La Corte Suprema di Cassazione ha confermato l’assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino nel processo sulla trattativa Stato-mafia. I supremi giudici della Sesta sezione penale hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai pm di Palermo contro il proscioglimento di Mannino emesso dalla Corte di Appello il 22 luglio 2019. L’ex ministro era accusato di minaccia a Corpo politico dello Stato.

Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione i giudici di secondo grado scrivevano che “non è stato affatto dimostrato che Mannino” fosse “finito anch’egli nel mirino della mafia a causa di sue presunte ed indimostrate promesse non mantenute (addirittura, quella del buon esito del primo Maxiprocesso) ma, anzi, al contrario, è piuttosto emerso dalla sua sentenza assolutoria che costui fosse una vittima designata della mafia, proprio a causa della sua specifica azione di contrasto a Cosa nostra quale esponente del governo del 1991, in cui era rientrato dal mese di febbraio di quello stesso anno”. I giudici di secondo grado sottolineavano inoltre come “la tesi della procura” fosse “non solo infondata, ma anche totalmente illogica ed incongruente con la ricostruzione complessiva dei fatti”. Anche in primo grado l’ex politico democristiano era stato assolto.

Finisce oggi, per l’ex esponente della Democrazia Cristiana, un calvario giudiziario durato quasi 30 anni. “La corte di Cassazione ha posto termine alle esercitazioni di fantasia che l’ossessione persecutoria di alcuni pm ha messo su carta sin dal 1991 in diversi processi nei quali sono stato sempre assolto – ha commentato Mannino dopo il pronunciamento dei giudici – Per me è stata una via crucis lunga trent’anni ma per fortuna esistono magistrati liberi”.