La partita più importante per il futuro dell’Italia si gioca in Europa. L’accordo sul Recovery Plan è solo il primo passo di una scalata infinita. E i soldi – “semmai dovessero arrivare”, precisa Raffaele Stancanelli – saranno manna dal cielo. La Sicilia, che sarà beneficiaria di una ventina di miliardi, ha già bruciato la prima occasione: cioè quella di presentare una proposta adeguata. Almeno secondo Palazzo Chigi, che ha fatto tabula rasa delle opere faraoniche immaginate dal governo Musumeci: non solo il Ponte sullo Stretto, ma anche l’aeroporto internazionale nel Messinese o il porto hub di Marsala. Esclusi perché manca una progettazione esecutiva o, nel caso del collegamento stabile con la Calabria, perché l’idea è superata. “Non abbiamo bisogno di progetti a pioggia – spiega Stancanelli, europarlamentare di Fratelli d’Italia – ma di puntare su cinque direttrici: infrastrutture, imprenditoria, scuola, sanità e digitalizzazione. Vale per la Sicilia, come per l’Italia”.
Forse nel Recovery Plan in salsa sicula c’erano anche troppe infrastrutture…
“Ma chi vive in Sicilia sa bene che non c’è solo il Ponte. Necessitiamo di strade e ferrovie. Per spostarsi da una parte all’altra dell’Isola servono tre ore. E alcuni luoghi non sono facili da raggiungere”.
Lei ha parlato anche di sanità. Per quella ci sarebbero i 36 miliardi del Mes.
“Il Mes è un meccanismo che va a favore delle banche tedesche. Non se ne parla. Però la sanità va aiutata: bisogna dare risposte alla pandemia in corso, ma anche all’assistenza extra Covid, che nell’ultima fase è stata un po’ trascurata per la chiusura dei reparti e l’impossibilità di effettuare i ricoveri”.
Cosa occorre alla Sicilia?
“Una progettualità seria. Melius re perpensa (dal latino: valutata meglio la situazione), mi auguro che ci sia modo di riparlarne. Non per soddisfare le esigenze di questo o quel parlamentare. Occorre l’unità dell’azione politica, che in questo caso non necessita di una sterile contrapposizione fra maggioranza e opposizione”.
Crede che la bocciatura del piano, da parte di Palazzo Chigi, denoti una debolezza del governo regionale? O, come avvenuto per la “zona arancione”, sia il frutto di un accanimento politico nei confronti della Sicilia?
“La prego, usciamo dalla logica delle polemiche. La Sicilia non si salva se continuiamo con le lamentele, i piagnistei e i vittimismi. Io penso che un’azione alta, che non faccia riferimento soltanto agli schieramenti, possa essere ben vista sia dall’opinione pubblica siciliana che dal governo centrale”.
Il Recovery Plan, a livello nazionale, è servito ad alzare la posta in palio fra partiti. L’esatto opposto di quello che lei auspica.
“E penso che sia grave. I 209 miliardi, di cui oltre 80 a fondo perduto, che l’Europa mette a disposizione dell’Italia, sono diventati oggetto di contrapposizione, di giochi di potere, di ricerca di poltrone. E’ questo il motivo per cui in Europa ci guardano con diffidenza. E poi mi scusi: perché dovrebbero darci i soldi se siamo l’unica nazione, finora, a non aver presentato dei progetti? L’Italia non ha idea di cosa chiedere…”.
E per questo vuole affidare la ricognizione a una task force di 300 tecnici. E’ corretto, secondo lei?
“Assolutamente no. A cosa servono i ministri, il governo, il parlamento? Siamo in una situazione che denota l’incompetenza e la sconclusionatezza di questa classe dirigente”.
Qualche giorno fa Fratelli d’Italia e la sua leader, Giorgia Meloni, sono scesi in piazza per reclamare le dimissioni di Conte. Non è un rischio in questa fase?
“Non appartengo al partito delle “elezioni domattina”: siamo in un periodo di grave crisi sanitaria, per cui capisco le perplessità di chi le esclude. Ma il governo, nel corso di questa seconda ondata, ha mostrato tutta la sua inefficienza. Ricorda che a marzo la gente applaudiva dai balconi? C’era un clima di solidarietà nazionale perché si pensava di poter combattere il nemico invisibile tutti insieme. Oggi, invece, molti italiani sono disperati. Credono che questa fase della pandemia sia stata utilizzata per scopi politici e non per risolvere i problemi. Oggi il governo è incapace di gestire la situazione sanitaria, ma soprattutto sociale. Il presidente della Repubblica dovrebbe fare una riflessione forte alla luce del disagio crescente della popolazione”.
Torniamo in Sicilia. Salvo Pogliese è stato reintegrato come sindaco di Catania.
“Mentre ai tempi della condanna mi sono personalmente esposto per esprimere la mia solidarietà a Pogliese, oggi – per evitare di dare connotazioni politiche a una sentenza coraggiosa – ho ritenuto di non dover fare dichiarazioni, ma è ovvio che ho accolto la notizia con piacere. In generale, le sentenze dei magistrati vanno sempre rispettate”.
Micciché, qualche settimana fa, ha criticato Musumeci parlando di governo Catania-centrico. Lei, da catanese, crede che il problema esista?
“A me non piacciono le contrapposizioni partitiche, figurarsi quelle territoriali… A volte possono anche esserci degli squilibri, ma non è che il governo va bene o va male se c’è un catanese in meno o un palermitano in più. Piuttosto, funziona se la squadra è affiatata e si muove all’unisono, qualunque sia la provenienza geografica. Potrei dire, ma non la faccio, che ci sono molti dirigenti palermitani… Ma quando sono stato alla Regione ho avuto modo di verificare che ce ne sono molti davvero in gambe, che tengono il punto dell’Amministrazione”.
Secondo lei Musumeci ha peccato maggiormente nell’azione di governo o nel rapporto con gli alleati?
“A me non piace dare pagelle, e non mi interessa farlo. Ma è sotto gli occhi di tutti che esiste una sofferenza. Alcuni episodi accaduti in Assemblea negli ultimi mesi lo dimostrano. Ma ripeto: non spetta a me stabilire se questa sofferenza va attribuita al comportamento del presidente o alla non compattezza della squadra”.
Siccome le Regionali si avvicinano, e Fratelli d’Italia è una componente importante della coalizione di centrodestra, la domanda è: come sceglierete il prossimo candidato alla presidenza?
“Col metodo Confindustria”.
Ci spieghi.
“Prima di scegliere il proprio presidente, gli industriali interpellano le associazioni di categoria attraverso un comitato di saggi. Una classe dirigente che si rispetti, farebbe lo stesso. Iniziando le consultazioni non solo coi partiti politici, ma anche con le associazioni, le forze sociali, quelle del terzo settore, e i sindaci e gli amministratori del centrodestra, allo scopo di trovare la figura che possa rappresentare meglio le sfumature di questo universo. Che oggi è composito: ci sono i riformisti, i conservatori, i centristi, i leghisti… Bisogna trovare una sintesi attorno alla persona che sia in grado di rappresentare questi valori e che sia concordemente ritenuto affidabile negli impegni, oltre che capace”.
Quando cominciano le consultazioni?
“E’ presto. Adesso Musumeci e il suo governo vanno fatti lavorare in tranquillità. Se ne riparla nel 2022”.