“Cominciò con la luna sul posto e finì con un fiume di inchiostro”… Somiglia sempre più a “Una storia sbagliata” del grande Faber – anche se non ha lo spessore tragico della morte violenta di Pasolini – la vicenda della ex Piazza d’Armi antistante il Castello Maniace di Siracusa.
Anche questa in fondo “è una storia un poco scontata”. E da qualche giorno è anche “una storia da Carabinieri”. I militari dell’Arma infatti, si apprende, in occasione di una ispezione hanno trovato tre lavoratori in nero e conseguentemente bloccato due delle quattro ditte che operano nel cantiere per la realizzazione del “punto di ristoro” ancorato a un lato della piazza con una robusta piattaforma di cemento e dotato dei relativi sottoservizi. Si vedrà in questi giorni quali conseguenze questo blitz dei Carabinieri avrà sul ritmo dei lavori.
Intanto la protesta è sfociata anche in un esposto alla Procura della Repubblica cui si chiede di verificare se vi sono state violazioni di legge. A presentarlo sono stati due esponenti di quel centrodestra che tanto aspramente sta contestando l’opera: Nuccio Romano – ex presidente dell’area marina protetta del Plemmirio e fino al 10 giugno assessore designato del candidato a sindaco, Fabio Granata, ora assessore della giunta Italia – e Nicoletta Piazzese, avvocato candidato alla Camera per Forza Italia alle ultime Politiche.
La denuncia si articola su due filoni principali: la irregolarità delle procedure con cui è stato concesso a un privato l’uso per 12 anni della piazza con relativa possibilità di aprire bar, ristoranti e attività commerciali; la mancata conformità del progetto agli strumenti urbanistici vigenti e cioè al piano regolatore e al piano particolareggiato di Ortigia. Romano e Piazzese, chiedono il sequestro dell’opera in corso di costruzione e di tutte le documentazioni relative all’iter amministrativo.
Insomma, la situazione anziché lentamente decantare sembra inasprirsi ogni giorno di più.
Forse a Palazzo Vermexio, sede del sindaco, si sperava che dopo la caciara post elettorale, complice l’estate che avanza, la polemica sarebbe andata via via scemando e poi l’inaugurazione dello spazio aperto per i cittadini, l’aria fina, il fresco e un drink sotto il castello avrebbero fatto dimenticare la querelle sull’onda della passione e del consenso popolare.
Speranza probabilmente vana. Sui social network i siracusani sono oramai irreversibilmente divisi in guelfi e ghibellini e si insultano quotidianamente senza ritegno. Riunioni con dirette sui social network si tengono in uno spazio che si chiama “La Casa del Popolo”, non so se mi spiego.
Sui giornali nazionali si ripetono articoli. Dopo Corriere della Sera e Giornale, sul sito dell’Espresso Marco Lillo è sceso in campo per sposare e rilanciare le tesi dell’intellighenzia cultural-ambientalista siracusana contro l’opera.
Nessuno si esime. L’assessore alla cultura Fabio Granata in una intervista a “La Sicilia”, usando una lieve e soffusa metafora, afferma che è “ridicola l’indignazione a comando del centrodestra: sono attenti alla tutela del paesaggio quanto Riina è attento alla legalità”. Il giorno dopo gli hanno risposto quattro consiglieri comunali di Forza Italia (Boscarino, Barbagallo, Di Mauro e Messina) con la medesima leggiadria e benevolenza affermando che avere Granata “come responsabile dei beni culturali per 5 anni (5?) sarà, per usare il suo linguaggio squadrista-intimidatorio, come avere Goebbels a difesa di una comunità di ebrei”.
Ah, è poi c’è l’assessore Tusa e pure, a ben guardare c’è anche il Presidente Musumeci che sembra non facciano nulla. Ma dalla Regione piomberanno a sorpresa degli Ispettori. Forse, trattandosi di area lambita dal mare, anche un Nostromo e un Contrammiraglio.