Quattro grandi sfide. Ma la più grande di tutte è ad Agrigento: 51 mila elettori – al netto degli astenuti – sceglieranno il prossimo sindaco della città e indirizzeranno, ove possibile, le sorti di un pezzo della politica siciliana. Senza alcun appoggio da parte del Movimento 5 Stelle, che ha lasciato libertà di coscienza, il Partito Democratico prova a spingere Lillo Firetto verso la seconda legislatura. Nella coalizione del primo cittadino uscente, però, ci sono anche alcuni, nutriti gruppi di centrodestra: dall’Udc a pezzi di Forza Italia, che hanno voltato le spalle al partito e al suo referente territoriale, il deputato regionale Gallo Afflitto. I forzisti “ufficiali”, dopo qualche tentennamento, si sono schierati invece con Franco Miccichè, straordinario protagonista al primo turno. L’ex assessore di Firetto, appoggiato da cinque liste civiche, ma soprattutto dagli ex autonomisti di Raffaele Lombardo e Roberto Di Mauro (attuale vicepresidente all’Ars), è andato a un passo dall’impresa: il medico, infatti, si è fermato a tre punticini dall’elezione diretta, garantita dal 40% delle preferenze. Dovrà accontentarsi di affrontare il ballottaggio, oggi e domani, da favorito: potrà contare anche sull’appoggio di Lega, Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima, il movimento di Nello Musumeci.

Proprio da parte di Musumeci è arrivato, in settimana, l’endorsement più atteso: “In Franco Miccichè ho colto competenza, umiltà e una visione progettuale essenziale che lascia bene sperare”, ha detto il presidente della Regione, dopo aver sostenuto in prima battuta la corsa di Marco Zambuto. “Mi fa piacere – ha continuato Musumeci – che le forze politiche del centrodestra, che sostengono anche il mio governo, abbiano deciso di unirsi attorno al suo nome”. Musumeci ha persino indicato un assessore: il giovane disabile Gianni Tuttolomondo. L’Udc ha preso malissimo la discesa in campo del governatore, così come Carmelo Pullara, capogruppo all’Ars dei Popolari e Autonomisti, schierato da tempo al fianco di Firetto. Che – se fa testo l’aritmetica – ha poche chance di riconferma. In questo turno di Amministrative, solo a Barcellona Pozzo di Gotto il centrodestra si era presentato al gran completo, e il risultato a favore del candidato sindaco Pinuccio Calabrò è stato schiacciante.

L’asse Pd-grillini, che si è rivelato vincente a Termini con l’elezione di Maria Terranova, non regge a Carini, in provincia di Palermo. Dove, addirittura, il candidato pentastellato Ambrogio Conigliaro (poco più del 4% due settimane fa) ha accettato “a titolo personale” (dice lui) un incarico da assessore nella giunta di Totò Sgroi, impiegato di banca e candidato del centrodestra. Il Movimento 5 Stelle si è subito sganciato dalle logiche di Conigliaro, e piuttosto ha segnalato il caso al Collegio dei Probiviri. Sarà espulsione? Ma in ogni caso Giovì Monteleone, sindaco uscente della città, 37,5% al primo turno, correrà in solitaria. O quasi. L’unico apparentamento “tecnico” è quello con la lista “Lavoro per Carini”, che al primo turno aveva superato lo sbarramento. Pur appoggiando il terzo incomodo: Gianfranco Lo Piccolo. Il quale, a sua volta, ha ceduto alla corte di Sgroi: in caso di elezione sarà il suo vice. Lo sfidante di Monteleone, che già puntava su Forza Italia, Udc e Fratelli d’Italia, negli ultimi giorni ha ricevuto il sostegno di Lega e Diventerà Bellissima. Anche qui lo squadrone si riunisce. Giocherà un ruolo determinante il dato dell’affluenza: al primo turno si sono recati alle urne solo il 46,58% degli aventi diritto, un dato che potrà scendere ancora.

Più difficile da decifrare la sfida di Augusta, terzo comune al voto per popolazione. Dove il Partito Democratico ha rotto gli indugi e scelto di sostenere la corsa del decano Pippo Gulino, 68 anni, già sindaco della città negli anni ’90 e fino al 2002. La sua cavalcata (31% al primo turno) è stata rallentata dal Covid, che negli ultimi giorni l’ha costretto in ospedale. Ma i suoi collaboratori hanno lavorato sottotraccia, chiudendo l’apparentamento tecnico con le due liste che al primo turno sostenevano il terzo classificato, Massimo Carrubba (centrosinistra). Pertanto, Gulino può già contare, alla vigilia del ballottaggio, sulla maggioranza dei consiglieri. Per il resto, si vedrà. Il rivale di giornata, che in queste settimane ha rifiutato “stampelle” varie, si chiama Pippo Di Mare. Il 4 ottobre si è fermato a 800 preferenze da Gulino. Sente aria di remuntada. Va avanti con le quattro liste civiche e alcune amicizie molto influenti. Tra cui l’ex assessore regionale Fabio Granata (che guida la Cultura a Siracusa) e il sindaco di Avola, Luca Cannata (in quota Fratelli d’Italia). Ma giura che con la sua battaglia i partiti non c’entrano nulla. Non dà indicazioni di voto, e rimugina sugli errori del passato, la sindaca uscente Cettina Di Pietro, del M5s, arrivata addirittura quarta. Così come Massimo Casertano, ultimissimo, che non ha messo a frutto il lavoro (disorganico) di Lega e Diventerà Bellissima, al primo tentativo di “federazione”.

In provincia di Siracusa si vota pure a Floridia, dove al primo turno hanno partecipato, addirittura, sette aspiranti sindaci. Si sono qualificati per il ballottaggio Marco Carianni (26% al primo turno), giovane 23enne che è stato assessore nella giunta di Pino Limoli; e Salvatore Burgio (18%), che vanta un solo simbolo di partito a fianco a sé. E’ quello di Ora Sicilia, il movimento di Luigi Genovese e dell’ex deputato regionale, assai noto nel Siracusano, Pippo Gennuso. Piccola curiosità: la lista, al primo turno, ha preso appena 48 voti e non ha eletto alcun rappresentante. Burgio, però, si è assicurato il sostegno dell’assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera. E ha già detto di rinunciare alla propria indennità di carica. La politica a costo zero ha sempre un certo fascino. Resta fuori dai giochi il Partito Democratico, che aveva sfiorato il ballottaggio con Claudia Faraci, finita a 70 voti da Burgio. Si tiene con le mani libere anche Fratelli d’Italia, che aveva terminato la propria corsa a un’incollatura dal Pd.