La maggioranza farà quadrato attorno a Ruggero Razza. Aprire una crisi nel bel mezzo di una pandemia, non sarebbe saggio. Ma l’atto di accusa delle opposizioni, rivolto all’assessore alla Salute e anche al governo, è un assist – urgono ringraziamenti – a buona parte della coalizione di centrodestra. Che in cambio di questa prova di fiducia incondizionata (non tutti concordano con l’operato dell’assessorato, e soprattutto con la sua scelta di non far toccare parla agli alleati quando si parla di sanità) passerà all’incasso con Musumeci. E’ un modo per dire: caro Nello, Razza lo salviamo, ma tu smettila con questa forma di “bullismo”. Il bullismo delle scelte, va da sé: dove Musumeci, erigendosi a socio unico di un’amministrazione (in)controllata, fin qui ha deciso di negare rimpasti e rimpastini, di governo e di sottogoverno. Solo per il gusto di poter dire che l’ultima parola spetta al presidente.
Sarà anche vero, ma Musumeci a palazzo d’Orleans non è arrivato da solo o per virtù divine. La spinta di alcuni partiti – Forza Italia in particolare – oggi assume una lettura diversa, soprattutto in funzione dei numeri: la presenza di 13/14 parlamentari azzurri in parlamento regionale, suona come un avviso forte e chiaro ai naviganti. ‘O fai quello che diciamo, o la storia si complica’, è il messaggio. Senza toni minacciosi, ma abbastanza decisi da comportare una reazione. E anche i centristi, molto tiepidi rispetto all’operato di Musumeci – tutti, da Romano a Pullara, hanno espresso giudizi non proprio lusinghieri – si atterranno al copione: ma si aspettano, e in parte è già avvenuto con la compilazione del Recovery Plan per la Sicilia, che la loro voce si riportata al “centro” del dibattito politico. Legittimata al pari delle altre, perché espressione di quell’area non sono soltanto cinque deputati, bensì tre diversi partiti e un paio di ex governatori (anche se Cuffaro, al momento, è piuttosto defilato).
Musumeci dovrà curare il malessere di altri due partiti della coalizione: Fratelli d’Italia e Lega. Quello di Salvini è stato scontentato due volte: sia nella scelta della delega assessoriale (Candiani aveva battuto per l’Agricoltura, e s’è ritrovato i Beni culturali) che per quella di non federarsi. Un progetto, fra l’altro, di Ruggero Razza, su cui Musumeci ha deciso convintamente e sommessamente di declinare. Dicono i bene informati che questa storia della mozione avrà qualche strascico nel rapporto fra il governatore e il suo braccio destro. La fiducia “convinta e incondizionata” di qualche giorno fa, resta una fiducia semplice, ma scontata. Da questo momento andranno ricercati tutti gli equilibri. E se Musumeci dovrà sottostare al gioco delle parti e dei partiti, la “colpa” è anche di chi l’ha messo in queste condizioni: cioè il fido Ruggero.
Il presidente della Regione dovrà smetterla di pensare ad Ambelia e ai catanesi. Dovrà concedere un pezzo della ribalta a chi – nonostante tutto e nonostante Razza – gli sarà rimasto a fianco al termine di questa giornata campale. Un passaggio cruciale di una legislatura monca, che il centrodestra ha dovuto (in parte) affrontare con l’acqua alla gola: a causa delle ristrettezze di cassa prima, e del maledetto virus poi. Senza un colpo di genio capace di affrancare l’esperienza di Musumeci da quella di Crocetta. Qualche pupiata (e assessore) in meno sarà servita a “calmierare” le istituzioni, ma non è bastata a dare slancio all’azione di governo. Il gioco del rimpattino non va più bene, l’emulazione di Armao neppure. Bisognerà sgretolare quel muro di vanagloria che fin qui ha tenuto le anime del governo separate da compartimenti stagni. La mozione nei confronti di Ruggero Razza – guarda il caso! – è l’ultima ciambella di salvataggio per resistere a quasi tre anni di intemperie.