Tra i viaggi della speranza di Nello Musumeci non è incluso quello di martedì prossimo alla Camera dei Deputati, dove i partiti del centrodestra rappresentati in parlamento – restano fuori Diventerà Bellissima, la Dc e gli Autonomisti – si ritroveranno a parlare delle Amministrative di Palermo. E a scegliere, probabilmente, il candidato sindaco. Ma il governatore questa settimana ha dato forfait a un altro appuntamento di primissimo piano. Quello dell’Assemblea regionale, dove mercoledì la sua maggioranza si è liquefatta sulle ex province. E mentre il governo (con gli assessori Cordaro e Falcone) assieme ad alcuni volenterosi di Diventerà Bellissima (il capogruppo Aricò, ma anche Savarino e Assenza) si battevano per evitare il rinvio delle elezioni di secondo livello (finendo soverchiati dall’aula), Musumeci a palazzo dei Normanni non s’è visto. Ha abbandonato i ‘suoi’ nella fossa dei leoni, certificando lo sconquasso di una maggioranza che fatica a riconoscersi.
Pd e Cinque Stelle ne hanno chiesto le dimissioni. Ma Musumeci non ci pensa nemmeno: sa di non poter contare (dall’inizio) sul sostegno dei numeri. Al contrario, sta cercando di divincolarsi nella campagna elettorale più incerta e complicata di sempre. Nelle ultime ore, stando ai ben informati, è arrivato a ipotizzare un mini rimpasto per dare a tutti i partiti della coalizione un’equa rappresentanza in giunta (a pagare la tassa maggiore sarebbe l’Udc, con Lagalla e Baglieri in bilico). Nello guarda lontano. In qualità di presidente uscente, sarebbe logico ricandidarlo. Ma il centrodestra, per il momento, non ne vuole sentir parlare. L’unico a proporsi è il diretto interessato, che dopo aver annunciato in tutti i modi la sua (ri)discesa in campo – con l’ultimo intervento di un mese fa alle Ciminiere di Catania – sta cercando di accreditarsi presso le segreterie di partito e alcuni big sponsor.
In questi giorni il governatore è alle prese con una serie di eventi irrinunciabili. In primis, martedì scorso, la partecipazione all’apertura del nuovo ospedale Humanitas a Misterbianco. Dove gli onori di casa spettavano, ovviamente, al direttore sanitario Annunziata Sciacca. Cioè la madre del deputato regionale della Lega, anch’egli catanese, Luca Sammartino. I rapporti fra Musumeci e Sammartino non sono mai stati idilliaci. Anzi, nel corso di questa legislatura è passata agli onori della cronaca la sfuriata del primo contro il secondo, dopo una richiesta di voto segreto: “Di lei dovrebbero occuparsi altri palazzi”, si lasciò andare il governatore. Facendo riferimento a un’inchiesta per ‘voto di scambio’ che coinvolge l’ex renziano, passato da qualche mese sotto le insegne di Salvini. Il transito nel centrodestra, però, non è servito a riavvicinarli. Anzi, Sammartino ha sfruttato ogni piccola defaillance del governo per incolpare il presidente e i suoi assessori. Le ultime punture sono arrivare sul dissesto idrogeologico e sulla condizione surreale di alcune infrastrutture (come la frana che ha colpito la Statale 113): “Non si governa sperando che non accadano tragedie. Meritiamo di meglio”. Con la visita istituzionale (dovuta) all’Humanitas, Musumeci ha offerto un segnale di distensione non richiesto. Ma che fin qui non sembra aver avuto alcun riflesso sui rapporti politici con Mr. Preferenze.
Tra i viaggi a Canossa del presidente della Regione, rientra quello di giovedì, a Roma, per incontrare l’amica Giorgia Meloni. Fuori dai riflettori di Atreju. Una specie di riedizione dell’appuntamento del 26 agosto, quando Musumeci si presentò a casa della leader di Fratelli d’Italia per buttare giù le basi di una ricandidatura. Ma soprattutto per convincere Giorgia della bontà di una federazione fra i due partiti. Ipotesi scartata nel 2019, alla vigilia delle Europee, con tanto di crocifissione pubblica ai danni di Raffaele Stancanelli, che aveva avanzato l’ipotesi al congresso di Diventerà Bellissima. Ipotesi che oggi, a un anno dalle Regionali, torna tremendamente d’attualità. Anche se Fratelli d’Italia, alla luce di sondaggi più che incoraggianti, non alcuna voglia di condividere i posti in lista con gli uomini del presidente.
La Meloni, per il momento, separa l’ipotesi di una fusione a freddo con l’altro argomento che tiene banco a Palermo: l’unità (non ancora garantita) del centrodestra. Durante l’ultima visita siciliana al teatro Golden, per la presentazione del suo libro, la presidente di FdI ha detto che qualsiasi decisione sull’accordo con Diventerà Bellissima sarà valutata dal partito. Mentre ha evitato qualsiasi fuga in avanti sul nome: “Devo preservare la compattezza della coalizione”, disse. Oggi si fa largo l’ipotesi di un sondaggio per analizzare il gradimento dei leader. E a partire da quello, decidere su chi puntare. Giovedì, ufficialmente, s’è parlato d’altro: “In relazione alle risorse del Pnrr destinate alle infrastrutture materiali e immateriali – si legge in una nota congiunta – è emersa, tra le priorità, anche la convergenza sull’esigenza di consentire al Sud di utilizzare le risorse disponibili anche mediante il supporto di un rafforzamento amministrativo che permetta alle Regioni e agli enti locali di arrivare puntuali alle scadenze imposte da Bruxelles”. Poi, però, Musumeci scrive di aver apprezzato “il massimo impegno” della Meloni “e dei propri parlamentari a tutela delle legittime aspettative della Sicilia, per scongiurare inique penalizzazioni e a sostegno dello sforzo di rinnovamento che il governo di centrodestra compie da 4 anni nell’Isola”. Un pezzo della coalizione sembra essersi rinsaldata.
L’altro pezzo dipende da Matteo Salvini. Il quale vorrebbe salvaguardare l’unità del centrodestra – l’ha ribadito durante il convegno di giovedì della Tardino – pur rendendosi conto che le uscite del presidente uscente non gli facilitano le cose. Il segretario del Carroccio, che è rimasto un paio di giorni a Palermo per il processo Open Arms, non ha incontrato Musumeci. L’ultimo summit è di novembre al Senato. Fu lì che il presidente della Regione – al netto dei convenevoli e delle note ufficiali – tentò di risanare i rapporti con l’ex Ministro, dopo alcuni enormi malintesi (come l’aut aut ad abbandonare l’esecutivo in seguito agli apprezzamenti pubblici su Minardo). Non è stata del tutto abbandonata l’ipotesi di un matrimonio con Diventerà Bellissima, che però prevede il coinvolgimento di un’altra eminenza grigia: Raffaele Lombardo. Con il quale Salvini è già federato nell’Isola. La strada rimane in salita, ma soprattutto, da parte della Lega, persiste la sensazione che Musumeci negli ultimi tempi abbia perso consenso e che riproporlo sarebbe un boomerang.
Al netto dei big del centrodestra, il governatore sarà costretto a cercare dei ‘compromessi’ anche al di fuori della cerchia dei suoi assessori, che gli hanno mostrato grande vicinanza (quasi tutti) nell’ultima uscita pubblica a Catania. Bisognerà scambiare due chiacchiere coi leader regionali di Forza Italia, Cantiere Popolare, Democrazia Cristiana (solo per citarne alcuni). Sarà necessario arrivare a patti e fare concessioni. Capire perché all’Ars il centrodestra non è mai esistito, tanto più in questa fase. Ricucire le distanze e convincere gli interlocutori che lui, Nello, è ancora l’uomo giusto. Le odiate segreterie, che durante i primi quattro anni della legislatura sono uscite dall’orbita del governatore, sono i luoghi deputati a decidere il suo futuro. Di viaggi a Canossa ne serviranno parecchi.