Greta Thumberg e Vanessa Nakate, svedese di Stoccolma e ugandese di Kampala, bionda e nera, l’emozione indotta e quella spontanea, la “ola” richiesta e quella di una standing ovation svanita fra le lacrime.
Ieri mattina a Milano sono andate in scena due modalità dell’emozione, quella occidentale, del nord del mondo, già sentita, strutturata, prevista, quella dell’altro mondo, del sud del mondo, inedita, spontanea, imprevedibile.
Le due ragazze erano le star annunciate dell’apertura di Youth4Climate, la cosiddetta “Cop dei Giovani”, che si chiuderà il 30 in una staffetta ideale con la Pre-Cop preparatoria della COP26 di Glasgow in novembre. Greta di cui sappiamo tutto e Vanessa, nota nel giro dei giovani per l’ambiente ma ignota ai più.
E Vanessa ha parlato per prima, raccontando con numeri agghiaccianti i milioni di africani che dovranno emigrare per il clima o che l’hanno già fatto, perché la loro terra non dà più sostentamento, raccontando delle migliaia di specie animali che si sono già estinte perché la biodiversità è stata spazzata via dai cambiamenti climatici, raccontando delle isole del Pacifico o dei Caraibi che scompariranno per l’innalzamento del livello degli oceani. Questi danni sono già avvenuti e stanno avvenendo. E il nord del mondo, quello su cui pesa la responsabilità morale e materiale delle emissioni di Co2 (dall’Africa solo il 3%) non ha nemmeno ancora investito i 100 miliardi di dollari promessi a Parigi nel 2015. Ma ci vorrebbe di più, molto molto di più. Dollari, moltissimi miliardi di dollari. E’ il tema su cui falliscono di solito le COP.
E ci sono cose perse irreversibilmente, per le quali non è possibile “adattamento”, una delle parole chiave del negoziato sul clima: “Non ci si può adattare ad una storia ormai perduta – ha detto la Nakate – alle tradizioni che sono andate perdute, non ci si può adattare alla morte per fame. Non ci si può adattare all’estinzione”. Vanessa è stata sommersa dall’abbraccio di un applauso, lungo e caldo dei giovani, tutti in piedi, mentre le lacrime cominciavano a rigarle il volto.
Greta poi ha letto il suo intervento, ha chiesto alla fine ai giovani di gridare “Cosa volete? Giustizia climatica”, “Quando la volete? Ora”. I ragazzi hanno assecondato la loro leader mondiale, ma nella testa avevano ancora Vanessa da Kampala, forse incapace di mobilitare i giovani di tutto il mondo ma in grado di emozionare, di colpire al cuore, di mostrare il centro vergognoso della battaglia sul clima mostrando la propria anima, la propria vita, la propria terra. La foto di Greta che consola Vanessa, bellissimo scatto del mio amico Luca Signorelli, significa molte cose, alcune belle, altre forse poco onorevoli per chi come noi vive oggi e da secoli nella parte più fortunata (e più egoista) del mondo.