Al momento, secondo la fondazione Gimbe di Nino Caltabellotta, gli ospedali siciliani reggono. Sia i reparti di terapia intensiva che quelli di area medica sono nettamente al di sotto della soglia di rischio, rappresentata dal 30 e dal 40% di saturazione. Ma in questo anno di pandemia, come noto, il Covid ha rallentato i processi dell’ “altra sanità”. Secondo gli ultimi numeri estrapolati da Repubblica, infatti, nel 2020 in Sicilia sono saltati circa 43 mila interventi chirurgici rispetto all’anno precedente: si è passati da 240 mila a 197 mila. Con un’incidenza del 7% rispetto al totale nazionale.

Il settore che ha perso di più è la Chirurgia generale, con 10mila interventi in meno (un quarto del totale). Seguono l’Ortopedia (5.700), Otorinolaringoiatria (4 mila), Ginecologia e ostetricia (2 mila), Urologia (1.490), Neurochirurgia (1.053). Anche i piccoli interventi ambulatoriali si sono ridotti: sono 3.726 in meno. “Ma è un dato sottostimato – spiega Antonino Giarratano, presidente della Siaarti (Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) e membro del Cts siciliano – perché non tiene conto degli interventi rinviati a causa della minore capacità di ricovero per garantire le misure di distanziamento in corsia”.

La riconversione di molti reparti, assieme alla fobia generata dal virus (che ha provocato la fuga dei pazienti dagli ospedali), fanno il resto. Fatti salvi gli interventi urgenti e quelli oncologici, sono letteralmente crollati tutti gli altri. Metà dei reparti di Chirurgia dell’Isola hanno partecipato a un sondaggio dell’Acoi: in un terzo dei reparti (11) ci sono chirurghi assenti perché impegnati nei reparti Covid; in oltre la metà di essi ( 17) ci sono spazi sottratti all’attività chirurgica, come sale operatorie o Terapie intensive prestate al Covid; in 20 l’attività chirurgica è ripresa con una percentuale inferiore al 50 per cento, in 10 si è ripartiti tra il 50 e il 90 per cento, solo due strutture sono tornate a pieno regime.

Non sarà facile recuperare il tempo perso. Ecco cosa serve per gli anestesisti della Siaarti: “Abbiamo chiesto un intervento nazionale al ministero – dice Giarratano a Repubblica – che si fonda su due pilastri: l’assunzione di anestesisti e infermieri per mantenere attive le sale operatorie 12 ore al giorno dal lunedì al sabato e l’acquisizione di tecnologie e farmaci nuovi per ridurre anche i tempi di degenza e quindi smaltire più velocemente le liste d’attesa. Ma bisogna programmare adesso la ripartenza, sfruttando l’impatto che la vaccinazione avrà sulla riduzione dei ricoveri per Covid”.

Nel frattempo anche le Asp, affaccendate su mille aspetti della pandemia, hanno ridotto notevolmente le prestazioni ordinarie. Tantissime pratiche per l’invalidità (come la concessione della 104), di cui si occupano i medici incaricati dalle aziende sanitarie, sono tuttora bloccate alla casella del via.