Nuove opportunità formative, di respiro internazionale, si aprono su Palermo. Dove, a partire dal prossimo anno accademico, metterà radici il Dipartimento di Studi Europei Jean Monnet. Un importante catalizzatore di esperienze universitarie, con 79 strutture convenzionate in tutta Italia, che spinge per l’attuazione della Dichiarazione di Yerevan: ossia la prospettiva offerta dai 48 Ministri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dei Paesi aderenti allo Spazio europeo dell’Istruzione e della Ricerca, nel 2015, di poter lavorare su piani di studio comuni e sull’interscambiabilità dei titoli. “Vogliamo impedire che gli obiettivi fissati in quella sede rimangano lettera morta”, spiega Salvatore Messina, Academic Head e presidente del comitato tecnico scientifico.

Il Dipartimento Jean Monnet è la succursale svizzera della fondazione croata Zaklada Europa, che ha accompagnato la Croazia all’interno dell’Unione Europea (il processo si è concluso nel 2013). “La nostra esperienza – racconta Messina – è iniziata a Locarno, in Svizzera, con un corso di laurea in Medicina a cui erano iscritti otto studenti. Non avevamo speso un euro in pubblicità: volevamo capire dove potevamo spingerci, se eravamo in grado di aggiustare il tiro in corso d’opera. Abbiamo fatto un accordo con le università bosniache, perché la Bosnia è l’unico Paese dello Spazio europeo per l’Istruzione e per la Ricerca che ha un accordo di collaborazione con l’Italia, risalente al 2004, diventato poi legge italiana, la n. 14 del 2015 che, all’articolo 9 dispone che un titolo di studio rilasciato da un’università della Bosnia Erzegovina è ammesso, per legge, alla procedura di equipollenza in Italia. Abbiamo capito sin da subito che questa opportunità sarebbe diventata un’autostrada per le relazioni internazionali e interuniversitarie”.

E com’è andata?

“Avevamo la garanzia di quello che sarebbe successo alla fine – cioè il riconoscimento del titolo – ma non durante: cosa sarebbe successo se i nostri studenti, a metà dell’opera, avessero scelto di trasferirsi in Italia? Abbiamo chiesto ai nostri studenti di farlo. Il risultato è stato confortante: a tutti quanti è stata riconosciuta la validità dei crediti formativi sostenuti per tutti gli esami di profitto superati. A quel punto, oltre a Medicina, abbiamo deciso di ampliare l’offerta con altri corsi di laurea. L’anno scorso abbiamo avuto 300 iscritti”.

Quali sono le facoltà e i corsi delle Università partner in Bosnia Erzegovina promosse dal Dipartimento di Studi Europei Jean Monnet?

“La prima è Medicina, che vanta 25 fra corsi di laurea e master, oltre a 35 scuole di specializzazione; poi c’è la facoltà di Comunicazione e Formazione, con 9 corsi di laurea; Business Management, con 16 corsi; infine Turismo, con 12 corsi e un dottorato. Le Università partner sono atenei in presenza che offrono la possibilità – laddove è possibile – di studiare anche online. Abbiamo alcuni dei migliori professori italiani, tra docenti universitari, primari ospedalieri e professionisti. Perché, secondo noi, è importante il sapere, ma anche il saper fare”.

Cosa deve aspettarsi uno studente di Comunicazione?

“La possibilità di essere seguito da professori madrelingua, di studiare da casa e di poter dare tutti gli esami – tranne quello finale – online”.

E uno che intende iscriversi a Odontoiatria?

“Farà due mesi nel primo semestre, e due nel secondo, in Bosnia. Poi tornerà in Italia per le attività professionalizzanti e di tirocinio. Una delle 79 strutture convenzionate in tutta Italia è Palermo, dove contiamo di insediarci a breve in maniere più stabile”.

Come?

“Aprendo un’affiliazione di università estera. Non appena verrà autorizzata, ci faremo trovare pronti.  Dal prossimo anno accademico – che da noi comincia l’8 febbraio 2022 – si potranno svolgere a Palermo una parte dei corsi universitari programmati dalle università bosniache”.

La facoltà di Comunicazione e Formazione sarà un vostro fiore all’occhiello.

“E’ assolutamente così. Avremo anche un corso in Scienze della Comunicazione e un Master in Giornalismo multimediale. I nostri studenti saranno messi nelle condizioni di poter entrare nella redazione di un giornale, cartaceo oppure online, e di poter gestire le attività in assoluta autonomia. Realizzeremo anche una web tv e una web radio, oltre a un periodico in cui spiegheremo ai nostri iscritti, ma anche a chi si appresta a diventarlo, le peculiarità dell’università. I professori che partecipano a questa sfida stanno costruendo l’università che loro non hanno avuto né quand’erano studenti né, poi, come docenti”.

Ci aiuti a capire perché una matricola dovrebbe scegliere il Dipartimento di Studi europei Jean Monnet piuttosto che la classica università.

“Noi abbiamo un punto d’osservazione e di didattica di livello internazionale. Da noi insegnano docenti di madrelingua italiana, che hanno maturato esperienze in Italia e all’estero. Ma soprattutto perché le possibilità di inserimento professionali sono maggiori”.

Ci faccia un esempio.

“Prenda la facoltà di Turismo. Lo dico senza polemica, ma ci sarà un motivo per cui quasi tutti i corsi in Scienze del Turismo, nelle università italiane, si rivelano un flop… La grande maggioranza dei docenti non ha una competenza vera in materia di turismo. Noi, coniugando il sapere con il saper fare, abbiamo chiamato professori dal Portogallo, dalla Spagna, dalla Francia, dalla Germania, dalla Svizzera, dalla Rep. Ceca, dalla Croazia, dalla Grecia, dalla Tunisia, dal Marocco per insegnare assieme a noi. Vogliamo che i nostri studenti conoscano il loro punto di vista, la loro visione. Inoltre, i nostri corsi sono molto tematici: chef di cucina, maitre d’hotel, ecc… Chi termina l’alberghiero, ha un titolo bassissimo per l’inserimento professionale. Vuol dire che verrà inserito in un ingranaggio che richiede anni per la sua realizzazione. Noi, invece, vogliamo che alla fine di un corso di laurea triennale, possa esserci un riconoscimento per la crescita professionale di ogni singolo allievo. Non percepiamo contributi dall’ente pubblico, la nostra università si paga. Per questo devi essere certo di riuscire a dare qualcosa in più”.

Palermo è centrale in questa strategia di sviluppo?

“Certamente. Lo dimostra il fatto che per l’ultima settimana di settembre presenteremo in città un master che si chiama ‘I patrimoni del patrimonio’. Vuole essere la nostra visione sulle modalità di gestione del patrimonio culturale in Italia e in Sicilia. Interverranno il presidente del Master, il prof. Mounir Bouchenaki, che è stato il Direttore del patrimonio culturale dell’Unesco, e il professore Antonio Lampis, già direttore generale dei musei del Ministero delle Cultura, attuale direttore del Dipartimento di cultura italiana nella provincia autonoma di Bolzano. Rimarremo due giorni a Palermo, poi ci sposteremo a Favignana per la prima settimana di lavoro, con delle conferenze tematiche all’interno dello stabilimento Florio”.

Cosa si potrà studiare dal prossimo anno a Palermo?

“Tutto ciò che è previsto dai nostri corsi di laurea. In presenza e online”.