“Musumeci e Armao sanno solo piangere. Ma non è detto che ci sia sempre qualcuno pronto a commuoversi”. Antonello Cracolici arriva dritto al punto: “Sia sulla Legge di Stabilità che sulle controversie finanziarie con Roma, siamo nel limbo dei “forse” e dei “si dice”. E’ il sintomo di un governo che procede a tentoni”. Ma che, su altri aspetti dell’attività amministrativa, non lesina sconti. Come nel caso dell’ultima riforma approvata, quella sulla sburocratizzazione, che concede al presidente della Regione “poteri commissariali” e di deroga rispetto alle disposizioni vigenti. Il Partito Democratico l’ha intesa come una prova di forza intollerabile, che umilia le prerogative parlamentari. E per questo ha scelto di votare contro. Anche se Cracolici, come il collega Lupo, avevano lavorato alacremente al testo originario: “Eravamo riusciti a fare un lavoro egregio, finché non è intervenuto il governo”, commenta l’ex assessore all’Agricoltura di Crocetta.
Perché l’ha definita una legge liberticida e criminale?
“Perché stabilisce che si può dichiarare lo stato d’emergenza con un atto di giunta, prevede la nomina dei commissari per gli adempimenti consequenziali e consente loro di operare in deroga a qualunque altra legge della Regione. In nome di che cosa opera questa norma, se non dell’arbitrio assoluto? Più liberticida di così…”.
L’emendamento introdotto dal governo, di cui lei parla, sarebbe un modo per rendere più agili le procedure amministrative anche in caso d’emergenza. Come è avvenuto col Covid.
“Se il concetto è essere abili a prescindere, aboliamo le leggi e ognuno fa quello che gli pare. Le leggi e le istituzioni esistono per creare un coordinamento fra il diritto pubblico e l’efficienza amministrativa. Sono i cosiddetti contrappesi democratici. Sennò c’è il rischio che qualcuno un giorno si svegli e decida di costruire un palazzo all’interno della Valle dei Templi”.
Secondo lei è una norma a rischio impugnativa?
“Per Musumeci, o chiunque altro, sarebbe complicato applicare una norma a rischio incostituzionalità. Detto questo, oggi le norme impugnate finiscono alla Corte Costituzionale e ci si vede tra un anno. Il tema è un altro: l’altro giorno, in aula, il governo ha dato i soliti segnali di approssimazione. All’inizio, infatti, aveva cercato di ostacolare il provvedimento perché era di iniziativa parlamentare e portava la firma di Sammartino: ciò costituiva motivo di scontro “territoriale”, essendo Musumeci di Catania come lui. Inoltre, si era opposto alla riduzione dei tempi delle procedure, così come già previste dalla legge n.7/2019. Infine ha cambiato idea su tutto. Ma la cosa grave è un’altra…”.
Quale?
“La possibilità di derogare a tutte le leggi regionali, compresi i vincoli ambientali e paesaggistici: siamo impazziti?”.
Perché operare in deroga su determinate materie, come i rifiuti o i beni culturali, lo ritiene un pericolo?
“In linea astratta, e in nome dell’emergenza, qualunque provvedimento potrà essere autorizzato in deroga a qualsiasi vincolo esistente: la costruzione di una discarica a ridosso di un fiume o di una zona franosa o, come le dicevo, un Palazzo nella valle dei Templi. La mente umana è in grado di partorire le peggiori diavolerie amministrative. Non dimentichiamoci del far west che ha riguardato l’eolico: finché non esisteva una legge che dava alla Regione il compito di definire le aree idonee, ognuno ha fatto quello che ha voluto, cercando di allocare impianti dove gli aggradava di più”.
Però questa legge era anche sua. Senza quell’emendamento aggiuntivo, l’avrebbe votata?
“Io e alcuni colleghi abbiamo dato un contributo importante, soprattutto sull’articolo 1. Ad esempio, disciplinando in maniera innovativa il concetto di silenzio-assenso. Quando le amministrazioni pubbliche non si pronunciano su una richiesta d’autorizzazione, hanno comunque l’obbligo – pena l’omissione di atti d’ufficio – di notificare l’intervento del silenzio-assenso. Deve esserci un provvedimento che, in sostanza, dice: ‘in ragione del silenzio-assenso, l’interessato può operare in applicazione alle richieste, ancorché non supportate da provvedimento concessorio e autorizzativo’. Così verranno ridotti i casi di negligenza”.
Ci sono altre cose che salva di questa legge?
“La digitalizzazione delle istanze; l’utilizzo dell’autocertificazione per l’avvio di un’istruttoria; la dotazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di una struttura di controllo. Sono strumenti di trasparenza. Dopo di che, l’articolo del governo contraddice anche il testo originario: da un lato il sindaco diventa soggetto di coordinamento per sbloccare le opere di interesse comunale; dall’altro, con l’articolo 2-bis, si stabilisce che può essere commissariato a sua volta. Siamo alla schizofrenia amministrativa. Questa legge ha perso il suo baricentro e si muove in maniera contraddittoria”.
Quello del governo, secondo lei, è un comportamento prevaricatore?
“Mi pare evidente che il governo, seguendo una cultura tipicamente di destra, consideri il parlamento un impaccio, uno strumento da provare a bypassare in ogni momento e in ogni occasione. Lo dimostrano tanti episodi: dalla polemica sul voto segreto all’assenza fisica del presidente della Regione a Sala d’Ercole. Inoltre, non è mai successo che un governo nomini un assessore (Samonà, ai Beni culturali) e non lo presenti all’aula. Anche se posso capire l’imbarazzo: probabilmente lo stesso Musumeci si vergogna della sua scelta”.
Il governatore ha dato disponibilità a intervenire in aula il primo luglio.
“Fermi tutti. Musumeci ha un obbligo previsto dal regolamento dell’Ars che stabilisce, a metà mandato, la necessità di relazionare sulla sua attività al parlamento. Il fatto che la gestione dei provvedimenti obbligati venga vissuta come una concessione generosa nei confronti del parlamento, la dice lunga sul clima che si è generato”.
La Sicilia è l’unica Regione che non ha ancora inoltrato al Ministero per il Sud un piano per la riprogrammazione dei fondi comunitari. Qual è, secondo lei, il motivo di tanta lentezza?
“L’ho dichiarato quando abbiamo votato la Finanziaria: questo governo non ha scritto una legge, ma un comunicato stampa. Ha scelto di apparire sui giornali anziché amministrare i processi e risolvere i problemi dei siciliani. Avrebbe dovuto presentare un piano di utilizzo e di rimodulazione dei fondi europei, e non l’ha fatto. Ha sbagliato nell’utilizzo dei fondi Poc. Il risultato è che la stragrande maggioranza delle norme approvate in Finanziaria non hanno copertura. Regna la confusione”.
Strade, treni e aerei. In Sicilia c’è un gap sui trasporti. Come si gestisce?
“Con l’autorevolezza che il governo Musumeci non possiede. Se pensiamo di interloquire con il Paese e con i soggetti come Alitalia, utilizzando un approccio lamentoso e piagnucoloso, non ne verremo fuori. E non saremo in grado di gestire le opportunità che ci si presenteranno di fronte”.
Ci spiega da dove è nato il gesto delle manette in aula?
“Ogni gesto va contestualizzato e riportato alla propria natura. In realtà, stavo rispondendo a una provocazione di Turano. Dopo aver detto che una norma così liberticida e criminale avrebbe consentito di fare cose indicibili su una materia delicata come le discariche, l’assessore ha ribattuto: ‘Bene, così risolviamo i problemi’. E io gli ho risposto: ‘Bene, così vi fate arrestare’. La cultura delle manette, però, non mi appartiene. Sono un garantista puro, ma non tifo per l’impunità”.