I primi soldi della Finanziaria potrebbero arrivare entro la fine dell’estate: lo ha detto l’assessore al Bilancio Gaetano Armao. Ma quella che viene spacciata come una buona notizia, rischia di tramutarsi nell’ennesima fregatura per chi da un paio di mesi vive di speranza. La speranza che i fondi presenti nella manovra e appostati per contrastare le conseguenze nefaste del Covid (da un punto di vista economico), possano finalmente andare a famiglie e lavoratori. E invece niente. L’unico documento redatto dalla giunta di governo, dal 2 maggio scorso (giorno in cui venne approvata la Legge di Stabilità), è una delibera che riprogramma alcune risorse comunitarie. Un documento che, stando a Luigi Sunseri, deputato dei Cinque Stelle e membro della commissione Bilancio, non è ancora ufficiale: “C’è soltanto una proposta di delibera – avverte il grillino – che è giunta in commissione, a cui verrà dato un parere entro la fine della prossima settimana. Inoltre, in questa prima tranche, non c’è un solo euro di fondi Poc. Sono tutti soldi del Fesr, il fondo europeo di sviluppo regionale”.
Per alimentare le misure anti-Covid, la Regione dovrà riprogrammare alcune risorse extraregionali, “svuotando” i vecchi piani di spesa. La parte più cospicua è rappresentata dai fondi Poc, il piano operativo complementare. Il Ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, attende che palazzo d’Orleans sveli le sue carte: solo in seguito all’autorizzazione del Cipe, Palermo potrà liberare le risorse.
Onorevole Sunseri, davvero arriveremo a fine estate?
“Sono trascorsi più di due mesi dall’approvazione della Finanziaria e, dei soldi promessi dal governo regionale, ai siciliani non è arrivato un solo centesimo. La riprogrammazione che prevedeva 1,4 miliardi di fondi Poc ad oggi non esiste. Per cui siamo già molto in ritardo. Se davvero l’assessore si augura di sbloccare la spesa entro la fine dell’estate, allora vuol dire che questa Finanziaria non era così emergenziale come l’avevano dipinta. Durante l’esercizio di Bilancio, l’avevano fatta apparire come la manovra più importante di sempre. E invece sono già passati 62 giorni”.
Tra riprogrammazione di fondi comunitari e fondi Poc, c’è il rischio che Roma e Bruxelles si mettano di traverso?
“I problemi potrebbero nascere perché questi non sono soldi del bilancio regionale, che la Regione può permettersi di riprogrammare a suo piacimento. E’ evidente che da parte dello Stato e di Bruxelles ci sia stata una grossa apertura, anche se i fondi che verranno rimodulati – originariamente – erano destinati agli investimenti e allo sviluppo dell’Isola. Ora li si vuole destinare alla spesa corrente”.
Armao ha pure detto che i primi 400 milioni potrebbero diventare 600 nel giro di poco tempo.
“Ecco: io gli ricordo che la Finanziaria vale 1,4 miliardi. Come si spiega che il capo di gabinetto di Musumeci e altri dirigenti stiano girando tutti i dipartimenti dal novembre dell’anno scorso e, dopo una ricognizione così lunga, abbiano elaborato una riprogrammazione per soli 400 milioni e senza un euro di fondi Poc? Cioè quei soldi che erano stati tanto decantati dal governo?”.
La cosa drammatica è che, ancora una volta, rimangono “nudi” i capitoli destinati alle infrastrutture. E tutto ciò mentre la Regione, a gran voce, chiede al governo nazionale di rispettare la quota del 34% per gli investimenti destinati al Mezzogiorno. Un atteggiamento contraddittorio, non trova?
“Credo che da parte dello Stato, soprattutto negli ultimi tempi, ci sia una forte attenzione nei confronti delle infrastrutture siciliane: la Ragusa-Catania è stata finanziata ufficialmente. Poi ci sono il viadotto Himera, la Palermo-Agrigento, la Agrigento-Caltanissetta: anche Anas sta facendo importanti investimenti. Era ora… Il gap è di alcuni decenni e recuperarlo non è semplice. Al contrario, non appena si parla di aree di crisi complessa o infrastrutture non realizzate per carenza di progettazione, il governo vede salvadanai da cui poter attingere somme e destinarle altrove. Non è così funziona”.
Voi siete stati molto duri sul trattamento riservato a Gela e Termini Imerese. Dall’ultima riprogrammazione del Piano per il Sud, sono stati “stornati” 140 milioni. In parte, avrebbero garantito la riqualificazione dei due poli industriali.
“Non si possono depredare interi capitoli, come il dissesto idrogeologico o le infrastrutture, per garantire le coperture del bilancio regionale (in virtù dell’accordo di finanza pubblica) o per dare soldi a città metropolitane e liberi consorzi. Questo vuol dire impedire lo sviluppo, togliere a chi è già morto. Stiamo parlando di due aree poverissime, che più di tutte hanno sofferto l’abbandono delle grandi industrie. E tu che fai? Gli scippi 17 milioni per finanziare altri progetti? Abbiamo già presentato un ricorso al Tar per la precedente programmazione; abbiamo fatto mozioni e ordini del giorno per dire che non si può continuare a utilizzare le aree di Termini Imerese e Gela come bancomat. Io credo ci sia un accanimento da parte del governo Musumeci-Turano: non appena vedono le briciole, ci si fiondano… E spero non ci sia sotto qualche motivazione extra”.
Gela è stata la terra di Crocetta e Lumia.
“Ecco, io non voglio pensarlo”.
La Regione pontifica sui soldi altrui, ma non ha ancora trovato il modo di razionalizzare la spesa e tagliare gli sprechi. Come va il tour delle partecipate?
“L’altro giorno ho incontrato il presidente di MAAS S.C.p.A. (Mercati Agro-Alimentari Sicilia) e il presidente del Parco Scientifico e Tecnologico. La grande bolla economico-finanziaria risiede all’interno delle società e degli enti che compongono il bilancio consolidato della Regione. Ed è su quello che va fatta una forte opera di razionalizzazione della spesa e di miglioramento delle performance. Ad oggi, molti di essi sono dei carrozzoni succhiasoldi”.
Eppure alla fine dell’anno scorso la giunta, con una delibera, si impegnava a ridurre la spesa corrente delle partecipate e a chiudere le liquidazioni entro il 2020. Che fine hanno fatto quelle promesse?
“Roma aveva concesso di spalmare in dieci anni il disavanzo monstre rilevato dalla Corte dei Conti, ponendo però alcuni vincoli: uno di essa era, per l’appunto, il piano di razionalizzazione della spesa delle società partecipate. Se non si andrà in fondo, bisognerà restituire i soldi in tre anni anziché in dieci. Il mio lavoro, in parallelo – mi auguro – a quello del governo regionale, vuole appurare quali società vanno messe in liquidazione, quali vanno accorpate, se ci sono falle. Ma ad oggi nulla è stato fatto: non c’è un’azione da parte del governo che vada in quella direzione. So che l’assessore Armao sta facendo degli incontri, ma di concreto, a sei mesi dal “buco” rilevato dai magistrati contabili, non c’è nulla. Dei quasi 160 enti che fanno parte del consolidato della Regione, solo 45 nel 2019 hanno presentato i bilanci. Riformare queste società è l’unico modo per sanare i conti”.
La Corte dei Conti, come lo scorso anno, ha rinviato all’autunno il giudizio di parifica. E’ un segnale negativo?
“Mi auguro che non venga rilevato un altro disavanzo: sarebbe davvero troppo per la Sicilia. E’ evidente che lo slittamento dell’anno scorso, unito al ritardo nell’approvazione della manovra e all’emergenza Covid, abbia influito sulle tempistiche. Ma io credo che sulla regolarità del bilancio della Regione, prima o poi, serva un’operazione verità. Ci sono troppe falle comunicative nell’individuazione delle poste reali. Un giorno bisognerà chiarire quali somme non devono più starci, quali andrebbero tagliate, quali sprechi occorre azzerare. Io credo che un governo sano debba mettere in agenda delle riforme coraggiose, che però andrebbero fatte all’inizio del mandato, per dare alla legislatura uno slancio diverso. Oggi passa il messaggio – purtroppo veritiero – che la Regione sia un carrozzone inefficiente e mangiasoldi”.
Mercoledì scorso Micciché vi ha ripresi per aver abbandonato l’aula prima che il presidente Musumeci iniziasse la sua relazione di metà mandato. Perché ve ne siete andati?
“Micciché dovrebbe imparare a fare il presidente dell’Assemblea e non a bacchettare o esprimere giudizi e pareri sulle azioni di un gruppo parlamentare piuttosto che un altro. L’abbandono dell’aula è stato ampiamente motivato dal fatto che il presidente della Regione avrebbe dovuto inviare la relazione ai deputati cinque giorni prima. E’ previsto dal regolamento e lui, con la scusa che sarebbe andato a braccio, non l’ha fatto. Quando poi abbiamo visto tutti che ha letto… Doveva farci arrivare quella relazione in anticipo, anche il giorno stesso se necessario. In questo modo, invece, potremo rispondere alle sue affermazioni, a tratti anche false, solo a una settimana di distanza, quando il clima si sarà smorzato e lui avrà avuto la sua bella pagina di giornale che racconta di quanto è stato bravo”.
Adesso cosa farà il Movimento 5 Stelle?
“Ci leggeremo il riassunto stenografico dell’assemblea e la prossima settimana smonteremo pezzo per pezzo quello che ha detto il presidente della Regione, che forse vive in un mondo dei sogni, scollegato dalla realtà”.
Avete preannunciato anche una mozione di sfiducia nei suoi confronti.
“Non solo l’abbiamo annunciata attraverso il nostro capogruppo, ma l’abbiamo scritta e la depositeremo nei prossimi giorni”.