Scongiurata la bocciatura, ma per Musumeci e Armao non sono tutte rose e fiori. Anzi. La Corte dei Conti ha parificato il rendiconto 2019 della Regione, mettendo in risalto, però, alcune criticità: ad esempio, il mancato accantonamento di 315 milioni nel Fondo Contenziosi; l’omessa istituzione di 102 milioni nel fondo rischi; l’errata determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità, sottostimato per 34 milioni di euro; o la bassa propensione agli investimenti, non in linea con la visione strategica del Documento economia e finanza 2019-2021. Le spese per investimento sono al minimo storico.
Fra le altre carenze di palazzo d’Orleans, i magistrati si soffermano sull’incapacità legislativa: delle 26 leggi promulgate, 9 sono state impugnate (quasi tutte) per incompatibilità con l’art. 81 della Costituzione. Questo significa che la Regione non sempre indica nella legge le coperture finanziarie, ricorrendo in modo anomalo alla tecnica legislativa del rinvio a risorse ancora da stanziare, e quindi inesistenti. I magistrati, inoltre, hanno considerato irregolare lo stato patrimoniale e il conto economico dell’ente. Il dispositivo della sentenza sarà trasmesso alla giunta regionale, all’Assemblea siciliana, al ministero delle Finanze e al presidente del Consiglio dei ministri.
Durante la sua lettura, il presidente Salvatore Pilato ha parlato di “disavanzo e quote di disavanzo non recuperate nel rendiconto del 2018 e da ripianare in quello del 2019” per un totale di oltre 875 milioni di euro. Nella requisitoria, però, il pm Pino Zingale aveva sottolineato “il parziale ripianamento della quota di disavanzo pregresso a carico dell’esercizio 2019, con un’eccedenza da ripianare per un importo di 449.347.768,68 euro, illegittimamente ‘consegnata’ al successivo esercizio, e quindi da aggiungere alla quota già stanziata per l’esercizio 2020”. Alla Regione, per ora, preferiscono non commentare: “L’amministrazione regionale prende atto dell’auspicata parifica del rendiconto generale per il 2019. Per quanto riguarda alcune rettifiche richieste, ci si riserva di svolgere le considerazioni di merito appena sarà disponibile il dispositivo della decisione con le relative motivazioni”.
Il lungo elenco delle irregolarità. Contestati il mancato appostamento di 142 mln nella parte vincolata relativa ai trasferimenti e di 58 mila euro circa di investimenti. I giudici hanno accertato irregolarità contabili per il mancato allineamento del rendiconto con i dati del sistema Siope relativamente a 5 mln di minori incassi e maggiori pagamenti per 52 mln. Altre irregolarità nel conto del bilancio perché non contabilizzato il conguaglio Irpef per 182 mln e il conguaglio per l’Iva pari a 34 mln, “che al 31 dicembre 2019 avrebbero incremento residui attivi e passivi con effetti sul risultato di amministrazione”.
E ancora: disavanzo e quote di disavanzo non recuperate nel rendiconto 2018 e da ripianare nel 2019 per un totale di oltre 875 mln. Per i giudici vanno eliminati dal conto di bilancio residui attivi imputabili all’assessorato alle Infrastrutture per 1,2 mln; ai Beni culturali per circa 22 mila euro; all’assessorato Famiglia per 1.800 euro. Altre partite contabili irregolari riguardano il fondo perdita e società partecipate, il fondo residui perenti, spese sanitarie per 156 mln impegnate e spese disimpegnate per 80 mln.
Per effetto delle dichiarazioni di incostituzionalità di alcune leggi risultano irregolari spese per il trasporto pubblico locali per 12 mln, 164 mila euro per pensioni, assegni e sussidi in carico al Fondo pensioni Sicilia e spesa per 97 mln finanziate con quote accantonate e vincolate perché eccedenti i limiti della legge 145/2018. Per la Corte risultano non regolari lo stato patrimoniale e il conto economico.
Il quadro generale. Rispetto al rendiconto 2018, la quota complessiva di disavanzo è diminuita di 426 milioni. Ma sul groppone della Regione restano 6,9 miliardi di deficit. L’appuntamento con l’udienza di parificazione, di fronte alle Sezioni riunite della Corte dei Conti, è l’occasione per evidenziare le “rilevanti incertezze sull’entità risultato d’amministrazione, specie in relazione alla congruità degli accantonamenti, delle partite vincolate e dei connessi residui attivi”. Parola di Luciano Abbonato, consigliere della Sezione di controllo che, assieme ad Adriana La Porta, ha illustrato la doppia relazione della magistratura contabile al termine di 16 Camere di Consiglio e sessanta riunioni, che testimoniano le gravosità dell’impegno. Dalla radiografia dei conti della Regione emergono parecchie falle, ad esempio sul tema della finanza locale dove è rimasta inevasa la richiesta di una legge di riordino: “Un terzo della popolazione siciliana vive in comuni in stato di dissesto o pre-dissesto, o in cui si è passati all’approvazione di piani di riequilibrio – ha sottolineato Salvatore Pilato, presidente delle Sezioni riunite -. I sistemi di riscossione in Sicilia rivelano”, inoltre, “una modesta qualità di efficienza” (a questo proposito il procuratore generale della Corte dei Conti, Pino Zingale, ha annunciato una denuncia in Procura nei confronti di Riscossione Sicilia).
“Le risultanze presentano dei profili migliorativi rispetto all’esercizio anteriore – sottolinea ancora Pilato – ma dagli approfondimenti contabili sono emerse una molteplicità eterogenea di aree di criticità finanziaria, che pongono dubbi di attendibilità sull’esatta stima del risultato di amministrazione”. “E’ da capire se il miglioramento sia effettivo e se il risultato d’amministrazione finale sia corretto”, sottolinea Abbonato. Mentre Pilato, nel resumée complessivo, si sofferma sulla necessità di “ottimizzare la qualità della corrispondenza tra le raccomandazioni, i moniti e le indicazioni che provengono della Corte dei Conti in sede di controllo e le risposte di autocorrezione che l’Amministrazione regionale dovrebbe avviare in corrispondenza delle attività di controllo svolte” dalla magistratura.
“Su questo versante, che richiama molti controlli concomitanti e di efficienza, credo ci sia molto da fare. Nelle relazioni degli esercizi finanziari anteriori – evidenzia Pilato -, sono state elaborate delle chiavi di lettura con delle raccomandazioni che non sempre hanno trovato nel follow-up un puntuale riscontro. Tuttavia” – e qui tende la mano nei confronti di Musumeci e Armao, presenti in udienza – “il comportamento procedimentale è stato improntato non solo alla leale collaborazione istituzionale, ma alla prontezza nei riscontri istruttori che abbiamo riavviato dopo il ritiro del rendiconto”. Cioè nel gennaio scorso, quando a seguito della segnalazione di alcune incongruenze (la mancata cancellazione di 319 milioni di residui attivi), Palazzo d’Orleans ritirò il rendiconto in autotutela, salvo presentarne un altro nelle settimane seguenti. “L’auspicio – ha specificato Pilato a conclusione della sua premessa – è “che il giudizio di parifica costituisca un punto di non ritorno per l’avviamento di riforme strutturali”, tra cui quella dei Forestali.
Facile a dirsi, meno a farsi. Come sottolinea Musumeci quando arriva il suo turno: “La mia giunta pone rimedio ad anni di incertezze e approssimazioni”, ha detto il governatore, evidenziando la “chiara inversione di rotta nella questione del debito, che è stato ridotto in termini quantitativi e qualitativi. I molteplici accordi conclusi con il Governo centrale, l’ultimo il 14 gennaio scorso, hanno condotto ad adottare modalità specifiche di ripianamento dei disavanzi provenienti dalle precedenti gestioni, dimostrano che la Regione ha voltato pagina nella gestione degli equilibri di bilancio e recuperato credibilità finanziaria”. Eppure la “programmazione avrebbe potuto essere più sana e razionale – ammette – con la burocrazia disposta ad accompagnare questa azione innovativa. Alla Regione non si fa un concorso pubblico dal 1991 – denuncia il presidente della Regione -. Le fasce C e D non sono mai state sottoposte a un concreto processo di formazione, e agli atti d’interpello rispondono sempre le stesse persone”.
E se da un lato vengono rimarcate le carenze della burocrazia, dall’altro non manca un accenno alle difficili principi di contabilità pubblica che non garantiscono “un livello di entrate adeguato a coprire l’espletamento delle funzioni statutariamente attribuite e i livelli essenziali delle prestazioni costituzionalmente riconosciuti. Obiettivi che con l’attuale gettito diventano irraggiungibili. Le compartecipazioni fiscali concordate nella scorsa legislatura, infatti, al netto dell’ingente concorso al fondo sanitario regionale, non attribuiscono risorse “aggiuntive” alla Regione siciliana limitandosi a introdurre minimi correttivi agli effetti distorsivi recati sul gettito devoluto da alcuni provvedimenti normativi statali”. “Il tema della finanza locale – ha aggiunto Musumeci – ci inquieta. Se non affrontiamo le problematiche con urgenza e approssimazione, si rischia la paralisi dei Comuni. E’ un tema che abbiamo posto al tavolo del governo nazionale e mi auguro possa essere affrontato con la necessaria tempestività”.
Nel finale Musumeci assicura “che terremo conto delle osservazioni giunte stamattina, e posso soltanto assicurare con animo scevro da ogni retorica, che l’azione nei quindici-sedici mesi rimanenti al nostro governo sarà improntata al raggiungimento del massimo livello di efficienza e trasparenza. Sappiamo che la fatica diventa pressoché improponibile senza l’ausilio della pubblica amministrazione, ma ci sforzeremo per coinvolgerla in un pathos che imporrà a ognuno l’assunzione delle proprie responsabilità”.