. Soldi che potranno essere liberati già con la prossima Finanziaria: 200 milioni grazie all’abbattimento al contributo alla finanza pubblica, 100 a titolo d’acconto nelle more di definire le norme sull’insularità, 221 come differimento di un pezzo della rata del disavanzo. Siamo ricchi. Eppure, qualche giorno fa, attraverso i canali della Protezione civile regionale, è stata aperta una raccolta fondi, con tanto di Iban dedicato, per la ricostruzione di Ravanusa. Una colletta.
Il fatto che sia la politica a chiedere i soldi ai cittadini ha scatenato la reazione di Carmelo Pullara, deputato (agrigentino) della Lega: “Mi dissocio da tutto ciò. La raccolta fondi – ha specificato l’ex direttore amministrativo del ‘Civico’ di Palermo – è una iniziativa che spetta alle associazioni di volontariato. Ritengo che la Regione siciliana dovrebbe intervenire con i fondi propri e non chiedere denaro alla popolazione”. La Protezione civile, dal canto suo, ha provato a gettare acqua sul fuoco, parlando di una “dolorosa consuetudine (…) per evitare che venga dispersa in più rivoli la solidarietà che, in questi casi, molti concretizzano con una donazione in denaro a favore delle famiglie delle vittime. E anche perché – l’esperienza insegna – sussiste il rischio che quanto donato possa non giungere effettivamente a destinazione”. Troppo tardi per evitare le polemiche. Anche perché, all’arco dei detrattori di Musumeci, si è aggiunta un’altra freccia: cioè la dichiarazione di “liquidità zero” da parte della Protezione civile regionale, che attraverso il capo dipartimento Salvo Cocina, qualche giorno fa, ha comunicato ai sindaci che da qui allo sblocco della manovrina (le cosiddette variazioni di Bilancio) i capitoli per gli interventi in somma urgenza sono rimasti sguarniti. Sono finiti i soldi, in pratica.
Facendo due più due, il senso della richiesta d’aiuto alla popolazione appare più che motivata. La Protezione civile ha chiarito che anche la colletta per Ravanusa è un gesto spontaneo e non rappresenta una misura di sostegno sostitutiva “dei cosiddetti “aiuti di Stato” che seguiranno l’iter previsto dalle leggi”. Dalla Regione, però, non arriverà un euro. O forse sì, dal momento che lo stesso Pullara “approfittando delle variazioni di bilancio di fine anno, unitamente ad altri colleghi”, ha presentato “un emendamento, già approvato in commissione Territorio e Ambiente (e confermato in commissione Bilancio, ndr), che assegna per Ravanusa un milione di euro alla Protezione civile”. Ma le variazioni, che non beneficiano (ancora) dell’effetto Paperopoli, sono come un pacco di noccioline da distribuire a un branco di elefanti: non basteranno mai. Da qui l’invito al governo regionale affinché “si attivi per la propria parte al fine di trovare altri fondi e dia aiuto concreto a Ravanusa colpita profondamente da questa tragedia”.
Bisognerà raschiare il fondo del barile, sempre che ci sia la volontà politica di farlo. Le variazioni, che da domani saranno incardinate all’Assemblea regionale, costituiscono una “manovrina” da circa 300 milioni per sanare le ultime pendenze, specie con i precari (che sono in attesa della dodicesima mensilità) e con i fornitori di servizi (per pagare le bollette della luce e del telefono). Nel testo assegnato alla commissione Bilancio era stato inserito un intervento da 4 milioni proprio a favore della Protezione civile: 2,75 per “prima assistenza e pronto intervento in occasione di pubbliche calamità o per la difesa della salute o per l’incolumità pubblica”; 1,25 per gli interventi di “prima assistenza e per fronteggiare eventi calamitosi in ordine agli eccezionali eventi atmosferici verificatesi nel territorio della Regione”. I Cinque Stelle hanno aggiunto 450 mila euro per gli interventi nei comuni alluvionati. Già, perché dopo le mille dichiarazioni di stati di crisi e d’emergenza, con la richiesta al governo centrale di dichiarare lo stato di calamità per oltre 200 comuni colpiti dal maltempo, qualche spicciolo potrebbe tornare utile. Altrimenti si produrranno ingenti incartamenti e file interminabili. Roma è un bancomat, ma sulla tempistica degli aiuti nessuno è in grado di fornire garanzie.
Resta un dato di fatto: che la Regione non sempre è in grado di canalizzare gli aiuti nella maniera più opportuna. Non è il caso di Ravanusa, che rappresenta una tragedia straziante e inattesa. Ma del fiume di aiuti promessi da palazzo d’Orleans con la Finanziaria 2020 e rimasti in canna. Solo negli ultimi giorni, a distanza di un anno e mezzo dal lockdown e dalla manovra di guerra, la Regione ha pubblicato un decreto che assegna 700 mila euro alle cooperative radiotaxi siciliane. Allo stesso tempo, è arrivato l’ok al pagamento dei contributi a fondo perduto per taxi a Ncc (noleggio con conducente). Sono sul tavolo 773 istanze. Ed è proprio delle ultime ore la pubblicazione di un Avviso per la concessione di 100 milioni per contributi a fondo perduto (fino a un massimo di 30 mila euro a istanza) per le imprese che hanno richiesto un finanziamento alle banche. Le domande chiuderanno il 28 febbraio. Per i soldi se ne parlerà più in là. Ad almeno due anni dal picco della pandemia e del disastro. Certo, meglio tardi che mai. Anche se l’approssimarsi delle scadenze elettorali danno a queste misure, finite in ghiaccio per troppi mesi, un retrogusto un po’ sgradevole.
A proposito, all’interno del nuovo accordo con lo Stato, spacciato per miracoloso, resistono alcune “clausole” da attivare in futuro. Altre promesse, in pratica. Come quella che prevede un primo termine (maggio 2022) per la definizione di intese finanziarie riguardo ad altre voci di bilancio su cui si discute da anni (nel documento di palazzo d’Orleans si citano “IVA, F24, Split payment, bollo, ma soprattutto con riferimento alla sin qui irrisolta partita delle accise”). Mentre si è stabilito che “entro e non oltre il 30 giugno 2022, con effetti a partire dall’anno 2023”, verrà definita la nuova normativa di attuazione dello Statuto in materia finanziaria. “Tale adempimento – scrive la Regione – appare imprescindibile per superare un assetto, risalente al 1965, che, con le compartecipazioni tributarie concordate nella precedente legislatura – come precisato dalla Corte dei conti – non garantisce più alla Regione la copertura delle spese per le funzioni statutariamente attribuite, determinando una sorta di “insostenibilità dell’autonomia”, incompatibile i principi della Costituzione”.
C’è un’ultima previsione che riguarda la “fiscalità di vantaggio”. Per ripopolare la Sicilia e la sua imprenditoria, verrà consentito alla Regione di modificare le aliquote “in diminuzione fino ad azzerarle, prevedendo esenzioni, detrazioni e deduzioni, con particolare riguardo ad interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale”. Si dispone, inoltre, che la Regione possa autonomamente concedere, nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato, incentivi e contributi da utilizzare in compensazione fiscale. Queste possibilità, però, vanno tradotte in fatti. Esigono una messa a punto attraverso leggi dedicate. Altrimenti rimarranno un mero annuncio: alla vigilia delle elezioni non sarebbe un grande affare.