Il ritorno in grande stile di Silvio Berlusconi, federatore del centrodestra e punta di diamante in Europa (dove ha appena incontrato Angela Merkel), ha avuto un grande merito: riaprire una riflessione all’interno di Forza Italia. Anche se le ultime uscite ministeriali, dallo sfogo della Gelmini all’intervista ragionata di Brunetta (a Repubblica), aprono squarci difficilmente ricomponibili, che rischiano di travolgere l’anziano leader in questo tentativo, l’ennesimo, di cancellare i litigi del centrodestra. Le parole del Ministro della Pubblica Amministrazione, fra l’altro, sono perfettamente declinabili in salsa siciliana. Anche nelle convinzioni più profonde di Gianfranco Miccichè, infatti, resiste l’idea che “con la politica urlata di Salvini e Meloni non si va da nessuna parte”. Brunetta l’ha detto in maniera meno pittoresca, ma l’ha detto: “Forza Italia, quando era baricentrica con i suoi valori e il suo peso del 25-30 per cento, era riuscita ad “istituzionalizzare” la Lega e il Msi, poi An. Ma se l’egemonia sul centrodestra ce l’hanno Fratelli d’Italia o la Lega, la coalizione è inevitabilmente perdente. Lo si è visto alle Amministrative e, temo, lo si vedrà anche alle Politiche”.
Il concetto è ripartire da Draghi. E da una visione europeista, che mal si concilia coi respiri Lepeniani e Orbanocetrici di Salvini e Meloni. “Non sono credibili coalizioni manifestamente opportunistiche, alleanze disomogenee e incoerenti formate solo per ragioni elettorali. Mi dispiace, ma un centrodestra unito non c’è”, ha rimarcato Brunetta. Che si porta dietro la delusione delle due colleghe di governo: sia Gelmini che Carfagna ne condividono la linea, e hanno fatto di tutto – come il lancio dell’associazione ‘Voce libera’ da parte di Mara – perché Berlusconi se ne rendesse conto. Il Cav., però, è braccato dai tentacoli di Antonio Tajani e del suo cerchio magico, sempre più ammiccante nei confronti dei sovranisti (fino a chiedere, qualche mese fa, una federazione col Carroccio). Così spera di poter sopravvivere cavalcando l’usato sicuro. Ma con la pandemia e con Draghi, nulla sarà più come prima.
Il dibattito nel partito è fermo, stantio. E lo stesso Berlusconi, nell’intervista di ieri al Corriere della Sera, ha provveduto a mettere la polvere sotto il tappeto: “In verità, io non ho sentito nessuno in Forza Italia – voglio ripeterlo, nessuno – contestare la nostra linea politica, che è quella di lavorare per il Paese, sostenendo con forza il governo Draghi”. Il Cav. ha derubricato gli innumerevoli mal di pancia a “incomprensioni personali, che vanno ricomposte, non di conflitti sulla linea politica che, lo ripeto, è condivisa da tutti e non ha alternative”. Ma la spiegazione regge poco. Negli ultimi tempi di magra elettorale ha sempre prevalso la logica del “meno siamo meglio stiamo”, e i tentativi di Brunetta & Co. di indurre alla riflessione sono considerati alla stregua di un’orchite. ‘Che se ne vadano, piuttosto’. Se dovrà essere scissione, meglio conservare la parte più corposa del gruppo. Il dissenso monta, ma resta in minoranza se inquadrato in una logica parlamentare. Lo ha dimostrato qualche giorno fa l’elezione del nuovo capogruppo alla Camera (anch’egli di area Tajani) per cui solo una manciata di deputati (26 su 77) avevano chiesto il ricorso al voto segreto.
Ma lo smottamento che effetto avrebbe sui territori, laddove i forzisti – come nel caso della Calabria – vincono e talvolta lo fanno con numeri entusiasmanti? Anche alle ultime Amministrative siciliane Forza Italia ha tenuto. Ma il ricordo delle ultime Europee (col partito al 17%), l’aumento del numero degli amministratori locali, l’espansione del gruppo parlamentare in Assemblea, consente a Gianfranco Miccichè, attuale commissario regionale, di muoversi con vanto e disinvoltura nei palazzi della politica e al tavolo della coalizione. Miccichè sa bene, e non perde occasione per ribadirlo, che Forza Italia senza la Sicilia non esiste. E da questo punto d’osservazione, tipico dei privilegiati, si permette riflessioni ed esperimenti che altrove non verrebbero condivisi. La cena fiorentina con Matteo Renzi e l’ipotesi di collaborazione al parlamento regionale – in vista di serrare i ranghi, con liste uniche, alle prossime Amministrative di Palermo – sono un’iniziativa di Micciché che per il momento, nel resto d’Italia, non esiste. Ed è stata anche criticata. Ad esempio da Salvini, che nel corso della due giorni palermitana, ha ribadito che “Renzi non credo voglia entrare nel centrodestra, e io non farò nulla per convincerlo”.
Il leader regionale di Forza Italia aveva tentato un approccio col Partito Democratico, rivalutato dopo l’avvento di Enrico Letta. Ma s’è scottato. Dal giorno della Festa dell’Unità di Palermo (fine settembre), l’atteggiamento è cambiato: “Non fanno squadra, non sai con chi parlare. E’ un partito bloccato”, si lamentò Micciché. Un’opinione rafforzata dagli esperimenti fallimentari di alcune città chiamate al voto: Noto e Canicattì su tutte. C’era stato un tentativo – ricambiato – persino con Giancarlo Cancelleri: e non perché fosse esploso l’amore per quei demagoghi dei Cinque Stelle, ma perché l’unico modello che alletta veramente il coordinatore di FI, come accade a Brunetta, è quello che porta a Mario Draghi. “Oggi è una salvezza. Il prossimo presidente del Consiglio non può essere che lui”. La pensa così anche Berlusconi, che per l’ex governatore della Bce vede meglio un ruolo a palazzo Chigi piuttosto che al Quirinale (ma va?!?).
Tornando alle strategie di Micciché, non c’è nessuno all’interno del partito (siciliano) in grado di ostacolarlo. Ci aveva provato Marco Falcone, qualche mese fa. L’assessore regionale ai Trasporti si era pubblicamente lamentato in un’intervista a ‘La Sicilia’ che “l’idea della Forza Italia di Gianfranco è molto diversa da quella della stragrande maggioranza del partito in Sicilia, che guarda con convinzione all’orizzonte di un centrodestra unito con Musumeci, che ci ha fatto vincere nel 2017”. Ma soprattutto “Gianfranco guarda al grande centro, mettendo fuori Fratelli d’Italia, un alleato col vento in poppa, e inseguendo un partito fallito come il Pd, e forse anche altri”. Falcone non aveva considerato la Lega, che a Miccichè, al netto dei convenevoli, è sempre rimasta sulla punta dello stomaco. “La Lega qui non esiste, possono togliere la parola Nord dal loro simbolo, qui resteranno quelli di sempre” ha confidato, qualche giorno fa, in un’intervista al Mattino.
Ora che Falcone sul tema non è più intervenuto (alcuni dicono ci sia rimasto particolarmente male per la debacle e lo scarso impegno mostrato a Caltagirone), a Micciché non rimangono rivali interni. Nemmeno Armao e la compagna Giusy Bartolozzi, sempre fedeli al Cav. prima dell’autosospensione di lei dal partito per questioni legate riforma della giustizia. Da fine luglio è iscritta al gruppo Misto di Montecitorio. Mentre Armao, al netto dei frequenti pasticci sui conti, è tornato in parte a farsi ben volere, come dimostra l’ultima nota del presidente della commissione Bilancio, Riccardo Savona, che ne ha lodato l’impegno per aver risparmiato 117 milioni grazie all’accordo sui derivati. Ma non sono le manfrine o i complimenti a mezzo stampa, a creare un’opinione di dove vada e cosa debba diventare Forza Italia. Se punto di riferimento dell’area moderata – come molti in Sicilia sperano (a partire dai parlamentari regionali di Italia Viva, reduci da un accordo federativo all’Ars) – o l’ultima carrozza di un treno a guida sovranista, che di recente ha deragliato più volte. Non è una scelta che Miccichè può fare da solo. Non senza aver visto che vento tira dalle parti della Capitale. “Il fatto che sia io a rappresentare Forza Italia – ha ribadito Silvio – mi pare non sia messo in discussione da nessuno”.
Forza Italia: dal 12 al 14 novembre raduno a Mazara
Dal 12 novembre Forza Italia regionale organizza una convention a Mazara del Vallo, nel Trapanese, nel corso della quale si discuterà anche dell’evoluzione del centrodestra. Una tre giorni di cantiere con un tema all’ordine del giorno: il futuro del centrodestra. “Nessuna nuova notizia – spiega il coordinatore regionale degli azzurri Gianfranco Miccichè -, è un dibattito all’interno di Forza Italia che esiste fin dal momento della sua fondazione, ovvero nel 1994. A Mazara discuteremo anche di questo e di che cosa rappresenta la destra oggi. Un tavolo al quale ho invitato anche Maurizio Gasparri”. Miccichè poi aggiunge: “Dopo il congresso di Fiuggi si pensava ad una svolta culturale della destra anche ampia ma in alcuni casi abbiamo visto anche una regressione”. Quindi tutto nella norma, aggiunge il presidente dell’Ars “ogni tanto i giornalisti all’improvviso riscoprono che all’interno di Forza Italia si discute… La natura del partito è sempre stata riformista e liberale, certo quando si avanzano temi come la posizione in Europa, o i migranti, è ovvio che torna il dibattito”.