Si attendeva l’attacco dei mercati internazionali e invece è arrivato il complotto della malasorte. Con il collasso del ponte di Genova si conclude ufficialmente questa (prima) estate populista che sarà ricordata per i vaccini e le pensioni, per i porti chiusi e la leva militare che il ministro degli Interni ha annunciato voler ripristinare con lo scopo di rieducare i giovani italiani ritenuti “mollaccioni”. Dopo settimane in cui il governo si è diviso sulla Tav a viaggiare ad alta velocità finora è stata la scalogna: esplosioni, crolli, caporalato, razzismo…

Anziché cercare un posto al sole, l’Italia ha ritrovato le ombre dell’autunno caldo al punto che il medico pro vax, Roberto Burioni, è stato fotografato nella stessa posa che fu destinata al prigioniero del popolo Aldo Moro. Nei primi due mesi, questo esecutivo, nato proprio per evitare il voto in estate, è riuscito a fare chiudere in anticipo gli ombrelloni ai prèsidi costretti ad abbandonare i propri lidi e difendere le loro scuole. Per scongiurare le epidemie dell’inverno hanno dovuto preparare la controffensiva e sabotare i decreti strampalati del nuovo ministro della Sanità. A Giulia Grillo si deve infatti il vero tormentone dell’estate, la metafora al posto della musica da spiaggia.

Il suo “obbligo flessibile” ha superato “Amore e Capoeira” nella hit parade delle parole fritte e si è imposto perfino in radio dove i bollettini medici, per una volta, sono stati più ascoltati di quelli autostradali. La guerriglia contro i competenti ha infatti animato gli stabilimenti balneari e ha finito per scatenare la battaglia contro i metereologi che il governatore del Veneto, Luca Zaia, vorrebbe punire perché a suo avviso “penalizzano con le loro previsioni errate il turismo regionale”. Non fatevi dunque imbrogliare dal cielo. È questa la prima estate della merla, un altro ossimoro che dobbiamo alla Lega e al M5s, il primo esecutivo della cupezza, dei pensieri tristi, della caccia al pensionato colpevole di sopravvivere come fanno i migranti che (continuano) a sbarcare e partire. L’afa si accompagna così alla malinconia. Più che tempi populisti è questa l’epoca dell’espiazione e del castigo. Nel paese tira aria di penitenza, si agitano divieti, si incita al fucile.

Dall’ingresso a Palazzo Chigi di questi formidabili uomini nuovi, nel paese si è diffusa l’idea che la fatica sia una colpa, i patrimoni crimini e che la miseria sia la nuova dieta dello spirito, il reddito di cittadinanza la nostra nuova strada verso la socialdemocrazia. Poveri e monacali, agli italiani in queste sere non è rimasto che rifugiarsi nel ricordo della nazione spensierata, quello che a Techetechetè, su Raiuno, va in onda e dà ristoro alla nostra anima di belli ma infelici, di sudati ma irrigiditi. Orfani delle birichinate di Silvio Berlusconi che in bandana faceva ridere il mondo, siamo costretti a riconoscere che le estati in Sardegna del vecchio leader erano cafonal ma non meno di quelle di Matteo Salvini a Milano Marittima e che la sua ostentata virilità era pur sempre meno disumana de “la pacchia è finita”, lo slogan che non smette di ripetere il vicepremier spanciato. Costretti a guardare i video del premier Giuseppe Conte confezionati da Rocco Casalino, viene quasi voglia di riprendere dall’archivio le foto dell’ex sottosegretario Maria Elena Boschi al mare o in palestra per sfuggire alla lettura dei reportage di Alessandro Di Battista o alle interviste di Davide Casaleggio, uno che vuole “superare la democrazia” e non perché ha preso troppo sole o perché al mare sono sempre care le fantasie. Da cinquant’anni, l’estate è la stagione dei deragliamenti, degli attentati, dei crimini, ma nell’anno in cui si mettono in discussione i vaccini ci accorgiamo di non avere più gli anticorpi.

La verità è che questo è il primo tuffo in costume gialloverde e siamo già annegati in umanità, credibilità internazionale, mercati, salute. Più che spiaggiati è la prima estate da smarriti. È vero che agosto è il mese dei fallimenti ma mai avremmo creduto che a fallire sarebbe stato il buonumore, che il broncio e il cattivo spirito avessero la meglio sulla strizzatina d’occhio e la risata. I giornali dicono che perfino la geografia della nostra estate è in crisi. Gallipoli, le Eolie, Capri… quest’anno non si sono mai riempite e pure i musei, per volere del nuovo ministro, non saranno più gratis la prima domenica del mese. Si sta consumando così questa stagione, tra aghi ed economisti, tra troll e cartucce, tra fulmini e disastri. Non ci è rimasta neppure un po’ di carne da desiderare ma solo tanta voglia di fare ritorno a casa. È questa l’estate del nostro spavento.