Piano rifiuti per la Sicilia da bocciare: è questo il parere del deputato del Movimento Cinque Stelle, Giampiero Trizzino e del deputato e segretario regionale del PD Sicilia, Anthony Barbagallo, sul documento del Governo Musumeci arrivato in commissione Ambiente all’Assemblea regionale siciliana.
“Il Piano fornisce un quadro generale della situazione impiantistica, senza mai individuare concretamente – afferma Trizzino – quali siano gli impianti necessari da realizzare tenuto conto del reale fabbisogno. L’attuale situazione emergenziale, quindi, non può essere superata per mezzo di un piano che, paradossalmente, non contiene alcuna pianificazione impiantistica e che – prosegue -demanda tutte le decisioni alle autorità d’ambito, delle quali, peraltro, non si sa nemmeno quali e quante saranno. Il Piano, inoltre, è già superato, posto che – aggiunge – il quadro temporale di riferimento in esso contenuto è il triennio 2019-2021. Se è vero, poi, come afferma l’assessore Pierobon, che si chiude l’era delle discariche, che rimarranno marginali nelle future scelte dei territori, appare fuorviante quanto contenuto nel Piano, laddove – conclude – viene indicato il 2035 quale orizzonte imprescindibile per realizzare nuovi spazi in discarica”.
No netto anche da parte di Anthony Barbagallo: “E’ un Piano rifiuti che merita una sonora bocciatura. Che non risolve le criticità sollevate dal ministero e palesa evidenti violazioni del Codice dell’ambiente. In particolare, il piano prescinde del tutto dall’ampiezza degli Ambiti, non prevedendo quali impianti di incenerimento o di recupero energetico realizzare, in violazione della lettera b, comma 3 dell’articolo 199. Un piano da bocciare anche perché avrebbe dovuto contenere ‘la tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti’. Questa mancanza, oltre a costituire un grave ‘vulnus’, rappresenta anche una pericolosa linea di credito nei confronti degli speculatori”.
“Nell’analisi dell’impiantistica – insiste il deputato e segretario del PD Sicilia – presente sul territorio, suddivise per province, il Piano si limita alla quantificazione dei flussi in un arco temporale, demando poi ai Piani d’ambito, la specifica individuazione delle tipologie e del numero di impianti necessario: Anche in questo caso – argomenta Barbagallo – siamo in presenza di una violazione del Codice dell’ambiente che chiarisce che è l’Ambito regionale a stabilire i criteri circa le tipologie e le quantità necessarie a garantire l’autosufficienza dell’Ambito e solo dopo l’Autorità che governa l’Ambito stabilirà quali e quanti impianti realizzare. E’ grave, ancora, la circostanza che – conclude Barbagallo – non venga garantito il rispetto del principio europeo “della prossimità”.