“Esprimo il mio compiacimento per l’approvazione dei sei quesiti referendari sulla giustizia da parte dell’Assemblea regionale siciliana. Dopo Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Umbria, la Sicilia è la quinta e determinante Regione che approva i quesiti referendari. Con questo voto i quesiti potranno essere sottoposti alla valutazione della Corte di Cassazione”. Questo è il commento del Presidente dell’Assemblea Regionale siciliana, Gianfranco Miccichè subito dopo l’approvazione dei quesiti referendari. Il parlamento ha approvato, a maggioranza assoluta, la richiesta per i sei quesiti che la Lega e il partito radicale, nelle ultime settimane, hanno portato nelle piazze: abolizione della legge Severino (36 sì), custodia cautelare (36 sì), separazione delle carriere (38 sì), poteri dei magistrati laici e togati (38 sì), responsabilità civile dei magistrati (38 sì), composizione del Csm (38 sì).
In aula anche il presidente Musumeci. “Sono lieto che anche la Sicilia si sia espressa positivamente sulla richiesta di referendum di riforma della Giustizia – ha detto il governatore – Si fa così più breve il percorso che porterà al pronunciamento della Corte di Cassazione. Io stesso, come esponente politico del centrodestra, nei prossimi giorni mi recherò nei punti predisposti per la raccolta delle firme, sottoscrivendo la richiesta di referendum per una Giustizia più giusta”. Tommaso Calderone, capogruppo di Forza Italia, definisce quella dell’Ars “una scelta oculata. Adesso, visto che da Roma il Parlamento non prende posizione, la parola passerà agli italiani, gli unici a decidere sulla riforma di una tematica tanto delicata quanto necessaria”. Sì anche da parte di Attiva Sicilia: “Abbiamo votato sì alla richiesta di referendum – affermano gli ex M5s – perché si tratta di quesiti di grande importanza ed è quindi fondamentale dare la possibilità ai cittadini di esprimersi e decidere come ridisegnare la giustizia del futuro”.
Ha votato contro, invece, il Movimento 5 Stelle: “Non perché siamo contrari ad un istituto così importante – spiega il capogruppo Giovanni Di Caro – ma perché avremmo preferito che sulla questione si fosse interpellato il popolo con la raccolta delle firme. La questione, tra l’altro, ha un sapore squisitamente propagandistico. La Lega, se aveva a cuore queste questioni, poteva portarle nelle aule parlamentari nazionali, visto che era al governo. I quesiti sulla giustizia – afferma Di Caro – tra l’altro mal si prestano allo strumento referendario. La storia ci insegna che sul primo referendum della storia tra Barabba e Gesù il popolo ha avuto sicuramene un abbaglio”. “Curioso – conclude il capogruppo grillino – vedere in aula Musumeci, evidentemente precettato dalla Lega. Del presidente abbiamo perso le tracce, qui non si vede quasi mai, anche quando in ballo ci sono questioni di importanza vitale per le imprese e per i cittadini” .