Qualcuno, sui social, ha malignato che tratterebbesi di un cartellone «due camere e cucina». «Non sono molto social – replica con indignata ironia Antonio Calbi, sovrintendente dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico – e dunque non ho letto: però si vede che quel qualcuno non ha guardato bene gli autori, non ha capito il senso delle proposte, non sa discernere tra i nomi degli attori che hanno accettato. Insomma, vogliamo dire che s’è limitato a dare un’occhiata superficiale?».
Siracusa rilancia, come può. Deve dire arrivederci all’anno prossimo alle tre proposte in cartellone quest’anno, «Le Baccanti» con la regia di Carlus Padrissa, storico fondatore e animatore de La Fura dels Baus, «Ifigenia in Tauride» diretta da Jacopo Gassman e «Le Nuvole» con la regia di Antonio Calenda. Tutto slittato di 12 mesi perché – sottolinea Calbi – «erano già firmati i contratti anche con i cast oltre che con i registi, avviata la costruzione delle scene e la realizzazione dei costumi, qualche attore aveva già cominciato a leggere il copione, ad imparare la parte».
Tutto slittato di un anno. E tra poco più di un mese invece…
«Una proposta che io chiamo “un viaggio complementare”, parallelo, l’unico possibile con i limiti che impongono, anche per uno spazio così particolare come il teatro greco, le norme di sicurezza stabilite dal governo».
Eppure lei era partito, pur ragionando sui limiti imposti dal coronavirus, da un’utopia: mille o poco più spettatori a sera invece di cinquemila.
«Era forse un’utopia, pensiero che non è affatto estraneo alla gente di teatro. Ma l’utopia deve poi fare i conti con la realtà. E qui mille persone sarebbero state presenti ogni giorno, all’imbrunire, ma in toto, considerati quindi anche gli attori e le maestranze. E dunque lo spazio per il pubblico si sarebbe ridotto a 800 unità. E 800 paganti non possono coprire il costo degli allestimenti degli spettacoli dell’Inda».
A parte il foglio paga quotidiano, altri limiti?
«Ne avrebbero risentito anche gli spettacoli sul versante estetico e comunicativo, con una emozionalità alterata perché troppo vincolata. Penso, fra tutte, alla regia che Padrissa ha pensato per “Le Baccanti”, la Fura dels Baus fa sempre delle performances particolari sul piano visivo e del rapporto con il pubblico. Ma anche gli altri due allestimenti ne avrebbero sofferto e parlando con Gassman e Calenda si è deciso che era comunque meglio aspettare un anno».
E dunque la scelta di «Per voci sole».
«Ponderata, studiata, elaborata con un filo conduttore importante, non il semplice cartellone di monologhi con nomi popolari. La lettura e l’interpretazione dei classici – che è compito istituzionale dell’Inda – attraverso i secoli, dall’antichità ai nostri giorni, dai grandi del passato alla Yourcenar, a Ritzos. E gli attori, nomi noti sì, di richiamo, ma con una particolarità: la maggior parte di loro non ha mai recitato al teatro greco di Siracusa. Hanno accettato comunque tutti con entusiasmo e, voglio sottolinearlo, senza divismi né privilegi, tutti con lo stesso cachet, cosa che credo in Italia avvenga quasi mai».
Anche il rapporto scena-cavea sarà diverso.
«Di più. Sarà invertito, ribaltato. Gli attori, i musicisti si esibiranno nella cavea che di solito ospita per le rappresentazioni classiche i cinquemila spettatori di ogni pomeriggio. Il pubblico invece sarà sulla scena, disposto in poltroncine distanziate di due metri l’una dall’altra, d’altronde il grande palcoscenico all’aperto del teatro greco – oltre duemila metri quadri – ci consente questa possibilità e saranno soltanto 480».
Questo cambio in corsa le lascia un po’ d’amaro in bocca?
«No, l’alternativa sarebbe stata il teatro chiuso per un anno e sarebbe stata cosa tristissima. In questo devo dare atto al consiglio d’amministrazione d’essere stato sensibile e lungimirante. E poi inaugurare questo “viaggio complementare” il 10 luglio con un evento musicale, una novità di Nicola Piovani su Apollo, il dio della Luce, la dice lunga sul senso di speranza di cui questo luogo, in cui echeggiano le sciagure generate dal fato, dagli dei e dall’uomo stesso, si fa simbolo dopo la grande sciagura vissuta in questi mesi».