Il Bambar di Taormina, che decide di restare chiuso per una settimana, di pomeriggio, in mancanza di personale (tranne che per l’asporto), è un’istantanea delle difficoltà vissute da vari settori (ristorazione in primis) per restare al passo con la ripartenza di un Paese provato dalla pandemia. Il rimbalzo economico non sempre c’è, o semplicemente non può esserci, a causa di misure che scoraggiano il lavoro e, di conseguenza, limitano investimenti e guadagni. Secondo le ultime stime di Federalberghi, Coldiretti e Confcommercio, quest’estate sono rimasti scoperti 200 mila posti. Si tratta, va da sé, di posizioni “stagionali”: non è il massimo della vita per chi vuole costruirsi un futuro stabile. Ma è comunque uno strumento che ha concesso a molte attività – stagionali anch’esse – di affrontare il periodo estivo, di assorbire i flussi turistici, di elevare prestazioni e servizi.
Il Bambar, nella fattispecie, è un locale rinomato per le sue granite e per la capacità di attrarre vip, personaggi della politica e star della tv. Ha un’eco maggiore rispetto ad altri posti, e per questo si fa portavoce di un disagio: “Desideriamo informare tutti i clienti – è il messaggio che campeggia sui social – che per questa settimana il Bambar serve ai tavoli fino alle ore 15. Successivamente e fino alle ore 24 granite da asporto. Per carenza di personale, nonostante tutti gli annunci fatti, crediamo che il reddito di cittadinanza abbia avuto la sua importanza. Vi aspettiamo, ugualmente”. Il suo gestore, da anni sulla cresta dell’onda, ha rivelato che in tre hanno risposto al suo annuncio per la ricerca di personale, ma di non essere in grado di ospitare candidati provenienti da fuori. Poi ha fatto una considerazione che molti suoi colleghi (esausti) riportano un giorno sì e l’altro pure: cioè che i ragazzi preferiscono starsene in ciabatte o appollaiati sul divano, e guadagnare i soldi garantiti dal Reddito di cittadinanza.
Che poi, a guardare il bicchiere mezzo pieno, non è tutta colpa dei ragazzi. E nemmeno dei lavoratori in nero, che provano a sfruttare le fessure del sussidio per arrotondare e portare a casa un bel gruzzolo. E colpa di chi questa misura l’ha pensata in un modo, ma ha clamorosamente sbagliato i calcoli. Ed è colpa di chi l’ha assecondata in principio e continua ad assecondarla anche adesso. Matteo Salvini è uno dei pentiti dell’ultima ora. L’istituzione del Reddito infatti è il caposaldo della sua prima esperienza di governo assieme al Movimento 5 Stelle. Dammi il Reddito oggi, che ti do ‘quota 100’ domani. Ed ecco il pastrocchio: “Tornassi indietro non la rivoterei – ha ammesso il segretario della Lega – C’è una maggioranza che vuole cambiarlo. Ho chiesto al presidente Draghi di rivederla. Faccio mea culpa”. Ma non tanto per il principio, che secondo Salvini “era ragionevole”, ma perché oggi si sta rivelando “assolutamente inidonea. Sta creando lavoro nero e disoccupazione”. All’inizio, invece, era un tentativo di accompagnare il percettore per qualche mese, fino a quando non gli sarebbero giunte tre offerte di lavoro. Non ce ne voglia Salvini, ma più che ragionevole, anche il principio è ingannevole: il Rdc è stato concepito come una misura di politica attiva del lavoro, ma in effetti è sempre stato uno strumento di sostegno al reddito che col lavoro non c’entra nulla.
L’ultimo rapporto dell’Osservatorio dell’Anpal lo dimostra: su 3 milioni di beneficiari, soltanto 350 mila persone in due anni e mezzo hanno accettato una proposta di lavoro. Che spesso è durata niente, giusto qualche mese. Di fronte a questi numeri devastanti emerge la portata del flop: che da un lato dà (spesso a sbafo) e dall’altra toglie. Anche se il M5s non ci sente. Prima di passare a Giuseppe Conte, che difende il Reddito a spada tratta, ci siamo imbattuti su una considerazione di Angela Raffa, parlamentare nazionale del M5s, che su Facebook replica duramente al gestore del Bambar. Quasi con spocchia: “Oggi leggo che uno dei bar più conosciuti nell’esclusiva città di Taormina denuncia pubblicamente che dopo le 15 non c’è più servizio ai tavoli ‘per carenza di personale’. Per capirci è un locale che posta le foto dei suoi clienti: da Ronaldinho a Diletta Leotta, passando per Elisabetta Gregoracci, Gianna Nannini, il tenore Placido Domingo… insomma un lungo elenco di vip (e solo nelle ultime settimane). Dell’offerta di lavoro, trovo solo un generico post con un numero di telefono da chiamare. Niente su contratto, orari e compenso”. Da qui il sospetto: “Siamo nella mia provincia e mi risulta (spero di sbagliarmi) che al Centro per l’impiego di questa offerta di lavoro non sanno niente. Bisogna capirsi, con loro tuto deve essere regolare, compresi gli straordinari da retribuire. Non si può certo proporre un contratto part-time ma poi pretendere che si lavori 10 ore al giorno”.
Al proprietario di Bambar non avranno fatto bene i complimenti di Briatore. O la fama fuori dal Comune. Presto – non appena i due dipendenti che hanno avuto un incidente in motorino potranno rientrare al lavoro – la tempesta passerà. Rimarranno le insidie del Reddito, che tutti evidenziano con la matita rossa tranne Conte: “L’Italia – ha spiegato dal palco del Meeting di Rimini, cui partecipava anche Salvini – è uno degli ultimi Paesi, secondo le classifiche Ocse, che ha introdotto una cintura di protezione sociale. Il M5s è assolutamente convinto di questa formula, e d’altra parte la nostra posizione è anche quella di Draghi che ha riconosciuto il fondamento positivo di un sistema”. Tuttavia, l’avvocato del popolo ammette che “è una riforma complessa, su cui dobbiamo lavorare e che dobbiamo affinare, noi stessi abbiamo delle proposte, perché vogliamo contrastare severamente gli abusi e incentivare le politiche attive”.
A volte il discorso rischia quasi di scivolare in una lotta fra classi. Ma non è questo il punto. Il punto è invece l’efficacia di un provvedimento che l’Italia avrà adottato fra gli ultimi, ma l’ha fatto in una chiave interpretativa assolutamente deleteria. Senza valutare la riforma dei Centri per l’impiego e l’incremento del personale (i concorsi sono bloccati e i navigator, da soli, non possono farcela); senza studiare il mercato del lavoro, in parte già saturo; senza far valere i decreti attuativi (dopo tre rinunce scatta la decadenza dal beneficio, ma la stragrande maggioranza dei percettori non è stato nemmeno convocato per la firma del Patto per il lavoro). Salvini, parafrasando Renzi (che ha persino proposto un referendum per abolirlo), ha spiegato che “ogni giorno rispondo a telefonate di imprenditori che mi chiedono di toglierlo perché sta creando un deserto, non solo economico ma anche morale, perché disincentiva al lavoro, alla passione, alla fatica”. Renzi aveva parlato di misura diseducativa, Fratelli d’Italia lo detesta. Draghi valuta modifiche, ma non indica orizzonti temporali. Intanto, al Ministero del Lavoro, c’è un comitato tecnico scientifico che sta provando a cogliere le sfumature della sua applicazione, e in parte a correggerlo.
Al centro della discussione c’è la possibilità di inserire l’obbligo – per i percettori ritenuti occupabili – di accettare i contratti di lavoro con una durata di almeno due mesi. Attualmente, invece, è possibile rifiutare contratti della durata inferire ai 3 mesi senza perdere però il sussidio. Tra le modifiche già ipotizzate, c’è anche quella di rendere obbligatori i corsi di formazione e di riqualificazione professionale, affinché le competenze dei percettori del Rdc possano coincidere con le qualifiche richieste delle aziende. Ma anche – e questo non andrebbe a vantaggio della Sicilia e delle regioni del Sud – ridiscutere gli importi da erogare, tenendo conto del costo della vita nelle differenti aree del Paese. E poi, aggiungeremmo, bisognerebbe prestare un po’ di attenzione all’attivazione dei Puc (i progetti utili per la collettività) da parte dei Comuni. Solo il 38% degli enti locali siciliani si è mosso. Grosse città come Palermo, Siracusa e Agrigento sono ferme a zero. I Comuni, che in questo sistema dovrebbero sobbarcarsi le spese dell’assicurazione, potrebbero utilizzare i percettori nella cura del verde pubblico, nella manutenzione delle strade, nella guardiania dei musei. Un sacco di mansioni che – spesso – non possono garantire autonomamente per carenza di risorse.
La misura, così com’è, non funziona. Va ristrutturata. Perché non sempre favorisce la parte migliore (e onesta) del Paese, non lenisce le diseguaglianze e spesso si rivela totalmente inadeguata a raggiungere gli obiettivi prefissati. Quel che è certo, o quasi, è che una riforma del Reddito di cittadinanza ci sarà. Ne ha parlato, sempre da Rimini, il Ministro Orlando, spiegando che coi soldi in arrivo dal Pnrr, “siamo tenuti a coinvolgere 3 milioni di persone entro il 2025, a guardare a platee specifiche, come over 50 e donne. E’ una grande sfida che possiamo vincere”. Intanto, in Sicilia, si contano 700 mila beneficiari (per 290 mila famiglie circa). Due, a Partinico, lavoravano in nero in un autolavaggio. E’ partita la segnalazione all’Inps per l’immediata revoca del beneficio.