Messico e nuvole. È il Sudamerica la patria del campesinos Alessandro Di Battista. Inviato per conto di Marco Travaglio e de Il Fatto quotidiano, il tupamaros del M5s spedisce dispacci, confeziona video in cui striglia i militanti e nella quale racconta il sud del mondo, la povertà, lo sfruttamento, i paesi dalla democrazia incerta. Sì, avete capito bene, parla del Messico, ma intende l’Italia. Sdraiato su un’amaca, Di Battista ha detto la sua su Tav, Tap, Gronda, vaccini… Ha poi difeso la guida del capo politico Luigi Di Maio. Ha annunciato la restituzione dell’assegno di fine mandato. Ha fatto sapere che potrebbe tornare in politica. Di sicuro sta preparando un nuovo testo dopo i due saggi che hanno cambiato la letteratura sudamericana.

Sta viaggiando più di Bruce Chatwin al punto da provocare l’invidia di Matteo Salvini che invece si deve “accontentare” di Milano Marittima e della moto d’acqua. Riparato da una tenda simile a quella del generale Kurtz in Apocalypse Now, in un’atmosfera più intrigante di quella della serie televisiva “El chapo”, il nostro eroe sta compiendo il suo viaggio di formazione. È lui la vera arma segreta del M5s. Il poeta, il romanziere, l’esempio per le nuove generazioni. La dimostrazione che in politica bastano solo cinque anni per lasciare un segno. E anche per fare le vacanze a scrocco.