L’Isola sacrificata sull’altare di Berlusconi. Al ritorno al governo di Forza Italia, in Sicilia è seguita una lunga scia di polemiche (e di delusioni): innanzi tutto per la mancata rappresentanza nella squadra dei sottosegretari di Mario Draghi, dove il coordinatore regionale Micciché aveva chiesto di indicare Gabriella Giammanco. Nisba. Adesso la situazione si è ripresentata: Stefania Prestigiacomo, deputata di lungo corso, sembrava in pole position per succedere a Mara Carfagna nel ruolo di vice-presidente della Camera. Nisba anche qui. La siracusana ha preso 8 voti contro i 248 di Andrea Mandelli, lombardo, presidente dell’Ordine dei Farmacisti e apprezzatissimo dal Cavaliere, che questa volta avrebbe imposto la sua volontà (sempre più fluttuante di fronte alla scalata di Antonio Tajani).

Il muro costituito dai forzisti-sovranisti, oltre a Tajani ne fa parte pure Licia Ronzulli, è invalicabile per uomini e donne di Sicilia. Gli unici interpreti di un voto moderato che nel resto d’Italia si è consumato come una candela, arrivando a percentuali misere, o nel migliore dei casi si è spostato altrove (la Lega). I “trombati”, che alle ultime Europee hanno garantito un consenso in doppia cifra (il 17%), e contano su una schiera di 700 amministratori locali, mandano ripetuti segnali d’insofferenza, ma nemmeno il Cav. sembra più sentirci. Alla prossima campagna elettorale, senza Forza Italia Sicilia, sarà difficile per il partito esprimere anche solo un deputato (Micciché dixit). Più che una divisione tra falchi e colombe, avvertita nei palazzi romani, monta una “questione meridionale” che in troppi stanno sottovalutando. Per la serie “meno siamo meglio stiamo”. Almeno finché dura.