Nello Musumeci è sempre più solo. E’ già caduta nel vuoto, infatti, la proposta di federazione avanzata dal presidente della Regione a Fratelli d’Italia, e notificata personalmente nei giorni scorsi a Giorgia Meloni. Durante una riunione avvenuta l’altro ieri a Catania, alla presenza dei due coordinatori Salvo Pogliese e Giampiero Cannella, della parlamentare nazionale Carolina Varchi, dei tre deputati regionali, e di alcuni segretari provinciali e amministratori locali (collegati anche da remoto), l’ipotesi di un’alleanza con Diventerà Bellissima è stata bocciata all’unanimità. O quasi. Mancava il voto di Manlio Messina, assessore regionale al Turismo, che continua a perorare la causa del governatore, e che per questo s’era detto favorevole. Il messaggio però è chiaro: FdI continua ad appoggiare lealmente questa esperienza di governo, ma per il futuro si riserva altre strade.
Era stato lo stesso Musumeci, d’altronde, a scartare nel febbraio 2019 la proposta federativa fra i due partiti, avanzata da Raffaele Stancanelli al congresso di Diventerà Bellissima, e in vista delle elezioni europee che, qualche mese più tardi, lo avrebbero portato in Europa. In quella occasione Musumeci arrivò a ridicolizzare Fratelli d’Italia, definendolo “un partitino del 2-3%” (solo di recente ha ammesso l’errore di valutazione). L’ex sindaco di Catania, rientrato in questi giorni a Bruxelles per seguire i lavori parlamentari, non ha partecipato all’incontro di lunedì. Ma la sua linea ha vinto: non è un mistero che fra lui e Musumeci i rapporti (personali e politici) si siano sgretolati a tal punto da diventare cenere. La fiducia è venuta completamente meno.
Musumeci, che finge disinteresse per la campagna elettorale, in realtà è in fibrillazione: e qualche giorno fa, grazie ad alcuni canali romani (in primis Adolfo Urso, presidente del Copasir), è riuscito a interloquire con Giorgia Meloni. Dalla quale ha ricevuto in cambio un due di picche. Il progetto di federazione, infatti, deve essere avallato dalla classe dirigente locale, che – alle prime avvisaglie – s’è riunita per esprimere un verdetto quasi unanime. Indietro non si torna. Troppo comodo – per Musumeci – farlo adesso, con Fratelli d’Italia che vola al 21% nei sondaggi, primo partito in Italia e probabilmente anche in Sicilia. Dopo aver scandagliato le varie opzioni, aver flirtato a lungo con la Lega, e infine con gli Autonomisti (federati al Carroccio, ma un po’ in agitazione dopo l’ultima campagna acquisti di Salvini), il presidente della Regione aveva avvistato la preda. Il patto con Fratelli d’Italia, in vista delle prossime Regionali, avrebbe consentito al governatore di ‘blindare’ la propria ricandidatura; e di schierare in ogni provincia, sotto il simbolo FdI-Db, un proprio fedelissimo. Con l’obiettivo dichiarato di sfruttare il traino di Giorgia e diventare, così, il primo gruppo parlamentare a palazzo dei Normanni. Un piano perfetto, che non collima con le aspettative altrui.
L’unico sostenitore di questo ‘disegno’, infatti, è l’assessore Manlio Messina, che nel corso della riunione avrebbe sferrato un attacco contro Stancanelli, reo di dialogare in modo “carbonaro” con gli alleati. La posizione dell’ex sindaco di Catania è stata difesa da molti dei presenti, fra cui l’on. Carolina Varchi, che ha fatto notare come il lavoro dell’europarlamentare abbia evitato a Fratelli d’Italia l’isolamento. E mentre i dirigenti hanno incassato con soddisfazione il pronunciamento del gruppo (“Siamo galvanizzati”, si lascia scappare un big a microfoni spenti), Messina rimane un corpo estraneo. Già qualche tempo fa, in un’intervista, aveva spiegato che “sostituire Musumeci come candidato del centrodestra significherebbe ammettere il fallimento di tutto il centrodestra. Chi lo pensa dovrebbe andare via subito. Se ci sono forza politiche che ancora non sono convinte di voler correre di nuovo con Musumeci – aveva esternato l’assessore -, dovrebbero avere la correttezza di lasciare subito gli incarichi e le poltrone che occupano”.
Una posizione estemporanea e del tutto personale, con cui l’assessore al Turismo ha innescato un processo di auto-distruzione. Poi sono arrivate le dichiarazioni controverse sui vaccini (“Ovviamente le mie figlie non le vaccinerò finché qualcuno non mi spiega, anche con un disegnino, a cosa serva tutto ciò”), quelle polemiche sul Green Pass, il torpiloquio sui social (“Ammazzati”, “Suca” disse rivolto a un utente che spaccerà come suo amico: ma i toni istituzionali esulano dalla babbiàta spicciola) e, infine, gli attacchi ai giornali. Episodi non casuali, che avrebbero convinto anche la Meloni a prenderne le distanze, sebbene in maniera non ufficiale. “Non ne vuole più sapere di lui”, confermano dall’entourage. “Messina – è uno dei concetti più frequenti – si fa i ca… suoi e se gli restano due euro anche quelli di Musumeci”. Ed è così che, pur ritrovandosi in disaccordo con le ordinanze e, in parte, con la gestione dell’emergenza Covid, l’assessore s’è scritto fra i fedelissimi del presidente e continua – esasperando il clima e i toni, dentro e fuori dal suo partito – a tirargli la volata. Pur sapendo che in caso di azzeramento della giunta, sarebbe stato il primo a pagare. Non avverrà, dato che la riunione di ieri con gli assessori si è rivelata quello che tutti pensavano: fuffa.
Musumeci non ha disposto alcun azzeramento, ma di questo i partiti della maggioranza erano certi già alla vigilia. L’ostentazione muscolare, subito catturata dai giornali, è sintomo di frenesia. Un tentativo sterile di riguadagnare posizioni ormai perdute. Salvini ha detto che il prossimo governatore sarà della Lega; la Meloni ha declinato l’invito (anche alla presentazione del suo libro, nei mesi scorsi, si era dimostrata gelida); Forza Italia e i centristi si guardano attorno, cercando nuove prospettive. Musumeci, dal canto suo, può fare affidamento sui soliti noti: Armao, Razza, Messina. Forse Cordaro e Falcone. Il gruppetto degli assessori che continua a sostenere la sua azione di governo e spaccia ogni risultato, anche risibile, come una rivoluzione. In realtà questa maggioranza divisa e raccogliticcia, rimasta senza un leader capace di governarla, non è riuscita a far cambiare passo alla Sicilia; trasmette un odore di stantio difficile da cancellare; è litigiosa su incarichi e poltrone (col fronte catanese che continua ad allargarsi). E intanto Musumeci continua a raccogliere batoste. L’ultima, inferta da Fratelli d’Italia, fa pensare che la sua esperienza sia davvero giunta al capolinea.