Il pallottoliere dell’Ars è in continuo aggiornamento. Ma capire quale deputato è finito dove, e perché, non è uno sterile giochino di mezza estate. Aiuta a stanare i ‘poltronisti’, a capire le dinamiche parlamentari, a sondare l’attività legislativa (quale norma può essere approvata e quale no). L’ultima dimostrazione plastica è arrivata sul condono edilizio, quando i due deputati di Attiva Sicilia – gruppo formalmente all’opposizione, ma reduce da un “Patto di fine legislatura” con Musumeci – ha votato contro l’emendamento di Giampiero Trizzino, ex collega dei Cinque Stelle, favorendo l’approvazione dell’articolo 20. “La pagina peggiore di questa legislatura”, secondo il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo.
Ma facciamo un passo indietro: i voltagabbana, a Roma come a Palermo, ci sono sempre stati. Solo che adesso la situazione appare fuori controllo: durante questa legislatura, 25 su 70 hanno cambiato gruppo. Alcuni lo hanno fatto più volte, lasciando filtrare preoccupanti segnali di incoerenza politica, di mancato rispetto nei confronti del proprio elettorato (almeno in parte: sono in tanti a votare la persona, piuttosto che il partito). La creazione di una costola del M5s tendente a Musumeci – Attiva Sicilia – ha fatto saltare il tappo. Maggio 2020 rappresenta il giro di boa. La prima frana nel MoVimento 5 Stelle debilita le opposizioni, che sembravano aver creato un affiatamento granitico (tanto da stoppare, in parlamento, la riforma dei rifiuti), e rinforza la maggioranza. O meglio, la coalizione di governo, come è solito chiamarla il governatore.
Ed è in funzione di questo accaduto (il passaggio da una coalizione all’altra) che nasce l’iniziativa del Partito Democratico per disincentivare le migrazioni. Come? Imponendo, attraverso una modifica del regolamento che si annuncia farraginosa, un taglio alle indennità e la decadenza dalle cariche assunte dal “transfugo” in Consiglio di presidenza o nelle commissioni parlamentari. Un handicap da scontare nel corso della stessa legislatura che l’ha portato all’Ars. C’è un’altra fattispecie: quella del deputato “non iscritto”. Cioè colui che, una volta eletto, si libera del vessillo di partito e agisce da indipendente: costui, secondo la proposta di modifica, “perderebbe il diritto ad usufruire del contributo previsto per il funzionamento dei Gruppi e del relativo personale”. Fermi tutti, però.
Abbiamo parlato di procedura farraginosa. E così sarà. La commissione Regolamento non ha ancora risolto l’intrigo del voto segreto, che lo stesso Musumeci, coadiuvato dai suoi compagni di partito, aveva chiesto di abolire nel novembre 2019 dopo che la riforma sulla governance dei rifiuti venne dai franchi tiratori all’articolo 1. Il presidente della Regione minacciò di non rimettere piede in aula fino alla modifica del regolamento. Dovette cambiare idea, o non avrebbe più rimesso piede in aula. Le proposte presentate in Commissione, infatti, sono state relegate all’archivio delle belle speranze. Sulla base di questo precedente, è difficile ipotizzare che la proposta del Pd prenda corpo. E soprattutto trovi una maggioranza numerica nel panorama frastagliato del parlamento siciliano.
Della commissione Regolamento, se le proposte fossero già effettive, non potrebbero fare parte Elena Pagana (passata dal M5s ad Attiva Sicilia) e Margherita La Rocca Ruvolo (transitata da Udc a Forza Italia). Sarebbe saltato – ma questo è un giochino – anche il presidente della commissione Attività produttive, Orazio Ragusa (passato da Forza Italia alla Lega). Sarebbe a rischio anche Carmelo Pullara, che dirige la commissione di verifica sull’attuazione delle leggi, che ha aderito al Misto dopo essere stato “espulso con motivazioni e modalità speciose” che lo stesso onorevole ha contestato (qui subentra una nuova fattispecie: come ci si comporta nei confronti di chi è “costretto” a cambiare?). Dall’Ufficio di presidenza, guidato da Gianfranco Micciché, verrebbero esclusi la vicepresidente dell’Ars, Angela Foti (da M5s ad Attiva), e il deputato questore Giovanni Bulla (Udc-Lega-Udc).
La geografia sarebbe del tutto diversa. Ma anche i guadagni dei singoli deputati ne avrebbero risentito: a perdere più soldi di tutti sarebbe stata Marianna Caronia. Eletta con Forza Italia, passa al Misto, poi rimane folgorata sulla via di Salvini e s’iscrive alla Lega, poi litiga con Candiani e torna al Misto, poi ripassa da Forza Italia e poi di nuovo al Misto. Dove è in buona compagnia: sono cinque i deputati con le mani libere. Uno di essi, Claudio Fava, è l’unico eletto dei Cento Passi ed è sempre rimasto lì. Danilo Lo Giudice, braccio armato di Cateno De Luca, ha salutato l’Udc; di Carmelo Pullara s’è detto. Mentre Luigi Genovese, eletto con Forza Italia, ha dapprima aderito a ‘Ora Sicilia’, il tentativo di leghizzazione di Diventerà Bellissima; poi, venuto meno il tentativo, ha ripiegato da quelle parti.
Tra i cambia casacca più attivi anche Totò Lentini, che fra l’altro è subentrato a legislatura in corso: l’idillio con Forza Italia è durato cinque mesi, poi il transito a Fratelli d’Italia, poi Ora Sicilia e infine i Popolari e Autonomisti. L’unico gruppo parlamentare a non aver cambiato volto è quello del governatore: Diventerà Bellissima. I sei elementi di partenza sono rimasti, e non s’è aggiunto nessuno. Forza Italia, nonostante alcune perdite, resta la meta più ambita: sono arrivate Ternullo (da Ora Sicilia), Lantieri (prima Pd, poi Ora Sicilia), La Rocca Ruvolo, Caputo (eletto con FdI-Noi con Salvini, subentra a Rizzotto, si sistema al Misto per un paio di giorni e infine sposa gli azzurri). Anche il Pd si è scottata sulla via di Damasco: la perdita più ingente è rappresentata dai renziani Sammartino e Cafeo, ma anche Giuseppe Laccoto – che in corsa ha preso il posto di De Domenico – ha fatto i voti alla causa di Italia Viva.
I parlamentari cambiano schieramento senza troppi scrupoli. Alcuni cercano il posizionamento migliore per l’avvenire – una fetta è giù sui territori per fare incetta di ‘grandi elettori’ – altri cercano di conservare le proprie idee, al cospetto di una classe dirigente che spesso si rivela inadatta a rappresentarli. Una teoria esposta da Marianna Caronia al Corriere della Sera: “Non sono io cambiare. Partiti e movimenti si evolvono, muoiono o vengono snaturati. Ecco perché rivendico il mio diritto a restare coerente con gli impegni sbandierati agli elettori”. Cambiare maglia, insomma, non è un tradimento verso gli elettori. Bensì un’ulteriore prova di fiducia nei loro confronti.
La proposta di modifica del regolamento avanzata dal Pd, di per sé problematica, non intacca le garanzie costituzionali (nell’ordinamento statale non c’è spazio per il vincolo di mandato), ma come ha sottolineato Giuseppe Lupo, primo proponente, “entrerebbero in vigore dalla prossima legislatura e servirebbero a rendere più corretto e coerente il rapporto tra cittadini e classe politica”. Il Movimento 5 Stelle, che ha ancora il dente avvelenato nei confronti dei colleghi ‘attivisti’, si dice “favorevole senza se e senza ma. Questo fenomeno – ha detto il capogruppo Giovanni Di Caro – è un vile, vergognoso tradimento agli elettori, e pertanto è inaccettabile, specie se, come spesso avviene, i voltagabbana finiscono per fare da stampella al governo cui gli elettori gli avevano dato mandato di fare ferrea e sana opposizione”
Angela Foti, prima che la proposta venisse messa nera su bianco, aveva commentato così: “Noi di Attiva, lasciando il Movimento, non abbiamo guadagnato alcunché, anzi. Seguiamo soltanto con coerenza quei principi che ci hanno portati sin qui. Mi stupisce non poco che sia proprio Giuseppe Lupo a sollevare la questione del cambio di partito dei parlamentari. Proprio lui fu, infatti, tra i principali protagonisti del più clamoroso ribaltone politico ai tempi del Governo Lombardo. Poi penso a chi è Giuseppe Lupo, campione della doppia morale, e il mio stupore cessa”. Il dibattito è solo all’inizio e promette scintille.