Dal 2002 il suo negozio di Cefalù è un punto di ritrovo per gli amanti del genere: le lampade realizzate con la fibra vegetale dell’agave, un mercato che lei stessa definisce di nicchia, non ha fatto altro che esaltare la potenza espressiva dell’arte di Grazia Pizzillo, architetto e designer palermitana, specializzata in strutture luminose. Come quella che giovedì sera ha presentato a Villa Igiea, all’inaugurazione della nuova boutique di Gustoso, il brand creato da Daniele Cipollina che rappresenta l’esaltazione del gusto (qui il gioco di parole è d’obbligo) siciliano.

Si tratta di una scultura luminosa – un fico d’india al led – interamente fatta a mano, col metallo rivestito in foglia oro, argento e rame, e lo schermo in fibra d’agave. La pianta che cresce spontanea e di cui Cefalù è piena. Un tempo utilizzata dai pescatori per comporre le reti, Grazia Pizzillo ne ha ereditato la manifattura, applicandola a creazioni moderne e originali a cui “Geo”, la nota trasmissione di Rai 3, ha dedicato uno speciale. Dateci un’occhiata, ne vale la pena.

Dopo averla estratta dalla pianta, battendola ripetutamente, e averla esposta al sole per l’asciugatura, si vede Grazia, nel suo laboratorio, mentre fissa la fibra con la cellulosa. La curva che immette nel rettilineo finale del prodotto completo. “Trasformo l’agave in paralumi per le mie lampade. Cefalù è un piccolo centro, si lavora soprattutto d’estate. Ma mi ha garantito la giusta visibilità, perché da lì passa un sacco di gente. Tramite l’e-commerce spedisco le mie creazioni in giro per il mondo”.

L’innovazione si perde nel mare delle tradizioni. Di mani che lavorano, di teste che pensano e progettano. Il tessuto connettivo è la natura: “In tutte le mie linee ci troverete il mare, la Sicilia. Il fico d’india realizzato per Gustoso è colorato coi pigmenti naturali della terra, quelli che di solito si utilizzano per le ceramiche: sono polveri ricavate dagli scarti delle arance, delle ciliegie, del caffè”.

Non solo lampade con basi in metallo (“A tagliare ed assemblare i pezzi ci pensano i miei fabbri di fiducia”). L’eclettismo di Grazia è tale da impegnarla, o averla impegnata a lungo, anche in altre forme artistiche. In primis la pittura: “Da bambina avevo un’ambizione: diventare una pittrice di strada. Mi laureai in architettura, aprii il mio studio a Palermo, cominciai ad esporre per alcune associazioni. Mi interessai di design e interni. Poi ho creato la mia azienda, il Dodo, per cui realizzo queste sculture in fibra naturale. Ma la pittura, in realtà, mi è rimasta dentro. E dopo averla abbandonata un po’, sono tornata a curarmene”.

Grazia è reduce da una mostra a Praga, in cui ha presentato un paio di dipinti a cui tiene molto, che mettono in risalto – a parte la natura – il tema delle mani: “Nel primo ci sono delle mani che cuciono la rete dei pescatori. Nel secondo, che rappresenta un tema caldo dei nostri tempi, le mani di un migrante e di un soccorritore che si cingono. Per me il significato delle mani è fondamentale, perché è da lì che prede corpo l’arte”.

Di arte la Pizzillo vive da almeno vent’anni. Accantonato per il momento lo studio d’architettura (“Ogni tanto mi rendo disponibile per i miei clienti, ma è la cosa che mi piace fare meno” sorride), è alla creazione che dedica gran parte del tempo e delle energie: “Trovo che in Sicilia non ci siano abbastanza risorse umane da destinare a questo settore. Spesso non si capisce che l’arte è una cosa fluida, che chi lavora nell’arte non può avere garantito uno stipendio fisso, sul modello di uno statale. Ma è una cosa che cresce, si modifica, cambia. Che richiede adattamento. E non tutti sono disposti”. Lei sì. Le difficoltà e la concorrenza non la piegano. Sono cose che non piegano la passione.