E’ stato l’ultimo a parlare, e a raccogliere i cocci di una sconfitta annunciata. Ma Stefano Candiani, segretario regionale della Lega, non ha alcuna voglia di dimettersi: “Il mio compito non è sostituire i siciliani alla guida della Lega – ha detto, intervistato da La Sicilia – ma di completare l’organizzazione regionale, impedendo agli arrampicatori di arrivare troppo in alto e facendo i congressi locali, provinciali e regionali. Poi me ne andrò”. Durissima, invece, la replica all’eurodeputata Francesca Donato, che gli aveva chiesto un passo indietro: “Non è la prima volta che mi capita una persona che, subito dopo aver invocato e ottenuto un miracolo su di sé, comincia a bestemmiare in chiesa”. Candiani è conscio che il risultato delle Amministrative, per il Carroccio, “non è totalmente inaspettato” e di per sé povero, ma “se si cresce in modo disordinato capita anche questo”. Il segretario mostra apertura per le idee di tutti, a partire da Minardo che ha chiesto un maggiore radicamento, da ottenere con le federazioni: “Il patto con Musumeci e gli autonomisti volevo chiuderlo prima delle Comunali, se non s’è fatto non è colpa mia”.
E qui cominciano le critiche al governatore dell’Isola: “Dovrebbe essere nel suo interesse riflettere sulla proposta che gli è stata fatta, il 2022 è vicino. Io con lui sono sempre stato leale. Se poi quando io esco dalla sua stanza lui mi volta le spalle, sono fatti suoi”. Candiani si sofferma sul patto con Diventerà Bellissima, che il presidente della Regione non ha avuto alcun interesse – finora – a concretizzare: “Da parte sua ci sono state troppe esitazioni. Magari il suo sentimento non è così genuino. Ne prendo atto…”. Ma la critica ha fondamenta più solide: “Alla Regione c’è un blocco, un tappo. E Musumeci non è riuscito a toglierlo”. Altro che assicurazioni sul futuro…