Se c’è un settore completamente da riformare in Sicilia, è quello dei Forestali. Che poi bisogna stare attenti a come li chiami, perché su questo gli assessorati non transigono: il Territorio e Ambiente, guidato da Toto Cordaro, ha competenza sugli agenti del Corpo Forestale, 400 uomini in divisa ai quali – in previsione dello “stato di allerta generale” – sono stati revocati ferie e riposi settimanali fino al 6 agosto. L’assessorato alle Politiche Agricole, diretto da Tony Scilla, si occupa del resto della compagnia: ossia i 19 mila (circa) operai forestali, di cui soltanto una minima parte (1.328 unità) ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Milleduecento si occupano di manutenzione, dirigendo le operazioni dagli uffici. Ma la fetta più ampia della torta è composta dai precari: 5.200 persone lavorano 151 giorni l’anno e si occupano di spegnimento; 8.500 persone vengono impegnate per 101 giornate e, assieme alle restanti 3.250, che ne lavorano 78, si dedicano alla prevenzione. È questo l’aspetto curioso e devastante: non ci riescono. Ma la colpa non è tutta loro, anzi.
Sono ore concitate nel governo regionale. Il presidente Nello Musumeci ha tutte le ragioni del mondo a invocare l’aiuto del premier Draghi cui, nelle ultime ore, ha richiesto la dichiarazione dello stato di mobilitazione del servizio nazionale di Protezione Civile (subito concessa dal premier con un Dpcm). Si tratta di un procedimento che determinerà un concorso straordinario di risorse extra-regionali sia in termini di uomini sia di mezzi appartenenti ai vigili del fuoco e al volontariato. Nei giorni scorsi, alle prime avvisaglie, il governatore era arrivato a chiedere l’intervento dell’esercito. E, da persona perbene qual è, che non sopporta le storture, ha chiesto il carcere a vita per i piromani. Ma come avviene spesso nelle situazioni d’emergenza – questa lo è al pari del virus, del profondo rosso dei comuni, dei bilanci disastrati – rimane inevasa la seconda parte del ragionamento, quella che attiene le responsabilità dell’Amministrazione regionale. Che sul tema degli incendi, al netto della colpa o del dolo per cui si sviluppano, avrebbe voce in capitolo, eccome. Per Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile nazionale, le “responsabilità nell’ambito di ciò che si fa contro gli incendi boschivi sono chiare. Le norme prevedono che la lotta attiva sia di competenza delle Regioni. E lotta attiva non è solo spegnimento, ma anche sorveglianza, avvistamento. Allo Stato spetta il coordinamento del concorso aereo quando le Regioni non riescono con i propri mezzi a intervenire”.
Basta tornare indietro di poche settimane per capire che le cose non sono andate come previsto. Il 24 maggio viene annunciato in pompa magna che, “con grande anticipo” rispetto agli altri anni, la campagna anti-incendio della Regione partirà il 3 giugno. Ciò, secondo il presidente Musumeci, allo scopo di “potenziare l’attività di contrasto ai roghi, in un periodo in cui l’innalzamento delle temperature e la mano criminale dei piromani rischiano di mettere a rischio il patrimonio verde del nostro territorio”. In realtà i primi incendi, di entità meno devastante, stavano già sferzando la Sicilia. In quei giorni viene firmato anche un protocollo d’intesa con gli imprenditori agricoli che sarebbero diventati “custodi del territori”: spesso le fiamme divampano nei terreni incolti, che i privati non hanno provveduto a ripulire e svuotare. Grazie al coordinamento della sala operativa regionale del Corpo Forestale, e in seguito a un protocollo d’intesa con i Comuni, si decide, inoltre, di provvedere alla “realizzazione di nuovi punti fissi di avvistamento incendio, ad integrazione di quelli già esistenti”, e al “pattugliamento anche a cavallo e con autovetture”. Ci sarebbe anche la sperimentazione dei droni, annunciata dal governo durante la kermesse dello Spasimo, il 26 giugno.
Ma l’handicap più feroce, che nessuno ha il coraggio di affrontare, è quello riguardante il personale. Veniamo ai fatti: la campagna anti-incendio è partita il 3 giugno senza la copertura economica in grado di garantire i pagamenti ai precari stagionali, che in quel periodo dell’anno si occupano prevalentemente dei viali parafuoco e della pulizia delle strade e delle aree limitrofe ai boschi. Fanno prevenzione. La Regione aveva messo in conto di usufruire di fondi extraregionali, ma la riprogrammazione di 134 milioni, a valere sui fondi Poc, prevede un iter complesso e non si è mai concretizzata. L’assessore Scilla, con una variazione di bilancio proposta e approvata dall’Assemblea regionale, ci ha messo una pezza, garantendo poco più della metà della cifra: 63 milioni. Che ovviamente non bastano e stanno già finendo. Così il paradosso che si presenterà nei prossimi giorni, a meno di miracoli inattesi, è che molti precari rimarranno a casa senza aver completato le proprie giornate di lavoro. Alcuni ‘settantottisti’ (quelli a 78 giornate di lavoro) non hanno mai cominciato. Ed ettari di verde, che avrebbero meritato un’attenta opera di manutenzione, bruceranno imperterriti.
La questione non è passata sotto traccia nei palazzi della politica. E al netto di Musumeci, che continua ad abbaiare alla luna, invocando l’intervento di Draghi, le opposizioni si accaniscono sul presidente della Regione. “Nel fine settimana che avrebbe dovuto sancire l’inizio del periodo di ferie e della ripresa del turismo – commenta Anthony Barbagallo, segretario del Pd – siamo invece costretti a commentare un bollettino di guerra. Intere aziende e case interamente distrutte. Danni per centinaia di migliaia di euro. Duole purtroppo constatare che nulla è stato fatto sul fronte della prevenzione, da parte della Regione. Che fine hanno fatto i mirabolanti annunci sull’impiego di droni per contrastare gli incendi, fatti a metà giugno durante la presentazione della campagna di comunicazione anti incendio da parte del governo Musumeci?”.
Giuseppe Lupo ricorda come “già in occasione dell’esame della finanziaria regionale, il PD aveva denunciato che la scelta di utilizzare fondi europei non era compatibile con i tempi d’avvio della campagna antincendio boschivo”. “In diversi casi i roghi sono conseguenza di vere e proprie azioni criminali – dice il capogruppo dem – ma il governo Musumeci ha pesanti responsabilità per ciò che si poteva fare e non è stato fatto. Mi riferisco innanzitutto al mancato potenziamento di uomini e mezzi nell’azione di prevenzione, controllo e contrasto dei rischi di incendi, così come alla verifica sulla realizzazione di viali tagliafuoco”. Dello stesso parere Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil, che ha chiesto un atto ispettivo al Ministero dell’Ambiente: “La prevenzione a maggio non si è fatta ma è partita solo a luglio – si lamenta sui social -, il servizio antincendio è allo sfascio, con uomini e mezzi insufficienti ad affrontare l’ondata di caldo e le prevedibili conseguenze. La Regione evidentemente da sola non ce la fa ad affrontare il problema”.
Le fiamme hanno mandato per aria un lido sulla playa di Catania. Hanno determinato lo stop di un paio d’ore all’operatività di Fontanarossa, oltre che il rallentamento della produzione in alcune aziende come la Sibeg, nel polo produttivo etneo. Hanno costretto la capitaneria a sfollare intere famiglie via mare. O, nel caso dei roghi che hanno interessato l’area del Palermitano – da Piana degli Albanesi a Portella della Ginestra – hanno danneggiato l’ecosistema, lasciato gli animali senza foraggio, costretto gli allenatori ad approvvigionamenti di fortuna. Un danno incalcolabile. E siamo soltanto all’inizio di agosto. L’ondata di calore dovrebbe durare almeno fino a giorno 6. Sarà un terno al lotto, purtroppo. L’assessore Cordaro, in un’intervista a Repubblica, ha messo alcuni paletti da cui ripartire. Il primo riguarda la responsabilità della Regione: “Deve essere chiaro a tutti che la competenza del Corpo Forestale è esclusivamente legata all’antincendio boschivo e riguarda, dunque, solamente le aree boscate”. E invece, “stiamo combattendo soprattutto con aree che boscate non sono”. Da qui un’accusa più specifica: ai comuni “che non applicano le ordinanze. Perché non usano i fondi disponibili? Perché non si mettono in regola? Questo è un grido d’allarme, perché non si è ancora capito che l’attacco dei criminali è studiato e voluto”. Lo stesso Musumeci ha rivolto un rimprovero ai cittadini: “Chi ha un pezzo di terreno, al massimo entro il mese di maggio, deve attrezzarsi affinché si possa realizzare il viale tagliafuoco. Si tratta di un costo minimo di una decina di migliaia di euro e serve ad arginare e contenere il diffondersi dell’incendio”.
Al netto delle polemiche, dei soldi che mancano, degli incendi indomabili, dei canadair che svolazzano sulle nostre teste, ci sarebbe una riforma da portare avanti. E’ quella che la giunta Musumeci ha approvato a fine giugno, ma che l’Ars non ha ancora letto né esitato. La proposta del governo tende a ridurre da tre a due le fasce dei lavoratori stagionali, ad aumentare il numero delle giornate lavorative e a valorizzare e riordinare le attività e le competenze. La riforma non comporta l’aumento di spesa a carico del bilancio della Regione, si legge nella nota di palazzo d’Orleans, ed è frutto di un preventivo confronto con le parti sociali. Che negli ultimi giorni hanno incontrato il presidente dell’Ars e alcuni parlamentari di vari partiti, allo scopo di studiare insieme le prossime mosse. E’ chiaro che la riforma verrà discussa al rientro dalla vacanze estive, quando anche l’ultimo rogo sarà stato spento. Tornerà utile, se tutto andrà bene, per la prossima stagione anti-incendio: “L’obiettivo finale sarà quello di garantire ai lavoratori forestali 180 giornate lavorative – ha detto l’assessore Tony Scilla – Adesso inizierà l’iter parlamentare e sono sicuro che insieme a tutte le forze politiche presenti in Ars riusciremo a produrre una legge in grado di riqualificare tutto il comparto della forestazione”. Intanto, ci salvi Draghi.
In arrivo oltre 30 squadre da tutta Italia per spegnere gli incendi
Sono trentatré le squadre di volontari di Protezione civile provenienti dal Nord Italia che daranno una mano per contrastare l’eccezionale ondata di incendi in Sicilia. Il loro arrivo è previsto per domani e viaggiano sui mezzi dotati di sistemi di spegnimento. È la prima risposta alla richiesta di “dichiarazione dello stato di mobilitazione del servizio nazionale di Protezione civile” che il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, d’intesa con il capo della Protezione civile regionale, ha avanzato nelle scorse ore al premier Mario Draghi. L’iniziativa del governatore dell’Isola si è resa necessaria di fronte all’aggravarsi del rischio di incendi, dovuto all’eccezionale situazione meteoclimatica con temperature torride che interessa tutta la Sicilia e che potrebbe protrarsi per oltre una settimana.
Le squadre di volontari che si stanno già preparando provengono da Emilia, Friuli, Veneto, Trento, Bolzano, Piemonte e Lombardia. Si tratta di personale esperto in antincendio. “Nell’ambito del volontariato di Protezione civile – spiega il capo regionale Salvo Cocina – queste collaborazioni extraregionali avvengono in maniera bilaterale e con ottimi risultati operativi. Contestualmente il nostro Dipartimento sta organizzando la distribuzione sul territorio regionale delle squadre e la logistica, cercando alberghi idonei per ospitare i volontari nelle zone di Catania, Palermo ed Enna”.