La Regione di Musumeci continua a collezionare sconfitte. Dopo il giudizio della magistratura contabile che ha parificato il rendiconto 2019 di Armao, segnalando però atroci irregolarità, anche la Corte d’Appello di Palermo (sezione Lavoro) ha bocciato il ricorso presentato dall’Amministrazione regionale avverso la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale del Lavoro nella causa intentata da Alberto Pulizzi, dirigente di seconda fascia, contro la nomina di due dirigenti di terza fascia (Fulvio Bellomo e Vincenzo Palizzolo) nelle posizioni di dirigenti generali al Dipartimento Infrastrutture. In primo grado, la giudice aveva stabilito che secondo la normativa e la consolidata giurisprudenza in materia, l’incarico in questione poteva essere conferito solo in favore dei dirigenti di prima e seconda fascia (come previsto dalla legislazione nazionale), e non di “terza”, come avviene puntualmente in Sicilia. Un concetto ribadito anche in Appello, e di fronte all’insistenza della Regione siciliana, che è stata condannata a pagare le spese di lite per 3.300 euro.
L’ennesimo caso che si aggiunge a un catalogo già molto ampio, di cui, però, Palazzo d’Orleans continua a non tenere conto. Fra le varie segnalazioni aperte, c’è quella di Nello Dipasquale, deputato regionale del Partito Democratico, che aveva presentato un’interrogazione per ribadire “l’illegittimità amministrativa e contabile di tale condotta”. “La sentenza della Corte d’Appello del Tribunale di Palermo – afferma, adesso, il parlamentare ragusano – ribadisce la necessità di fare i concorsi e di avviare un serio dibattito sulla riforma della dirigenza. Sono cose che vado ripetendo, ormai, da un paio d’anni, attirandomi le antipatie di tutta la macchina amministrativa. I miei interventi, però, sono a tutela di queste persone. Non è più possibile eludere le norme nazionali sul pubblico impiego”.
L’Accordo Stato-Regione del 14 gennaio impone alla Sicilia di recepire le direttive nazionali in tema di dirigenza. Persino Musumeci ha chiesto a Draghi la deroga sui concorsi, che nell’Isola sono fermi da un trentennio. Segno che, forse, la Regione si è svegliata.
“Me lo auguro. Io stesso, da tempo, ho presentato un disegno di legge sul pubblico impiego. Ma non c’è mai stata la volontà politica, da parte del governo, di andare avanti. Spero che l’ultima sentenza dia un’accelerazione alla riforma. Stiamo affondando nell’emergenza perché in quattro anni Musumeci ha prodotto solo chiacchiere. E, in riferimento alla pubblica amministrazione, i giudici lo hanno bacchettato ripetutamente”.
Parliamo di lavoratori. L’ultima bocciatura giunge da Roma, dove il Consiglio dei Ministri ha impugnato la norma, contenuta nell’ultima Finanziaria, relativa alla stabilizzazione degli Asu. È una sconfitta di tutto il parlamento.
“A questa norma avevamo partecipato tutti fra commissione e aula. Avevamo idee diverse sulla copertura finanziaria, ma la prima cosa che avrebbe dovuto fare Musumeci era confrontarsi con Sala d’Ercole. Ho anche scritto una nota che andava in questa direzione. Ma l’assenza e la chiusura del governatore, di fatto, finiscono per indebolire anche le battaglie del parlamento. E ne risente l’interlocuzione con Roma. Alla base c’è un atteggiamento di arroganza e di presunzione”.
L’assessore Armao ha detto che il 90% delle norme impugnate dal Cdm siano di natura parlamentare. Un modo per scaricare la colpa sui deputati?
“Armao è politicamente incapace quanto presuntuoso. Doveva essere il salvatore del Bilancio della Regione, invece giorno dopo giorno è quello che l’ha affossato. L’ultima parola, anche sulle cose legiferate dal parlamento, è la sua. I pareri decisivi portano la sua firma. Scaricare le responsabilità una volta su Crocetta, e quella dopo sull’Assemblea regionale, è pura demagogia”.
La Corte dei Conti, nel corso del giudizio di parifica, è tornata a invocare la riforma dei Forestali. Si tratta di un tema spinoso. La campagna anti-incendio è partita, infatti, senza alcuna copertura finanziaria.
“Musumeci aveva promesso la riforma dei Forestali, dei Consorzi di bonifica, degli Iacp, del pubblico impiego, della dirigenza, dell’agricoltura, dei rifiuti. Sono passati quattro anni, e l’unica cosa che ha fatto con forza e determinazione è stato rinominare l’assessore Razza nel momento meno opportuno. Ha ingessato una Regione intera”.
Qual è l’effetto più drammatico dei rilievi della Corte in sede di parifica?
“Il fatto che la Corte dei Conti abbia parificato il bilancio 2019 muovendo rilievi pesantissimi al governo regionale non vuol dire soltanto che il bilancio non era a posto e che quindi sia lo Stato Patrimoniale che il Conto Economico della Regione non sono regolari. Ma che da questo momento in poi non esiste copertura economica per nessuna nuova legge di spesa, fatte salve quelle dell’ultima Finanziaria. Dove le risorse erano già ridotte al lumicino”.
Oggi la tentazione è fare leggi di spesa con soldi non nostri. Cioè facendo affidamento a risorse extraregionali che devono seguire un lungo iter di riprogrammazione. Si è fatto, ad esempio, sul capitolo dei 250 milioni per i ristori.
“Di cui non abbiamo più notizie. Finché non vedo i decreti attuativi non ci credo… Quando abbiamo segnalato che partite Iva, ristoratori, commercianti erano rimasti fuori dalla Legge di Stabilità, il governo si inventò questa barzelletta dei ristori per via amministrativa. Sono passati mesi dall’approvazione della Finanziaria, e dubito fortemente che gli aiuti promessi si tradurranno in risorse a fondo perduto. Al contrario, ho la sensazione che verranno fatti passare come mini-prestiti erogati dall’Irfis. Non c’entrerebbe nulla con le promesse iniziali”.
Anche i Comuni versano in uno stato di difficoltà. Lei è stato sindaco: come se ne esce?
“Fra le varie carenze, la Regione si è mostrata incapace di essere il “tutore” degli enti locali. O, almeno, io non l’ho percepito. Non ha esercitato le proprie competenze dirette. Guardi cos’è accaduto coi buoni alimentari: mentre lo Stato ha messo i sindaci nelle condizioni di poterne usufruire immediatamente, la Regione ha messo in piedi un meccanismo assurdo di rendicontazione. Inoltre è venuto meno il ruolo di interlocuzione all’interno della Conferenza Stato-Regioni. Musumeci proverà a recuperare in extremis, ma lo farà in chiave elettorale: secondo me è l’ennesima legislatura persa”.
Chi verrà dopo Musumeci sarà condannato a governare errori che si trascinano da tempo e di cui nemmeno voi del Pd siete esenti. Specie a livello contabile e finanziario.
“Purtroppo ci sono problematiche che si trascinano da qualche legislatura. I vari Lombardo, Crocetta, Musumeci non sono riusciti a risolverle. Nella prima parte di questa legislatura si è tentato di scaricare le responsabilità su chi c’era stato prima, ma a questo punto del mandato, quando sono trascorsi tre anni e mezzo, è molto più difficile. Io mi auguro che tutti i partiti, nell’immediato futuro, riescano a guardare fuori dal proprio orticello: la Sicilia ha bisogno di una classe dirigente che abbia la capacità, l’autorevolezza, la voglia e l’entusiasmo di far ripartire questa terra. Bisogna risolvere le questioni irrisolte, e avere allo stesso tempo un progetto di sviluppo”.
Qual è il vostro?
“La nostra Isola è la cenerentola del Mediterraneo. Rispetto a Malta o alle Baleari, che hanno avuto una crescita immensa negli ultimi anni, siamo rimasti indietro. Sia a livello di Pil che di occupazione. Le dirò di più: Malta ha funzionato da sfogo occupazionale per molti siciliani che non riuscivano a trovare lavoro a casa propria: dovrebbe essere al contrario… Ma se non riusciamo ad affrontare le questioni primarie, come togliere la spazzatura dalle strade, come potremmo essere leader di un progetto di sviluppo nel bacino del Mediterraneo? Serve una classe dirigente che abbia competenza ed entusiasmo. Abbiamo mandato a picco due generazioni, non possiamo permetterci altri sbagli”.