La festa di un libro coincide con la riscoperta del piacere di incontrarsi dal vivo. È questa la chiave di lettura per il debutto de “I racconti del balcone. Diario della quarantena in Sicilia”. Ieri nei Giardini di Palazzo Reale, riaperti al pubblico dal 12 giugno, la presentazione in anteprima del libro, organizzata dalla Fondazione Federico II in collaborazione con Repubblica, seguendo tutte le norme anti-contagio, dopo la lunga quarantena.
“La Fondazione Federico II riparte, dopo il lock down, con un importante appuntamento culturale. L’emergenza della pandemia – dice il direttore generale della Fondazione Federico II Patrizia Monterosso – ha determinato una contemporaneità diversa con una dimensione di intimità cui non eravamo abituati. Il libro descrive, appieno, la lettura del momento che stiamo vivendo. Il racconto di una pandemia, interpretata, vissuta e scritta dagli scrittori siciliani offre a tutti noi il dono più prezioso: il tempo. Un tempo recuperato che è quello della scrittura. Parole e inchiostro per sperare in un mondo diverso”.
In collaborazione con Leima, il volume, che sarà distribuito in omaggio con il giornale sabato 25 luglio, allinea una bella fetta delle firme di “Repubblica”, molte delle quali sono scrittori di fama. Autori come Emanuela Abbadessa, Stefania Auci, Gian Mauro Costa, Silvana Grasso, Gery Palazzotto, Santo Piazzese, Giacomo Pilati, Lina Prosa, Nadia Terranova, Guido Valdini e Nino Vetri. Il libro, con la prefazione del direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari, narra dei giorni della quarantena, raccontati da una particolare prospettiva: dietro la ringhiera di un balcone.
“Ma cosa vede uno scrittore abituato a creare mille mondi, a immaginare universi paralleli, fuori da quel balcone diventato il ponte di collegamento tra l’isolamento in casa e l’esterno? Io ho visto la cura da donare alle cose considerate futili e che invece meritano più attenzione – spiega Santo Piazzese – come contare i platani durante una passeggiata in via Libertà, di ritorno dal quotidiano blitz per l’acquisto del giornale”. Un lavoro fatto con le parole e per le parole. Una riflessione condivisa appieno dal vicedirettore di Repubblica Carlo Bonini. “Il tempo che stiamo vivendo non è una ripartenza ma la prosecuzione di un viaggio che comprende anche questo periodo delicato che abbiamo vissuto sta a noi farne buon uso. Credo che la bellezza di questo libro sia il tentativo di dare voce a quel periodo, non per riguardare a quello che è stato ma per portare l’insegnamento di quel periodo nel futuro. Noi lavoriamo con le parole. Raccontare è il mestiere che facciamo e mettere insieme questo tipo di racconto è la cosa più autentica che potevamo fare”.
E forse l’importanza della presenza di un giornale sul territorio è quella di osservare con occhi autentici la realtà che ci circonda per restituirla agli altri. Nel ringraziare il Presidente della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè e il direttore generale, Patrizia Monterosso il capo della redazione di Palermo, Enrico del Mercato ha spiegato come sia nata l’idea dell’iniziativa editoriale. “Tutto è nato parlandone con uno degli autori – ha sottolineato. Il lavoro di redazione si costruisce sullo scambio di idee, così mentre raccontavamo storie, come quella del bergamasco che va in coma e si risveglia a Palermo, mentre raccontavano la tenacia dei medici, abbiamo pensato che fosse necessario incasellare quel momento, abbiamo chiesto agli scrittori di raccontarci il mondo che vedevano fuori dal loro balcone, nella speranza che questi racconti possano servire a capire cosa ci ha lasciato dentro questo periodo. Ecco, il senso di questo libro è lasciare nello scaffale di casa di ognuno di noi l’insegnamento di questa pandemia”.
Per Stefania Auci invece la cassata siciliana perduta perché non condivisa con parenti e amici è diventata il canto della mancanza. “Ho pensato alla Pasqua lontana dalla mia famiglia e poi ho pensato ai miei ragazzi: lavoro in un istituto alberghiero e vedo come si prepara la cassata, è stato un modo per raccontare quello di cui abbiamo preso coscienza, non possiamo vivere come singoli mondi. Noi siamo parte di qualcosa, non c’è nulla che possa sostituire la condivisione e la vicinanza fisica tra le persone. E questo sentimento dobbiamo trasmetterlo con le parole che restano sulla carta”.