Nel panorama multiforme del centrodestra, dove Forza Italia litiga e Diventerà Bellissima cerca sponde, la Lega continua nella sua opera di radicamento anche in Sicilia. In tanti osano definirla una “campagna acquisti”. Fa comodo al linguaggio, anche se qualcuno dei nuovi arrivi – per usare un gergo calcistico – proviene dalla lista svincolati. Come nel caso di Nino Beninati, già assessore regionale ai Lavori pubblici, che dopo il “ritiro volontario” (come si legge in una nota del commissario provinciale Catalfamo) del 2013, è tornato in sella: nominato coordinatore del Carroccio nella città di Messina. Un suo conterraneo, altro pezzo da novanta, ma originario di Brolo, è stato assoldato nelle ultime ore dal segretario Nino Minardo: si tratta di un altro Nino, Germanà, figlio dell’ex senatore Basilio e deputato in carica a Montecitorio, che nel giugno scorso aveva salutato Forza Italia per alcune incomprensioni coi vertici regionali del partito. Lo stesso partito che nel 2018 lo aveva candidato e fatto eleggere alla Camera.
Molti arrivano da lì, dal gruppo azzurro che nel frattempo sta provando a cambiare pelle, difendendosi dall’assalto di Tajani, ma che fatica a mantenere saldi i legami con quelli che volano a Roma. Lo stesso Minardo era parte integrante di Forza Italia, prima di uscirne e intestarsi la missione del “pontiere” per cercare di ricucire i fili tra Micciché e Salvini. Riuscendoci, poco più di un anno fa, quando il presidente dell’Ars donò al “capitano” una riproduzione di Santa Rosalia per dimenticare gli epiteti post Diciotti. Ma è sempre lì, in Forza Italia, che Minardo rimette le mani quando può. Qualche settimana fa, per l’appunto, ha salutato l’avvento di Vincenzo Giambrone, ras di voti nell’Agrigentino, che non ha mai digerito la decisione di Micciché di preferirgli Zambuto per il ruolo di assessore regionale alle Autonomie locali: “Cambia più partiti che mutande”, era stato il commento, poco edulcorato, a proposito dell’ex sindaco. Benvenuto nella Lega.
Ma più che il linguaggio interessa la sostanza. Creare classe dirigente con comprovata esperienza. Che, possibilmente, si porti dietro un bel gruzzolo di voti. Come nel caso di Vincenzo Figuccia, neo commissario provinciale di Palermo, che voltò le spalle a Forza Italia prima delle ultime elezioni Regionali, coi manifesti a un passo dalla stampa. Ottenne il seggio (e persino un assessorato, per 40 giorni) con l’Udc, prima di defilarsi, coltivare il sogno ‘sicilianista’ (con un suo movimento) e saltare sul carro leghista. L’ultimo acquisto della segreteria di Stefano Candiani, che pure aveva resistito a lungo all’arrivo dei transfughi. Ma nell’Isola non c’è cosa più fluida della politica. Anche Germanà, per dire, conta esperienze con PdL, Nuovo Centrodestra (di Alfano) e Alternativa Popolare. Idem Vincenzo Fontana, ex deputato nazionale di Agrigento, che ha aderito ieri. Mentre l’ex parlamentare regionale Vincenzo Vinciullo, addirittura, riporta sul proprio sito ufficiale il banner della candidatura al fianco di Fabrizio Micari, nel 2017, con il centrosinistra al gran completo. Oggi è il responsabile provinciale della Lega a Siracusa.
Questa commistione di “generi”, e la corsa a saltare sul Carro(ccio) del vincitore, non costituisce una preoccupazione: “Macché, al contrario è motivo di grande entusiasmo – spiega Minardo -. Non stiamo imbarcando chiunque, ma gente per bene, che ha sempre fatto parte del centrodestra. E che dopo aver perso negli ultimi anni i propri riferimenti politici, ha finalmente trovato la sua collocazione naturale”. Si potrebbe eccepire sul ricambio generazionale. Sul fatto che ci siano molte facce già viste. Anche se per il segretario “il mix è quello giusto: da un lato persone di consolidata esperienza politica, dall’altro giovani che hanno deciso di investire tempo e competenze perché credono nel progetto”.
Minardo, per il resto, ha perseguito la sua politica: sfondare al centro e insinuarsi fra i moderati, un bacino a cui tutti ambiscono. “Per crescere politicamente e radicarci sul territorio, oltre a essere riconoscibili sul piano programmatico, dobbiamo avere un interlocutore – aveva detto a Buttanissima, prima della nomina a segretario -. Dobbiamo rivolgerci e parlare a quell’area moderata che in Sicilia, ancora oggi, rappresenta la maggioranza relativa dell’elettorato di centrodestra”. E poi rilanciare idee, come il Ponte sullo Stretto, che nessuno è riuscito a finalizzare; anticipare il governo Musumeci sui grandi temi, come la gestione delle risorse del Recovery (contenute in un documento intitolato ‘Dossier Sicilia’, che Salvini ha ricevuto già da prima l’insediamento di Draghi); costruire percorsi civici che restituiscano credibilità e consenso laddove il concetto di “Lega nazionale” fatica ad emergere, spinto sott’acqua dai classici pregiudizi. Per farlo servono abili comandanti e volti freschi: lo sono quello di Giovanni Occhipinti a Ragusa, Fabio Cantarella a Catania, Annalisa Tardino ad Agrigento.
E tutti, ma proprio tutti, hanno una mansione da portare avanti: l’eurodeputata di Licata, ad esempio, è la coordinatrice politica provinciale di Agrigento, in affiancamento a Giambrone; l’assessore all’Ambiente del comune etneo, invece, oltre a far parte della segreteria nazionale del Carroccio, è fresco di nomina come vice-coordinatore della segreteria regionale (dove il numero uno è Pippo Fallica, ex deputato, visto anche in Grande Sud); al consigliere comunale Alessandro Anello è stata affidata la guida del partito in città, con Igor Gelarda, capogruppo a Sala delle Lapidi, designato responsabile regionale dei dipartimenti; Antonio Catalfamo, reduce da Fratelli d’Italia e deputato a Sala d’Ercole, è il commissario provinciale di Messina. E poi c’è un’altra europarlamentare, Francesca Donato, palermitana d’adozione, che Minardo ha nominato responsabile regionale per l’Economia e le Politiche europee. Tutti primi al traguardo del mio cuore.
“Questa è la dimostrazione che la Lega, come fa da sempre a livello nazionale, anche in Sicilia si sta radicando e organizzando in maniera seria – argomenta Minardo -. Siamo l’unico partito che da tre mesi, rispettando tutte le disposizioni anti-Covid, si riunisce costantemente in presenza, sia a livello locale che regionale. Abbiamo aperto una sede a Palermo, mentre altri le chiudono”. Ieri, ad esempio, ho incontrato tutti i consiglieri di circoscrizione della città di Palermo. Siamo sempre in moto…”. Gli incarichi distribuiti, e la creazione dei dipartimenti, sono la riprova che “la Lega vuole avere un contatto diretto coi territori, ma soprattutto vuole darsi un programma, dei contenuti e una visione di futuro”.
Ma l’operazione strategica più interessante nasce all’interno dell’Assemblea regionale, ed è l’asse di ferro – alias, federazione – con gli Autonomisti di Raffaele Lombardo. Che oggi si riconoscono nel vicepresidente di Sala d’Ercole, Roberto Di Mauro, e si fanno chiamare Mna: Movimento nazionale per l’Autonomia. Uno squadrone da sei deputati e due assessori che si è costituto in un gruppo interparlamentare e si intesta battaglie comuni, a partire dalla “necessità di aumentare e anticipare i ristori per imprese e famiglie e di scuotere tutte le istituzioni, ad ogni livello, per concretizzare il prima possibile gli investimenti in infrastrutture in Sicilia con le risorse del Recovery Plan”. La federazione fra leghisti e autonomisti, inoltre, ha sbarrato le porte al movimento di Musumeci, che con Salvini vorrebbe federarsi tuttora. E non è un mistero che da quest’esperienza, se si rivelasse redditizia, potrebbe uscire fuori il nome del prossimo candidato per palazzo d’Orleans.