Prendiamola alla lontana, che forse ci si capisce meglio. La civiltà occidentale ha affidato la toga e la responsabilità che la toga comporta, a chi amministra fede, istruzione e giustizia. Averne il privilegio è responsabilità grande, perché grandi è fondamentali per la nostra società sono i campi della fede, della conoscenza e della giustizia che siamo chiamati a servire. Lo sapeva bene quel matematico, ebreo di Berkeley, che lasciata la Germania nazista, fu chiamato, durante il maccartismo, al giuramento di fedeltà anticomunista, che non fece, in omaggio alla sua libertà, lasciando Berkeley e l’università pubblica, per Princeton, dove fu accolto da Einstein.

Di che parliamo? Dell’obbligo che abbiamo di rispettare fedeli, studenti e inquisiti, rispettando in essi il mandato che la comunità ci ha affidato. Lo dico subito e con chiarezza. Trovo orribili, gravi, disgustose, le parole, i verbi utilizzati per discutere, al telefono, della statistica siciliana dei morti di Covid. Non so. Rispetto e aspetto il giudizio delle altrui toghe, se ci siano o meno profili di reato. Certo, ci sono quelli del disdoro alla pubblica amministrazione, sia si tratti di un dirigente sia si tratti di un uomo politico. Anche li, toghe o non toghe, il rigore dei comportamenti e delle parole dovrebbe regnare sovrano. Già il darsi del tu, tra Assessore e Dirigente, a me sembra eccessivo. Figuriamoci altro.

Ma per la stessa identica ragione, è inopportuno che un magistrato discuta pubblicamente sull’opportunità che un inquisito, ancorché amministratore pubblico, eserciti un diritto sancito dalla legge, per esempio quello di parlare con il suo giudice naturale. Se si giudicano i fatti, non possono stigmatizzarsi le opportunità di scelte formalmente e giuridicamente ineccepibili. Non si fa del moralismo, con la giurisprudenza. Non condanneremo mai, spero, almeno non in un tribunale e in nome del popolo italiano, nessuno, per una caduta, anche la più orribile, di stile. Potremo farlo votandolo o meno. Potrà e dovrà farlo, dopo aver accertato i fatti, chi ne ha responsabilità, sul piano del disdoro della pubblica amministrazione. Altrimenti occorrerebbe ricordare a tutti la stessa opportunità nei comportamenti, anche a chi, tra le toghe, consegna, con poca opportunità, il proprio curriculum a chi immagina possa essergli utile.