Partiamo dalla fine: sei chilometri di coda fra gli svincoli di Villabate e Bagheria per il posizionamento del nuovo asfalto. Un’ora di ritardo sulla tabella di marcia, che già prevedeva una percorrenza di tre ore e un quarto per raggiungere Ragusa da Palermo. Il tratto all’imbocco della A19, in direzione Catania, è la fotografia segnante di un’epoca in cui in Sicilia è pressoché impossibile spostarsi. Cantieri ovunque. Ruspe in azione, operai fluorescenti che invitano a rallentare. L’autostrada gestita da Anas è un incubo. Non va meglio alle “cugine” del Cas – la Palermo-Messina e la Catania-Messina – ma per un attimo concentriamo l’attenzione sulla Catania-Palermo. Voleva essere un viaggio, ma è divenuto sin da subito un esperimento sociale.
Andata. Da Ragusa all’imbocco della A19 procede tutto bene, o quasi. Un paio di interruzioni lungo la Statale 626 Gela-Caltanissetta (impropriamente nota come ‘scorrimento veloce’), con la presenza di due semafori e lunghe file, si rivelano un fastidio sopportabile rispetto a quanto avverrà dopo. L’ingresso sulla A19 è un terno al lotto: la demolizione del viadotto Salso (avvenuta oggi, due giorni dopo il racconto di questo viaggio) ha generato deviazioni in serie. L’unica cosa bella sono i cartelli gialli, d’impatto. Ma bisogna procedere con cautela per evitare beffe e non sbagliare direzione. L’approccio con l’autostrada è duro, crudo. La carreggiata è un continuo imbuto: in due tratti è d’obbligo procedere su una corsia e a 60 km/h. A Resuttano l’uscita è obbligatoria. Il tom tom dà di matto per le innumerevoli deviazioni. Pensa che stiamo procedendo contro mano. In realtà ci hanno dirottato sulla carreggiata opposta. Alcuni chilometri così – con le urla del navigatore in sottofondo – fino al ritorno sul percorso originario. La seconda parte della A19, da Caltanissetta, non ha un’area di servizio fino a Caracoli, mezz’ora da Palermo. Puoi fartela addosso. Dopo lo svincolo di Tremonzelli la carreggiata si restringe nuovamente. Anche in galleria, totalmente al buio, manca lo spazio di manovra. E l’uscita, accecante, è anche pericolosa: rapida chicane per finire sulla carreggiata opposta. Come nel Principato di Monaco. Ma stavolta Palermo è lì, a una spanna.
Ritorno. Uscire da Palermo, nonostante i limiti di viale Regione Siciliana, è un gioco da ragazzi. Rispettando i limiti. Ma è proprio all’imbocco dell’autostrada che il Gps segnala un incidente e 54 minuti di coda. Che diventano 58. Soltanto alla fine scopriremo che si tratta di un cantiere – l’ennesimo – aperto da pochissimo (nell’ambito di un piano di manutenzione straordinaria costato 850 milioni). Durante, invece, è un lento scorrere di file appaiate. Un logorio di frizioni. Di sigarette consumate fuori dal finestrino. Di furbetti che assaltano la corsia d’emergenza, fin quando non si fa largo un’ambulanza a sirene spiegate, che “stranamente” trascina dietro di sé un corteo d’auto e di motorini. Gli altri ansimano rispettosamente in fila. In prossimità dell’ultimo chilometro per Bagheria, la situazione appare chiara: altro che incidente. E’ la carreggiata che si fa stretta stretta. Dopo lo svincolo, la folla si dirada con tutta la tensione. Ma era già passata un’ora. Ne rimangono altre tre (o quasi) da affrontare in mezzo alle gimkane. Ai semafori. Ai cartelli in bella vista. Ma il peggio è passato. Fino al prossimo episodio.