Isolamento è una parola grossa. Magari dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) era lecito aspettarsi qualcosina in più. Ma il sottosegretario alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, rimarca il concetto che a Roma nessuno s’è dimenticato della Sicilia. E prova a confutare le contestazioni sollevate da docenti e politici nell’ultimo seminario organizzato a Taormina da Raffaele Stancanelli: spiegando che i 10 miliardi di risorse destinati a opere già finanziate, di fatto, servono a completarle. Non c’è alcuna ‘distrazione’ di denaro. Nessuna furbizia. Un esempio per tutti è il raddoppio della tratta ferroviaria Catania-Messina-Palermo. “Vale 9 miliardi di euro. Dal Pnrr se ne utilizzano 1,4, cioè la parte di finanziamento che mancava”. Senza l’ultimo tassello che arriva dall’Europa, insomma, il progetto sarebbe rimasto monco: “Il Pnrr – ricorda il leader regionale del M5s – ha destinato alla Sicilia 20 miliardi circa. Stiamo parlando di una cifra considerevole. Il piano, inoltre, non interviene solo sulle grandi opere, ma anche sulle dighe, sugli acquedotti e sull’intermodalità che, ad esempio, permetterà ai treni di arrivare dentro il porto di Augusta, bypassando la città”.
Cancelleri prova a mostrare mezzo pieno il bicchiere che tutti vedono mezzo vuoto. Colpa del mancato inserimento del Ponte sullo Stretto. E lui, che sulla via del Ponte s’è convertito, ci tiene a precisare che “qui sembra che non ci si stia occupando di Sicilia solo perché manca l’attraversamento stabile. Ma questo tipo di ragionamento è riduttivo, semplicistico ed errato”. Il problema semmai è un altro: “Dobbiamo essere capaci di spenderli ‘sti soldi. Ci sono dei lavori pubblici che durano un’eternità. Pensate – dice, rivolto ai giornalisti – che mi imbatto quotidianamente in problemi che riguardano strade e cantieri di cui si discute da prima che entrassi in politica: la Palermo-Agrigento, la Agrigento-Caltanissetta… E’ una cosa allucinante. E poi non vorrei entrare in casa degli altri, ma sul Cas, il Consorzio Autostrade Siciliane, ci sarebbe da aprire un capitolo enorme”.
In effetti le autostrade gestite dal Consorzio, la A18 e la A20, sono un colabrodo. Nei mesi scorsi lo stesso Cancelleri aveva agitato lo spettro della revoca della concessione. Quel momento sembra arrivato: “Martedì – preannuncia – avremo una riunione con il Ministro per capire il da farsi. O il Cas si fa aiutare o interverremo con un’azione energica”. “Non è più possibile aspettare – argomenta -: non viene garantita la sicurezza, tanto meno la qualità della struttura. Parliamo di autostrade a pagamento che sono interessate da continue chiusure”. E se qualche volta a intervenire sono gli ispettori del Ministero, “che vanno lì e trovano i viadotti che stanno crollando o le gallerie che non sono sufficientemente sicure”, altre “interviene il magistrato di turno che le sequestra su indicazione della Procura”. “Questa gente non riesce a gestire in maniera adeguata i beni dello Stato”.
Sembra esserci un gap incolmabile fra Cancelleri che parla di “incapacità” e l’assessore Falcone che loda la nuova governance, capace negli ultimi tre anni di rendere il “Cas finalmente credibile, affidabile e più efficiente”. Come si spiega? “Coi numeri: ci sono 1.465 conformità non riscontrate, che riguardano il Codice della strada, della sicurezza e altri aspetti. Se sostengono che va tutto bene perché sono riusciti a completare i sette chilometri da Ispica a Rosolini (anche la Siracusa-Gela è gestita dal Consorzio, ndr), non è così che funziona. Evidentemente” noi e la Regione “abbiamo due concetti di sicurezza stradale molto diversi”. Poi il sottosegretario ripercorre un episodio risalente al 2019, due mesi dopo il suo insediamento: “All’epoca chiamai l’assessore Falcone, che è un gran lavoratore, assieme ai vertici del Cas perché il nostro obiettivo era dargli una mano. Volevamo fare una due diligence, capire quanto valessero in termini economici le quote del Cas, e farne acquistare una parte ad Anas. In questo modo avremmo aperto nuovi cantieri, migliorato la sicurezza e soprattutto introdotto nuove figure: il problema del Cas è che mancano progettisti, ingegneri e quant’altro. Ci hanno risposto di ‘no’, che ce l’avrebbero fatta da soli. Quello era un incontro informale, tra siciliani. Ma oggi siamo al punto di non ritorno e potrebbe intervenire il Ministero: o si fanno aiutare o prenderemo un’altra strada”. La revoca.
Al netto delle questioni più prettamente politiche, un piano per rilanciare la Sicilia c’è. Anche se non si tratta di soluzioni avveniristiche, ma di prospettive di Serie B. A partire dall’Alta Velocità. Quella prevista dal Pnrr sulla tratta Catania-Palermo è un’Alta Velocità a scartamento ridotto, con punte massime di 200 km/h (e una media di 160). Cancelleri ammette che è impossibile, per il momento, puntare ai 300 km/h dell’asse Roma-Milano: “Quando si deve fare un’opera – spiega il sottosegretario – si mettono insieme i numeri e si fanno delle valutazioni, ad esempio su costi e benefici, sulla capacità d’investimento ecc… Se lo Stato investe, non è che lo fa in maniera dissennata. Bene: l’Alta Velocità fino a 300 km/h costa 30 miliardi. Finché non verrà realizzato il Ponte sullo Stretto, lo Stato non darà mai l’ok a un simile investimento. Non basterebbero mille Cancelleri al Ministero… Nessuno – né la Corte dei Conti, né la Ragioneria dello Stato, né gli altri enti preposti – darebbe il via libera a un’operazione del genere”.
Il Ponte, maledetto. Alla fine torna sempre. Non realizzarlo è una limitazione. “Il progetto di cui parla Salini (la cui proposta è già esecutiva ma venne archiviata nel 2012 dal governo Monti, ndr) non è utilizzabile”, sostiene Cancelleri. “Con le linee guida su viadotti e gallerie emanate dopo il crollo del Ponte Morandi, quel progetto è fuori norma e andrebbe adeguato. Per adeguare un progetto si perdono gli stessi anni che servono a redigerne uno nuovo”. E lancia la sfida: “Ne facciamo uno nuovo? Io sono pronto lavorarci da domani”. Ma quanto tempo ci vorrebbe? “Dieci anni – è la risposta – a prescindere dal numero delle campate. Capite, però, che ci troveremmo di fronte a un’opera ingegneristica dal valore assoluto, il simbolo di questo secolo”. Per il momento, ma non prima del 2023, ci ridurremo a imbarcare sui traghetti dei mini Frecciarossa che verranno realizzati su misura per la Sicilia: saranno elettrici e composti da quattro vagoni. “La grande differenza, per chi arriva da Roma o da Milano, è che potrà arrivare fino a Catania senza fare cambi”. Pochino, in realtà.
Le ultime battute di questo colloquio sono riservate a un’altra, grande incompiuta di cui – nuovamente – si erano perse le tracce: la Ragusa-Catania. Il raddoppio della Statale 514, o “strada della morte”, è contenuto in un progetto che l’Anas ha sfilato ai privati. Dopo il via libera da parte del Cipe, tutto sembra essersi arenato. Ma Cancelleri ci stoppa quasi subito: “Quando non se ne parla, vuol dire che si lavora meglio…”. A che punto siete? “Raffaele Celia è il nuovo direttore compartimentale per la Sicilia da due giorni. Ma è anche il sub commissario di quest’opera che vede come commissario il presidente della Regione pro tempore. Noi stiamo già partendo con le prime fasi, il progetto esecutivo ha richiesto qualche mese in più per il recepimento di qualche centinaio di prescrizioni e osservazioni del Ministero dell’Ambiente. Ma lo stiamo completando e la fase di cantierizzazione sarà avviata quest’anno. Poi ci sarà la gara. Il commissario (Musumeci) ha poteri derogatori importanti e sono certo che li applicherà in toto. Nei primi mesi del 2022 inizierà il lavoro vero e proprio di costruzione. La road map prevede quattro anni per la realizzazione. La Ragusa-Catania – conferma – è un obiettivo di questo governo. E’ un’opera strategica di interesse nazionale”. Un punto di partenza, mica quello d’arrivo.