Un’incolpazione disciplinare per aver denunciato “il porco” e aver spinto Luca Palamara, allora capo dell’associazione nazionale magistrati, a non promuoverlo procuratore di Roma. Protagonista di questa doppia beffa è il pm siciliano Alessia Sinatra, procuratrice della Dda di Trapani. Finita nel mirino per una intercettazione risalente al 23 maggio 2019, prima che esplodesse lo scandalo che porterà Palamara a processo per corruzione. Il “porco di Firenze” è il capo della procura fiorentina, Giuseppe Creazzo. L’episodio cui si riferisce Sinatra risale al 2015: all’hotel Isa di via Cicerone, a Roma, Creazzo e Sinatra partecipano a un convegno insieme. Qualcosa che accade nei corridoi, scatena la reazione della donna. “Mi accusano di essermi sfogata con un amico – racconta oggi Sinatra – come se raccontando di quel signore (Creazzo, ndr) diventassi parte di chissà quale complotto. Ma se avessi voluto partecipare al complotto, io l’aggressione che avevi subito l’avrei raccontata in giro. Invece ho scelto di tacere. Per cinque anni, durante i quali ho svolto il mio ruolo in magistratura e all’Anm, ho tenuto per me questa storia”.
Il fatto di averne parlato con un ex potente come Palamara, però, ha rimosso l’oblio. E oltre a farla diventare una storia di dominio pubblico, le è costata un’incolpazione disciplinare da parte della procura generale della Cassazione. Sinatra sarebbe colpevole di “aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti di Creazzo in quanto coinvolgeva Palamara in una missione per condizionare negativamente il Csm”. Insomma, quando Sinatra dice a Palamara “giurami che il porco cade subito” gli starebbe chiedendo di alterare il voto per Roma. Ma c’è un’altra frase che sconvolge la pm. Il passaggio in cui è scritto che lei parlava così a Palamara “per soddisfare la necessità di una giustizia riparativa, per ottenere una rivincita morale sul soggetto che nel 2015 aveva posto in essere una condotta abusante e in violazione della sua sfera di libertà sessuale”. Questo è l’altro elemento di riflessione: nell’ultimo dispositivo, nessuno trova la forza di negare che quell’abuso non sia avvenuto. Eppure a dover rispondere della sua condotta – di quello sfogo al telefono – è proprio la Sinatra: “Mi sono sentita violata per la seconda volta, un trattamento da non riservare mai a nessuna vittima. Mi si sta negando di esprimere la mia sofferenza”.
Creazzo, che è ancora in corsa per quel posto da procuratore (ha presentato ricorso), ovviamente nega tutto. Alla Sinatra, invece, toccherà spiegare perché non l’ha denunciato: “E’ stata la decisione più difficile della mia vita professionale. Da una parte sapevo di averne il dovere, ma alla fine ha prevalso la scelta di non danneggiare l’istituzione cui appartengo e in cui credo”. Che oggi la ripaga in questo modo.