La rimozione di Alessandro Porto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma a Catania già da tempo – circa 8 mesi – fra il sindaco Pogliese e la Lega i rapporti si erano deteriorati. Cioè da quando – come ricorda su ‘La Sicilia’ Mario Barresi – l’assessore passò dall’Udc al Carroccio, ampliando il fronte leghista a palazzo degli Elefanti nonostante un misero 1,7% alle urne. Fu all’epoca che Pogliese avrebbe chiesto a Nino Minardo, segretario regionale della Lega, di scendere da uno a due assessori, scegliendo fra Porto e Cantarella. Dopo una serie di incontri e di proposte andate a vuoto (come l’ultima di Pogliese: ‘recuperare’ i tre consiglieri d’opposizione facenti capo a Luca Sammartino per mantenere le posizioni consolidate in giunta), l’epilogo dell’altro giorno con l’addio a Porto e l’ingresso di Andrea Barresi, un fedelissimo del sindaco. Salvini si è indispettito a tal punto da chiedere le dimissioni – ottenendole – anche di Fabio Cantarella. Il secondo assessore in quota Carroccio, fra l’altro legatissimo a Pogliese: “Fosse stato per me non mi sarei mai dimesso”, ha dichiarato.
La Lega salva la faccia, ma i rapporti con Pogliese e Fratelli d’Italia, in città, sono ai minimi storici. A nulla sono valse le moine del sindaco e i ringraziamenti (reiterati) a Salvini e Candiani per aver salvato Catania dal dissesto. Pogliese è anche uno dei due coordinatori regionali del partito della Meloni, e questo non ha fatto che dilatare il malcontento. Catania, adesso, è un caso di portata nazionale. Che amplifica il divario tra Salvini e la Meloni, che in questo periodo stanno cercando di ricucire un rapporto instabile, e fortemente destabilizzato dall’ultima tornata elettorale. Catania, però, è un caso anche al di là delle dinamiche nazionali. L’addio di Cantarella, ad esempio, significa interruzione di un percorso sul fronte dei rifiuti, anche se la proroga di altri due mesi alle tre discariche dopo conferire la monnezza (dopo la chiusura di Lentini) potrebbe far respirare la città.
Ma c’è dell’altro ed è legato inevitabilmente a Pogliese, che fra oggi e domani attende il pronunciamento della Corte Costituzionale sul ricorso presentato dai suoi avvocati contro la sospensione dalla carica per effetto della Legge Severino. Il sindaco è stato condannato in primo grado a 4 anni e 3 mesi per le spese pazze da capogruppo del Pdl all’Ars. Per effetto della Severino (che la Lega, toh, ha proposto di abolire attraverso un referendum), era stato sospeso dalla carica per 18 mesi, prima della decisione del Tribunale di Catania di sollevare la questione di legittimità costituzionale. La decisione della Consulta potrebbe aprire nuovi scenari di tempesta: in caso di rigetto, infatti, Pogliese finirebbe nuovamente sospeso. Ma qui le interpretazioni divergono: secondo alcuni gli rimarrebbero da scontare i pochi mesi rimasti (circa 4) dall’inizio della prima sospensione; secondo altri, invece, il conto verrebbe quasi azzerato, mettendo il sindaco di fronte a 14 mesi di stand-by. Legislatura quasi finita e buonanotte ai suonatori.
In questa seconda ipotesi, anche se dall’entourage di Pogliese smentiscono, ci si potrebbe giocare la carta delle dimissioni, per rimandare il Comune al voto nella prossima primavera. Nella stessa tornata elettorale di Palermo e, probabilmente, anche di Messina, dato che fino a ieri Cateno De Luca ha confermato le proprie dimissioni nel prossimo febbraio. Per correre alla Regione.