Pare che, al fine di forzare l’Italia e i Paesi del blocco di Visegrad dalle posizioni di totale chiusura sull’argomento migranti, l’UE voglia proporre ad ogni stato membro dell’Unione il pagamento di 6000 euro in cambio di ogni salvataggio in mare. Seimila euro a cranio, mica male.
Era dai tempi della Frontiera e del Selvaggio West che non si sentiva di taglie sulle teste ed effettivamente non c’è cosa più squallida del quantificare il prezzo dell’accoglienza. Nel bene e nel male, sia chiaro.
Perché se fa schifo pensare che l’umanità – ovvero il sentimento di chi si riconosce appartenente allo stesso gruppo sociale e in virtù del quale solidarizza – abbia un prezzo, lo è parimenti praticarla per puro rendiconto.
Non si può fare economia sull’accoglienza, togliamocelo dalla testa, altrimenti si passa da gestione emergenziale a business, da affare di Stato ad affare di pochi.
Qualcuno, a Bruxelles, abbia il coraggio di rompere questo simulacro economico: dismettiamo l’abito da Alleanza dei Capitalisti. Questa Europa può essere umanizzata, riformata e convertita in un’Europa dei popoli.
Aleka Papariga, in direzione ostinata e contraria come solo un pezzo di antiquariato veterocomunista sa fare, presagiva un’Europa dei popoli che esisterà solo quando i popoli saranno al potere. Nella migliore tradizione marxiana, fino ad oggi è accaduto tutt’altro: i popoli sono rimasti a casa e i populisti sono arrivati al potere.
Possiamo rimanere seduti nel salotto di casa, farci spiegare da un social influencer che colore della pelle hanno i nemici della nostra felicità e ignorare che qualcuno stia morendo per avere una chance di vivere, oppure possiamo tornare a guardare in faccia la realtà e accorgerci che con indolenza, anche solo per un attimo, abbiamo disegnato un luogo dove la vita non ha prezzo e dove la morte, qualche volta, lo ha.