Dopo un avvio entusiasmante della campagna vaccinale – persino in Sicilia – l’euforia è scemata. La fondazione Gimbe ha rivelato del crollo dei contagi fra gli operatori (-64%), ma per il momento hanno prevalso le questioni collaterali: dal taglio delle forniture da parte delle tre multinazionali (Pfizer, Moderna e AstraZeneca) alla triste vicenda dei “furbetti”, passando per la scoperta delle varianti del virus, che rendono più difficile individuarlo e aggredirlo. Tutto sembra giocare a sfavore di una completa immunizzazione. E di un ritorno alla vita normale. Così anche lo scenario di un’estate nella norma, in queste ore, sembra perdere quota. Musumeci coltiva ancora la speranza di vaccinare 3,5 milioni di siciliani entro settembre, sebbene l’assessore Razza ha spiegato che con gli anziani si potrà procedere alla velocità di crociera di 6 mila iniezioni al giorno. Mentre Bertolaso, che la Regione aveva pagato un euro per sviluppare una app già dimenticata (Sicilia SiCura) se n’è tornato in Lombardia, dove ha predisposto un piano per inoculare il vaccino a dieci milioni di lombardi entro giugno: ma anche quel disegno, per il momento, resta in stand-by. Il Comitato tecnico-scientifico, che sta lavorando ad altro, non lo prenderà in considerazione prima di venerdì prossimo.
Di fronte all’emergenza, tutti rallentano. E’ colpa, soprattutto, della distribuzione delle forniture. Troppo lenta. Mentre Pfizer e Moderna hanno ripristinato la filiera, chi è rimasta indietro è AstraZeneca, cioè l’azienda cui l’Italia ha ordinato il maggior quantitativo di farmaco: ne sarebbero dovute arrivare 8 milioni di dosi entro il 30 marzo. Saranno circa 3,5 milioni. Ma c’è un ulteriore problema: nonostante le rassicurazioni delle ultime ore da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità, questo vaccino verrà impiegato solo su una popolazione under-55. I trial, infatti, non hanno dimostrato efficacia sui soggetti più maturi, che pertanto dovranno spartirsi il siero delle altre due aziende: Pfizer e Moderna. Mentre deve ancora terminare la prima fase, che prevede di mettere al riparo il personale sanitario e le Rsa, molte Regioni, fra cui la Sicilia, hanno aperto le prenotazioni online per gli ultraottantenni. Nell’Isola parliamo di una platea di 320 mila persone, di cui il 30% (105 mila fino a ieri mattina) ha già ottenuto un appuntamento attraverso la piattaforma digitale di Poste Italiane (predisposta dalla struttura commissariale di Domenico Arcuri). I centenari sono 145. La prima dose verrà inoculata a partire dal 20 febbraio. Da lì si andrà avanti fino ad aprile.
Nella fase di prenotazione, però, non mancano i problemi. Non tanto perché gli anziani debbono per forza rivolgersi a qualcuno più esperto di “cose digitali” (un figlio, un nipote o un “cargiver”), bensì perché qualcun altro, con meno di 80 anni, era riuscito ad aggirare l’ostacolo dell’età prenotandosi a un numero verde, sempre di Poste, che funziona a corrente alternata. Una volta svelato l’arcano, è stato comunicato al furbetto di turno che il suo appuntamento è stato cancellato. L’assessorato regionale alla Salute, per non lasciare nulla al caso, ribadisce che “in questa fase della campagna vaccinale siciliana il target delle persone dagli 80 anni in su è l’unico per cui è attivo il servizio di prenotazione mediante la piattaforma on line ed il call center della struttura commissariale nazionale gestito da Poste italiane. Pertanto, esorta a diffidare da comunicazioni diffuse, soprattutto via social o chat di messaggistica, da canali non ufficiali o diversi da quelli della Regione Siciliana in merito alla possibilità che altri target di popolazione, al momento, possano effettuare la prenotazione”.
I dati forniti dalla fondazione Gimbe rivelano che, rispetto alle categorie di persone vaccinate, il 70% delle dosi sono state destinate a operatori sanitari, il 18% a personale non sanitario, l’11% a personale ed ospiti delle Rsa e meno dell’1% a persone di età over 80 anni. “Purtroppo – ha spiegato ieri Renata Gili, responsabile ricerca sui servizi sanitari – il 3,6% (158.805) degli over 80 ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e solo il 2,2% ovvero 96.503, ha completato il ciclo vaccinale, percentuali molto lontane dal target di copertura raccomandato dalla Commissione europea per questa fascia di età, ovvero l’80% entro il 31 marzo 2021”.
Ma oggi emerge un’altra questione. Nelle farmacie ospedaliere di mezza Sicilia, da un paio di giorni, ci sono ventimila dosi di vaccino AstraZeneca, quello per under-55, che nessuno ha iniziato a utilizzare (tranne in quattro regioni: Lazio, Piemonte, Lombardia e Toscana). Mancano indicazioni precise da parte del governo centrale, che in cabina di regia aveva concordato con le Regioni il target da abilitare: ne fanno parte gli operatori scolastici, le forze dell’ordine, le guardie penitenziarie, i detenuti. Ma nessuno si è mosso per stabilire un calendario e, come nel caso degli anziani, un sistema di prenotazione per impedire il mancato rispetto della fila. AstraZeneca, che aveva comunicato qualche settimana fa all’Europa dei problemi di approvvigionamento, dovrebbe aver risolto il problema e spera di recuperare parte del terreno perduto. L’obiettivo è aumentare lo stock del primo trimestre da 3,4 a 5 milioni. Per recuperare il gap e aumentare la capacità industriale, l’azienda ha siglato un accordo di collaborazione con la Idt Biologika e rafforzato lo stabilimento a Dessau, in Germania. Inoltre, sta valutando di fare arrivare in Europa una parte dei vaccini prodotta negli stabilimenti di Cina, Stati Uniti e India. Non risulta, invece, che siano state avanzate ad AstraZeneca richieste di acquisto di dosi aggiuntive da parte di Regioni italiane, come Veneto, Emilia Romagna e Friuli (ci torneremo).
Ma non tutti sono convinti che quello dell’azienda anglo-svedese sia il vaccino giusto. Nel Lazio, al primo giorno di somministrazione, alcuni medici sotto i 55 anni l’hanno rifiutato. Preferirebbero Pfizer e Moderna perché corrono “gli stessi rischi del personale sanitario ad oggi vaccinato in fascia prioritaria” con i sieri della concorrenza. In Emilia Romagna, invece, tutte le 18.000 dosi AstraZeneca consegnate dalla struttura commissariale sono rimaste nei frigoriferi e le prenotazioni di 500 professori alla Ausl di Bologna sono state cancellate. “Il Piano nazionale presenta criticità e in questa fase è di difficile applicazione — sostengono i governatori — vanno chiariti i target prioritari nonché cosa si intenda per servizi essenziali”.
In Sicilia di vaccini AstraZeneca ne arriveranno altri 82 mila entro la fine del mese. Ci sono centomila persone da vaccinare, subito. “La struttura commissariale nazionale – ha detto l’assessore Razza – ci ha comunicato che potrebbero avere un significativo aumento”. Tuttavia manca il calendario, e l’immobilismo regna. “Abbiamo chiesto gli elenchi e valuteremo se iniziare contemporaneamente le somministrazioni”, ha proseguito l’assessore. Sul fronte dell’efficacia fanno fede gli studi della rivista Lancet: se tra la prima dose e la seconda passano 4 settimane, l’efficacia è al 53 per cento; se passano 8 settimane sale al 72 per cento, alla dodicesima settimana raggiunge l’82 per cento. Nell’ultima circolare del ministero della Salute, infatti, si legge che “il momento ideale per il richiamo è tra i 78 e gli 84 giorni dopo la prima iniezione”.
Un altro campo di battaglia riguarda le varianti e la possibilità di debellarle coi vaccini già in commercio. In Sicilia è stata certificata la presenza di quella inglese, mentre sono in corso alcuni studi clinici per sequenziare quella sudafricana (un prete tornato dalla Tanzania, ora ricoverato a Partinico, avrebbe contagiato tutti i suoi familiari). Il dipartimento delle Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, invece, ha smentito del tutto l’ipotesi di una variante brasiliana. In attesa di potenziare il sistema dei laboratori di microbiologia (in tutta Italia, non solo nell’Isola) si mettono toppe. Il governo del Sudafrica ha stoppato la campagna di vaccinazione con le dosi AstraZeneca perché – secondo una ricerca dell’Università di Johannesburg realizzata su un campione di mille volontari – sono poco utili nel contrastare la B.1.351, ossia la variante sudafricana del coronavirus. L’efficacia sarebbe intorno al 22 per cento. La multinazionale promette di procedere con un aggiornamento del vaccino nei prossimi mesi.
A chi invece continua a chiedere perché le Regioni non si mettano in proprio per l’acquisto dei vaccini – come nel caso di Sicindustria, che spinge in questa direzione – ha risposto Musumeci in conferenza stampa: “Siamo pronti ad acquistarle subito quando le norme lo consentiranno”. Al momento sarebbe una forzatura rispetto agli accordi comunitari, che prevedono una gestione centralizzata da parte della Commissione europea (anche perché i vaccini sono pochi e vanno garantiti a tutti in modo equo). Dopo il tentativo abortito dai tedeschi, anche il Veneto dovrà arrendersi. Eppure Zaia non è così remissivo: “Oggi c’è un nuovo scenario – ha spiegato il governatore della Lega – C’è una quota di vaccini che è in mano ad intermediari a livello mondiale, professionisti e non faccendieri. Se è vero così, se il camion si carica alla fabbrica, la cosa si fa interessante. Sull’eventuale acquisto autonomo di vaccini da parte del Veneto – assicura, però – avremo sempre un’interlocuzione con il ministero. E se le carte non sono tutte a posto non si procederà di un millimetro”. Servono le autorizzazioni. Mentre il vaccino russo Sputnik V, che nei giorni scorsi ha sollecitato gli appetiti della Sicilia, non ha ancora ottenuto il via libera da parte dell’agenzia europea del farmaco, che entro marzo dovrà valutare anche gli ultimi progressi dell’azienda Johnson&Johnson: per un vaccino che si somministra una volta sola e che non ha bisogno di richiami. Servirebbe come il pane.