Qualche settimana fa il governo Musumeci si è riunito allo Spasimo per presentare il conto dei primi tre anni di governo. Ma scorrendo la rassegna stampa di oggi – e sorvolando sull’apertura di Buttanissima, che offre uno spaccato inquietante sulle società partecipate – non si intravedono motivi d’entusiasmo. Il Giornale di Sicilia, in primis, parla del flop annunciato riguardante il concorso per mille dipendenti nei centri per l’impiego.
Prima la modifica e riscrittura del bando, per ottemperare a una norma del ministro Brunetta, poi l’addio a Formez, che curava l’assistenza tecnica della Regione, ha provocato uno slittamento. Che oggi, a conti fatti, è costato a Musumeci & friends 30 milioni di euro: sono un terzo dei fondi stanziati da Roma, e destinati al pagamento del primo anno di stipendio dei neoassunti. Soldi che tornano nelle casse dello Stato, come ha confermato Antonio Scavone: “E’ un taglio che ha subito quasi la totalità delle Regioni – ha provato a giustificarsi l’assessore al Lavoro, subendo il rimbrotto dei sindacati – Le assunzioni infatti sono previste in tutta Italia ma nessuno ha fatto in tempo a completare i concorsi. Nei prossimi giorni ci sarà un incontro col governo nazionale per pianificare una rimodulazione delle risorse”. La Regione, però, è manchevole. Dopo che Musumeci ha liquidato Formez, non ha ancora firmato un patto con un ente esterno che dovrà occuparsi dell’istruttoria riguardante il concorso, per cui sono attese almeno 200 mila domande.
Ma c’è un altro assessore in difficoltà: si chiama Roberto Lagalla. E’ il responsabile dell’istruzione. Nei prossimi giorni, scrive il Gds, emanerà una circolare per confermare l’avvio dell’anno scolastico in presenza, ma pure stavolta la Sicilia rischia di farsi trovare impreparata: i docenti vaccinati non sono abbastanza (anche se Musumeci prova a smentire la versione di Figliuolo), e ci sono difficoltà oggettive nell’allestimento delle aule secondo: il distanziamento impone un metro fra i banchi e due tra le file di studenti e la cattedra. In caso contrario, bisognerà indossare la mascherina. Una soluzione che non piace ai presidi, i quali hanno già detto di preferire la mostruosa didattica a distanza. Riuscirà la Regione a barcamenarsi in tempo per l’avvio delle lezioni (il 16 settembre)? Ma soprattutto a convincere i prof più riottosi (la metà secondo la struttura commissariale anti-Covid) a immunizzarsi?
In tema di emergenza sanitaria, la Sicilia è al terz’ultimo posto per somministrazioni. Finora solo il 51% della popolazione è vaccinata, ma come conferma il report de ‘La Sicilia’ siamo indietrissimo con gli under 50: mancano all’appello 1,1 milioni di no-vax (e il 15% degli over-80). La provincia meno immunizzata è Siracusa, seguita da Messina e Catania. I dati sono aggiornati al 23 luglio. Repubblica Palermo, invece, batte sulle difficoltà delle piccole isole: dalle Eolie a Pantelleria, dove le certezze della prima ora – di diventare covid free – sono svanite coi primi focolai e con la presenza ‘mordi e fuggi’ di turisti (specie a Stromboli). Oggi fioccano più disdette che prenotazioni. Un dramma per un settore già molto provato.
Fuori dal cono d’ombra del virus, però, si consumano altre vergogne. Il Giornale di Sicilia, infatti, rivela che stanno per finire i soldi per i forestali che si occupano della prevenzione anti-incendio. La questione interessa i circa 13 mila lavoratori che fanno capo all’assessorato regionale Agricoltura. «La situazione è variegata nelle varie province – dice il segretario della Flai Cgil Tonino Russo -. Alcuni lavoratori verranno licenziati già dalla prossima settimana, altri subito dopo. Questi operai in genere lavoravano sino alla fine di settembre». Tutto è legato ai 134 milioni di fondi europei Poc che non sono arrivati. La Regione è intervenuta con una prima variazione di bilancio di 64 milioni (soldi che sono quasi esauriti e da qui i licenziamenti), ma ora ne mancano 70.