Da tre mesi è entrato a far parte di Eurispes, l’istituto che si occupa di studi politici, economici e sociali, per dirigere il dipartimento Mezzogiorno. E’ un modo come un altro per non perdere il contatto con le sue radici. Saverio Romano attualmente non ricopre incarichi istituzionali. E’ fuori dai palazzi della politica, anche se rimane la voce più autorevole di “Popolari e Autonomisti”, il gruppo che alle scorse Regionali ha contribuito al successo di Nello Musumeci, portando all’Ars sei rappresentanti (da qualche giorno, però, Gennuso si è dichiarato indipendente). E al governo un paio di esponenti molto in vista: Totò Cordaro, assessore a Territorio e Ambiente, e Roberto Lagalla, leader della Formazione.

Romano è uscito dai radar parlamentari al termine della XVII legislatura, che ha fatto da apripista all’incursione gialloverde. “Questo mi permette di dedicarmi ad altro – spiega l’ex ministro dell’Agricoltura – Alla professione (di avvocato, ndr) e all’incarico ottenuto da Eurispes, che è al centro del mio impegno quotidiano. E mi permette anche di riflettere. La riflessione, in politica, è una componente importantissima. Quando ci si ritrova coinvolti in prima persona, spesso la si trascura. Ma conta tanto quanto l’azione”.

Da osservatore, che bilancio traccia di questa prima parte di legislatura? Al governo Musumeci e all’Assemblea regionale viene imputata una certa lentezza…

“La gatta frettolosa fa i gattini ciechi. E’ importante la qualità, non la quantità della legislazione. Il governo, dopo aver approfondito i temi, deve poter fare delle scelte strutturali e non congiunturali. La politica dei tweet, adottata altrove, è una dinamica che lascia poco spazio alla pianificazione politica e alla realizzazione di progetti di lunga durata. Il governo non agisce in quest’ottica e per me è un fatto positivo. Poi c’è un altro fattore…”.

Quale?

“La collaborazione da parte dei burocrati, dei funzionari, dei dirigenti che non sempre mi pare all’altezza del compito loro assegnato. La ragione c’è: per tanti anni sono stati bistrattati, messi da parte, trattati male, soprattutto dal governo Crocetta. Che oltre a cambiare cinquanta assessori, ha ruotato una cinquantina fra dirigenti e direttori. E’ ovvio che la macchina della Regione ha bisogno di essere rimessa a posto e, per certi versi, incentivata con delle premialità. Solo a chi merita, ovviamente”.

Non c’è traccia, non ancora, di riforme strutturali.

“Parto dal presupposto che anche le piccole cose fanno parte di un ampio disegno strategico. Le faccio un paio di esempi: l’assessore Cordaro ha appena fatto approvare in giunta i piani per l’aria, le alluvioni e il rumore, utili a non incorrere nelle procedure d’infrazione da parte dell’Europa. Si tratta di provvedimenti fermi da decenni. Lagalla ha fatto ripartire i corsi di Formazione, che erano fermi da cinque anni, dando una speranza ai giovani che vogliono formarsi e trovare un posto di lavoro, e una risposta a un settore che era stato massacrato dal precedente governo. Quindi, invito a non buttare via il bambino con tutta l’acqua sporca”.

Scorrendo la lista degli assessori, ci fermiamo subito alla A di Armao. Visto il contenzioso con Riscossione Sicilia, è ancora compatibile con l’incarico di governo attualmente ricoperto?

“Non mi permetto di entrare nel merito della vicenda. Ritengo che Musumeci da un lato e Armao dall’altro sanno bene cosa è accaduto e cosa potrà accadere, e sapranno affrontare la questione al meglio. C’è una cosa, però, che mi preoccupa: ossia che i dati sensibili di un qualunque cittadino, che riguardano il suo rapporto con le istituzioni, vengano offerti in pasto all’opinione pubblica. Conosco bene le vicende di chi ha dovuto subire in passato procedure esecutive da parte degli organi di Riscossione, e il più delle volte ha fatto causa e ha vinto. Quindi ci andrei con i piedi di piombo”.

La fragilità numerica della maggioranza rischia di diventare un problema per il governo regionale nel medio-lungo termine?

“Musumeci ha dimostrato di essere un uomo di spessore e di prediligere un’etica politica che non prevede acquisizioni di parlamentari né traghettatori in stile Caronte, che ci furono, e in abbondanza, nella scorsa legislatura. Questo presupposto, al di là dei numeri, rafforza la maggioranza più che indebolirla. L’azione politica può essere sostanziata con provvedimenti che vengono votati dalle opposizioni perché realmente condivisi. E non da transfughi passati da un campo di gioco all’altro”.

L’abolizione dei vitalizi agli ex parlamentari è una misura che la convince?

“Fa parte di quella politica di tweet e post che viene incarnata soprattutto dal Movimento 5 Stelle. I vitalizi li avevamo già aboliti noi nel 2012, tanto che i parlamentari di quella legislatura, e di quella successiva, hanno avuto un calcolo pensionistico con sistema contributivo. Far valere quel principio anche in maniera retroattiva, rischia di rendere la questione scivolosa. Punto primo, perché il risparmio è residuale rispetto al debito pubblico del Paese; punto secondo, perché introduce un principio molto pericoloso secondo il quale tutti i diritti acquisti, non solo quelli dei parlamentari, possono essere “toccati”. Sarebbe un disastro. Credo che nel giudizio di legittimità da parte degli organi giurisdizionali, la delibera approvata alla Camera dei Deputati sarà soccombente”.

E’ favorevole a un referendum consultivo sull’insularità?

“Esiste un disagio infrastrutturale legato all’aspetto geografico. Sappiamo di pagare più di altri per il trasporto aereo e di non avere un trasporto viario e ferroviario di continuità. Dentro questa mobilità non si muove soltanto la persona fisica, ma anche interessi, commerci e attività produttive. Io mi spendo favorevolmente per questa causa: sono convinto che fin qui è stata condotta un’ottima battaglia”.

Tornando alla politica. Oggi il centrismo, e i risultati delle ultime Politiche lo confermano, non resiste all’onda d’urto di populisti e sovranisti. Qual è lo stato di salute dei moderati?

“I moderati in Italia non sono tutti morti. I cittadini, però, alle ultime elezioni hanno preferito votare altri o astenersi. La responsabilità è soltanto nostra. Bisogna elaborare una proposta politica che torni a essere attrattiva e faccia ricredere questi elettori. Bisogna rinnovare le leadership. E occorre trovare delle risposte ai temi che arrivano dal Paese e non trovano alcun riscontro da parte di questo governo, che infatti si è totalmente dimenticato di fasce importantissime della popolazione. Serve un’opposizione seria, che non insegua questa campagna elettorale perenne imposta dai 5 Stelle”.

Anche la Lega spinge più o meno sugli stessi tasti. Questo Carroccio ha ancora diritto di cittadinanza in una coalizione di centro-destra?

“Se le Lega è quella che scimmiotta Le Pen e Putin non c’è motivo di stare insieme. Se prevarrà una linea “governativa”, come quella interpretata dal sottosegretario Giorgetti, ci sono delle possibilità”.

Sui social è in atto una deriva politica e anti-democratica. L’ex ministro Rotondi, centrista come Lei, ha detto: “Per le prossime elezioni politiche proporrò un polo delle persone normali contro i cretini. Perderemo ma ne guadagneremo di salute”. E’ giusto spingersi a tanto?

“Non mi piace usare definizioni offensive nei confronti di quelli che ritengo avversari politici e non nemici. Detto questo, Rotondi coglie un dato: la compagine di governo è frutto di poli opposti e diversi che condividono questa strana forma di comunicazione dettata dai social. Nella scorsa campagna elettorale, lo scontro più duro è stato fra il programma del centro-destra e quello dei grillini. E’ vero che Lega e 5 Stelle hanno fatto un contratto, ma mi sembra così riduttivo che non potrà mai avere un lungo respiro”.

La “sua” Palermo è una città in grossa difficoltà. Di chi sono le responsabilità maggiori?

“A Palermo c’è una sola persona che, a parte una piccola parentesi, ha governato la città negli ultimi anni. Basterebbe questo dato per dire che il responsabile è uno solo: il sindaco Orlando. Oggi ai cittadini non vengono erogati nemmeno i servizi essenziali, oltre tutto con un dispendio di risorse ed energie che stanno salassando i contribuenti. Palermo cerca di rifugiarsi dietro la patina delle manifestazioni culturali, che nascondono però una città abbandonata a sé stessa”.

Eurispes, di recente, ha presentato un progetto per un porto hub proprio a Palermo. Costo dell’operazione: 5 miliardi. Dove si trovano questi soldi? E’ davvero un treno da non perdere?

“E’ ovvio che un intervento così importante, che richiede queste risorse, ha un duplice aspetto: se le istituzioni vogliono davvero privilegiare il bene comune e realizzare l’opera, ci saranno investitori privati che faranno la fila per investire in un’infrastruttura ad alta redditualità come quella di un porto hub; se viceversa la politica e le istituzioni non sapranno essere all’altezza, è ovvio che i 5 miliardi non arriveranno mai da nessuno, perché nessuno avrà interesse a mettere piede in Sicilia. Grazie al governo Crocetta tanti investitori sono scappati via, a causa di lungaggini burocratiche che affossano le imprese che vogliono investire. A farsene carico devono essere le istituzioni. Sarebbe un peccato lasciarsi sfuggire un’occasione del genere. Eurispes ha lanciato la proposta, adesso la responsabilità è di altri. Io, questa volta, mi metto dalla parte dell’analista e dello studioso anziché del politico. E’ più facile”.