Fare calcio in Italia è sempre più difficile. Lo dimostrano i numeri: negli ultimi sedici anni, 10 milioni di tifosi hanno perso un riferimento nel mondo del pallone (dati Repubblica). A causa del fallimento di 153 club, che ha travolto un patrimonio di fede, di sciarpe e di sorrisi. Nell’ultima estate la cattiva sorte è toccata a Bari, Cesena, Akragas (di Agrigento), Reggiana, Modena, Andria e Vicenza in seconda e terza serie.
I tifosi sono l’unica ruota del carro, quelli che rendono grande una società o, nei casi meno acclamati, giustificano la sua esistenza. Ma a nulla è valso lo spot coniato negli ultimi anni dalla Lega Calcio – “il calcio è di chi lo ama” – per rendere i proprietari più virtuosi e un pizzico affidabili. Altrimenti non staremmo qui a parlare del funerale del Bari, piazza storica, che chiude dopo 110 anni a causa di enormi debiti (si parla di 19 milioni) accumulati dal suo ultimo presidente, l’imprenditore Cosimo Giancaspro. O del Cesena, che dopo aver festeggiato la salvezza in Serie B, ha chiuso i battenti in sordina, lasciando a piedi un indotto fatto di calciatori e magazzinieri. “Non credevamo la situazione fosse così grave” ha osservato il portiere Agliardi dopo la decisione di far fuori gli emiliani dal campionato cadetto, costringendo la società bianconera ad aderire all’istanza di fallimento presentata dalla Procura di Forlì.
Il calcio finisce spesso in tribunale e da lì ogni tanto riemerge. Ricordate il Parma affossato da Ghirardi qualche tempo fa? All’indomani del ritorno in Serie A, infatti, i ducali sono stati trascinati in un caso losco di illecito sportivo: la Procura federale ha chiesto due punti di sospensione da applicare alla classifica dello scorso campionato a causa di un messaggino dell’attaccante Calaiò, che chiedeva (il tono è tutto da stabilire) a un ex compagno dello Spezia di “scansarsi” quando si sarebbero ritrovati in campo.
Due miseri punticini che pregiudicherebbero il ritorno nella massima serie, per la felicità del Palermo che quella promozione sul campo non è riuscito proprio a guadagnarsela. La decisione è attesa fra giovedì e venerdì, anche se il presidente rosanero Zamparini ha già dichiarato di non credere nella giustizia. Giudizio maturato all’indomani della beffa di Frosinone, quando alcuni giocatori ciociari buttavano i palloni in campo dalla panchina, nel tentativo di ostacolare la rimonta siciliana. E nessuno ne fece le spese.
E’ un mondo che gira alla rovescia il calcio, in cui i soldi non bastano mai. E sono spesso sporchi.