Non so nemmeno se questa mia amarezza per la morte del vip di turno sia riconducibile a una sorta di provincialismo che mi è proprio e che non riesco a scrollarmi di dosso o a chissà cos’altro. Il punto è che forse dovrei indagare fra i miei incubi, manco fossi Dylan Dog, e francamente questo non mi va.
La morte di un personaggio famoso mi intristisce, a volte mi getta addirittura nello sconforto, come adesso con Marchionne. Inspiegabilmente, direte voi. Una mia amica perspicace e polemica, che ha letto fra le righe questo dispiacere, mi ha mandato una lunghissima mail in cui mi rimprovera in qualche modo la mancanza di empatia verso le (altre) tragedie che ci circondano – gli incendi in Grecia, i clandestini che muoiono in mare, gli operai costretti alla cassa integrazione dallo stesso Marchionne, i disoccupati, i poveri, i bambini africani denutriti. Mi ha risparmiato le cavallette, il buco dell’ozono e le cabine a Mondello in estate, e di questo la ringrazio.
Però in fondo a pensarci è un rimprovero che ci sta, per questo non ribatto stizzito alla veemenza della mail. Mi faccio domande, piuttosto. Perché la morte del vip mi turba come se fossi rimasto a quella meravigliosa fase adolescenziale che mi fa subire il perverso fascino del manager famoso, del cantante maledetto, del calciatore figo?
Eppure ho cinquant’anni, una famiglia e un lavoro complicato che mi impone doveri faticosi. Voglio dire: dovrei ormai essere uscito da questa fase qui, quella dei poster di Rummenigge nella cameretta e degli autografi gelosamente custoditi. Dovrei avere acquisito quel disincanto che inutilmente inseguo, dovrei restare turbato da altre cose e non dalla morte di uno sconosciuto con cui niente mi univa – neanche una macchina Fiat comprata per sbaglio in gioventù (figuriamoci, io che finanzio la Juventus!).
Per questo mi chiedo, e in questo do ragione all’amica che mi chiede conto dei miei sentimenti saltellanti, perché la morte di Marchionne, l’uomo che tutto aveva e tutto ha perso in un mese scarso, mi turba e le altre così così. Perché la morte di un uomo da rotocalco mi pare assai più ingiusta delle altre, compresa la mia, quando sarà.
Biasimatemi pure ma non chiedetemi perché: a parte la freudiana (e forse banale) regressione adolescenziale non saprei cosa rispondere.