Mentre la Regione pompa denaro nelle casse di Airgest, la società partecipata che gestisce lo scalo di Trapani-Birgi, ripianando costantemente il “passivo”, Comiso resta a secco e, attraverso una manifestazione d’interesse non vincolante, con scadenza 10 luglio, offre ai possibili acquirenti la gestione dello scalo intitolato a Pio La Torre. Una sorta di contratto d’affitto temporaneo.

Sono giorni frenetici per i due aeroporti. Separati dalla geografia – si trovano ai lembi opposti dell’Isola – ma uniti nel destino incerto. Che condiziona i vettori aerei e fa dormire sonni poco tranquilli a territori e (potenziali) passeggeri. A proposito di passeggeri: il crollo repentino dello scalo trapanese è sotto gli occhi di tutti. Nel mese di maggio a Birgi ne sono transitati poco più di 37mila (dati Assaeroporti), con un calo del 49% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Non si può dire lo stesso di Comiso che – nonostante l’attuale imbarazzo – ha fatto segnare 41mila passeggeri, +24% rispetto a dodici mesi fa.

La storia dello scalo comisano è del tutto particolare. Inaugurato nel 2008 dal Ministro D’Alema, cambia nome due volte per dispute politiche (da La Torre a Magliocco, e poi ancora a La Torre) e apre al pubblico soltanto nel maggio 2013. Poi va avanti con alterne fortune. A parte i giochetti di Ryanair, l’unica compagnia che ha dimostrato sin dall’inizio di credere nella strategia di sviluppo della terra di Montalbano – ma il cui contratto scade il prossimo 31 ottobre – nessun altro (esclusa una breve parentesi Alitalia su Linate) si affaccia nel Ragusano per aprire nuove rotte. E tutti i bandi vanno deserti.

C’è dell’altro: della società di gestione del “Pio La Torre” – la SO.A.CO. – fanno parte per il 65% Intersac (la società di cui è azionista anche la Sac di Catania, gestore di Fontanarossa) e per il 35% il comune di Comiso. Ora che Intersac è in liquidazione – i bene informati dicono che passeranno da 8 a 12 mesi per completare l’iter – un ente pubblico come il Comune, per effetto della Legge Madia, non può immettere liquidità in una società con almeno tre bilanci in perdita. Ergo, si va avanti con gli spiccioli rimasti, utili a pagare gli stipendi al personale e incentivare i vettori.

Il presidente di Enac, Vito Riggio, qualche giorno fa a Palermo ha allargato le braccia: “Se la Regione non ci mette i soldi, l’aeroporto chiude. E sarebbe un peccato perché fa buoni numeri e riesce a sopperire alla cronica mancanza di un’autostrada”. Ma di questo passo il destino di Comiso appare segnato: in uno scalo che, annualmente, conta su un lotto di 500mila passeggeri, è pressoché impossibile pareggiare costi e ricavi. Per cui SO.A.CO. è costantemente in perdita (sarebbe strano il contrario). E se da un lato Ryanair continua a tagliuzzare le rotte (anche Malpensa verrà ridotta), dall’altro la società di gestione ha pubblicato sul proprio sito una manifestazione d’interesse – un atto propedeutico a un bando vero e proprio – per sondare il mercato e capire se qualche privato è disponibile a rilevare il ramo d’azienda. La cosa, emersa soltanto in questi giorni, ha turbato il nuovo sindaco della città casmenea, Maria Rita Schembari, che ha chiesto al suo predecessore Filippo Spataro (PD) “una relazione dettagliata sulla situazione attuale e sulle scelte compiute da SO.A.CO. negli ultimi giorni del suo mandato”.

L’alternativa (aleatoria) è attendere che Intersac venga liquidata e subentri una nuova società al suo posto. Tempi biblici, viste le ristrettezze attuali. E Comiso quasi sicuramente non potrebbe farcela. Non bastano in questo senso i soldi promessi dalla Regione Sicilia per l’incentivazione dei flussi turistici relativi agli anni 2018 e 2019, perché il problema sta altrove.

Questi soldi, in realtà, sono piovuti anche su Trapani-Birgi, che di recente ha ricevuto un finanziamento extra di 4,7 milioni di euro, grazie a un decreto di ripartizione di alcune somme stanziate dall’assessorato regionale al Turismo per il 2020. Il provvedimento, che va a sommarsi ad altri “dindini” preziosi, per un totale di 17 milioni, serviranno a rilanciare uno scalo che fino a pochi mesi fa sembrava con l’acqua alla gola. In realtà il pericolo non è scampato del tutto: Airgest è una di quelle partecipate (alias carrozzoni) in dote alla Regione che ogni anno accumula perdite su perdite. Il suo patrimonio, stando ai dati più recenti, registra un passivo di 1,2 milioni di euro. E a fine marzo la spa ha chiesto alla Regione di intervenire con un bel bonifico da nove milioni per salvare capra e cavoli. “Sia per la copertura delle perdite, per il quale è previsto l’apposito fondo perdite partecipate, sia per la ricostituzione del capitale fino al livello richiesto dall’autorità di vigilanza aeronautica” si leggeva nella nota del gestore.

La Regione, che detiene il 99,93% della partecipata (anche a seguito dell’abbandono, lo scorso anno, dei soci privati) non potrà esimersi e dovrà rimpolpare le casse per andare avanti. Nelle more, il presidente di Airgest Paolo Angius ha riformulato il bando – che in precedenza il Tar aveva impugnato – per la programmazione futura dell’aeroporto “Vincenzo Florio”. E gli ultimi aiutini regionali si legano a questo scopo: tornare a incentivare le compagnie aeree e fare in modo che Trapani, di cui qualche tempo fa si paventava la chiusura o, al massimo, la fusione con Punta Raisi, torni a spendere di luce propria. “Il bando – ha spiegato infatti Mimmo Turano, assessore regionale alle Attività Produttive – è un passaggio fondamentale che però non esaurisce l’impegno del presidente Musumeci e di tutta la giunta per garantire una piena operatività dello scalo”.

In questo percorso a ostacoli sta dando una bella mano anche Ryanair, che dopo aver chiuso per tutto il 2018 la sua base operativa a Birgi facendo tremare i polsi alle istituzioni, ha scelto di riprogrammare alcune rotte a partire dal mese di ottobre: Bologna e Pisa, sei volte a settimana, e Cagliari, il giovedì e la domenica. Attualmente la compagnia irlandese low cost opera da e per Orio al Serio, Francoforte, Karlsruhe e Praga. Altre nove destinazioni da e per il “Vincenzo Florio” sono Milano Linate e Roma Fiumicino (Alitalia), Torino (Blue Air), Pantelleria (Mistral Air), Malta, Cagliari e Napoli (Aliblue), Amsterdam e Maastricht (Corendom).

Quali prospettive, quindi? Il fatto che si parli di piccoli aeroporti, di per sé, è già una discreta notizia e se qualcuno di questi scali dovesse chiudere non avverrà in silenzio. Il governo Conte, attraverso un intervento del sottosegretario Dell’Orto in commissione Territorio all’Ars, ha fatto sapere di poter contribuire con un tesoretto da 32 milioni di euro per incentivare le rotte aeree su Comiso e Trapani, la cosiddetta “continuità territoriale”. In questo modo nuove compagnie potrebbero puntare sui due scali e – abbastanza ragionevolmente – più rotte vorrebbe dire più passeggeri e più introiti. Musumeci, dall’altro lato, è realista come pochi e individua nel privato, avallando quindi la scelta di SO.A.CO. nel comisano, l’unica ancora di salvezza: “A inizio luglio incontrerò i vertici delle quattro società siciliane che gestiscono gli aeroporti e dirò loro che è arrivato il momento delle privatizzazioni. Non possiamo continuare a sostenere aeroporti in perdita costante per un’assurda competizione fra scali grandi e piccoli”. Il futuro sta arrivando