La partita sui dirigenti generali, alla Regione, slitta ai tempi supplementari: dopo averne nominati quattro, la giunta ha deciso di stoppare i lavori e ragionarci su. A terrorizzare Musumeci & co. è un parere del Cga, il Consiglio della giustizia amministrativa, trasmesso a palazzo d’Orleans lo scorso 27 maggio. Che a differenza di quanto riportato frettolosamente in queste ore, non concede alcun “via libera” alla nomina dei dirigenti di “terza fascia” nei ruoli apicali dei dipartimenti. Tutt’altro: secondo la sezione consultiva presieduta da Gabriele Carlotti, infatti, “la richiesta di parere in ordine alla possibilità di conferire, in applicazione dell’art. 11, comma 5, della l.r. n. 20/2003, l’incarico di dirigente generale a dirigenti appartenenti alla terza fascia è inammissibile”.
Riavvolgiamo un attimo il nastro. Gli incarichi dei dirigenti generali, alla Regione siciliana, sono scaduti il 16 febbraio. Complice il Coronavirus, ma soprattutto un’interrogazione parlamentare del deputato del Pd, Nello Dipasquale, le nomine sono state rinviate più volte. Prima al 15 marzo, poi a metà aprile, infine al 31 maggio. Proprio ieri, con una nota ufficiale, la presidenza ha comunicato che servono ancora due settimane: “Alla luce del parere reso dal Consiglio di giustizia amministrativa, in sede consultiva, lo scorso 27 maggio e sentita la relazione del capo della segreteria tecnica della presidenza della Regione – si legge nel comunicato – la giunta ha ritenuto necessario un ulteriore approfondimento tecnico-giuridico relativo alla posizione giuridica dei dirigenti di terza fascia, prorogando l’incarico degli attuali direttori generali per 15 giorni”.
I dirigenti di “terza fascia”, come ha raccontato Buttanissima (Puntata 1 – Puntata 2), sono figure “mitologiche” che esistono soltanto in Sicilia. Più che a dirigenti veri e propri, sono equiparabili a dei funzionari. In realtà, stando alle leggi regionali n.10/2000 e n.20/2003, possono essere nominati ai vertici della burocrazia i dirigenti di prima fascia; i dirigenti di seconda fascia, purché abbiano maturato almeno sette anni di anzianità nella qualifica di dirigente e siano in possesso di adeguata formazione professionale e culturale (…), nel limite di un terzo delle dotazione organica superabile in caso di necessità; e i soggetti esterni, nel limite del 30% della dotazione organica. Non i dirigenti di “terza fascia”: ci sono parecchie sentenze, spalmate negli anni, con cui la Corte d’appello di Palermo, il giudice del lavoro, lo stesso Tar, hanno detto “no” a questo tipo d’impostazione.
Tuttavia, come si legge nel parere del Cga, “alla luce del quadro complessivo rappresentato e «fermo restando l’intendimento dell’attuale governo regionale di procedere, non appena possibile, all’adozione di un disegno di legge di riordino della dirigenza regionale»”, il presidente Musumeci ha richiesto un parere “sul quesito anzidetto, non previamente sottoposto all’Ufficio legislativo e legale, «in considerazione sia dell’urgenza della presente richiesta sia di motivi di opportunità, atteso che tutti i dirigenti avvocati in atto in servizio presso il predetto Ufficio, compreso l’Avvocato Generale, sono dirigenti di terza fascia»”. Già, per la Regione è un problema enorme: su una burocrazia che conta 1.200 unità circa, ci sono appena tre dirigenti di seconda fascia (tra cui l’ex parlamentare Salvo Giuffrida), e nessuno di prima. In pratica, sono tutti funzionari e l’unico modo – certo – per non incorrere nella prospettiva di un abuso d’ufficio e, magari, di danno all’erario (un dirigente generale guadagna tre volte tanto un collega di “terza fascia”) sarebbe assumere degli “esterni”. O comunque scrivere una nuova legge per consenta l’armonizzazione della dirigenza generale, magari fissando nuovi criteri.
Tant’è che durante l’ultima Finanziaria, nei corridoi di palazzo dei Normanni circolava un “pizzino”. La proposta per normare il settore, però, non è mai diventato un emendamento aggiuntivo alla Legge di Stabilità (in ogni caso, era a rischio impugnativa). Così il 7 maggio, all’indomani dell’approvazione del Bilancio, gli uffici della Regione hanno tentato l’ultima mossa disperata. Chiedere un nuovo parere relativo ai dirigenti di “terza fascia” e, contestualmente, un riesame del parere n. 42/2020, richiesto dall’assessore per l’energia e i servizi di pubblica utilità (Pierobon) in ordine alla possibilità di “affidare ai funzionari direttivi di ruolo dell’Amministrazione regionale incarichi dirigenziali con l’istituto della delega… ciò in mancanza, evidentemente, di dirigenti del RUD in possesso di adeguati requisiti accademici ed esperienza professionale in relazione al posto da ricoprire”. All’interno di quel parere, reso dal Cga il 22 gennaio, incidentalmente (in latino si dice: obiter dictum), i giudici si soffermarono sul “regime giuridico dei dirigenti di terza fascia dell’Amministrazione regionale”, equiparandoli di fatto dei funzionari. La Regione, nella nuova richiesta, ha chiesto che questa parte del parere, venisse stralciata. E così è stato.
Ma il Cga non s’è rimangiato nulla, tanto che nelle motivazioni ha evidenziato come il quesito formulato da Pierobon “concerneva la possibilità di affidare non già incarichi di direttore generale, ma incarichi dirigenziali relativi a strutture intermedie (Servizi) o Unità operative (la cui conferibilità a dirigenti di terza fascia è espressamente contemplata)”. Oltre a espungere dal precedente parere n. 42/2020 il capoverso 10, relativo al pronunciamento obiter dictum sulla dirigenza di “terza fascia”, è venuta meno anche l’equiparazione ai funzionari, e questa – in prospettiva – rappresenta mezza vittoria per il governo, poiché sarà più facile intervenire in assenza di legacci chiari. Ma la sostanza generale del provvedimento, come vi spiegheremo tra poco, non cambia di una virgola.
Per operare una forzatura e assumere dirigenti di “terza fascia” nei ruoli di capo dipartimento, da cui sono esclusi per legge, Musumeci e i suoi legali continuano a chiamare in causa l’articolo 11 della legge regionale 20 del 2003, che al comma 5 recita: “L’incarico di dirigente generale può essere, altresì, conferito a dirigenti dell’amministrazione regionale purché, in tal caso, gli stessi siano in possesso di laurea, abbiano maturato almeno sette anni di anzianità nella qualifica di dirigente, siano in possesso di formazione professionale e culturale nonché di capacità ed attitudini adeguate alle funzioni da svolgere, riscontrabili con riferimento all’avere espletato attività connesse al formale conferimento di funzioni di coordinamento, di direzione o preposizione a uffici o strutture della pubblica amministrazione regionale, nazionale e locale, compresi gli enti sottoposti a vigilanza e controllo da parte della Regione (…). La distinzione in fasce non rileva ai soli fini del conferimento dell’incarico di cui al presente comma”.
Ma, su questo punto, il parere del Cga è tranchant. Non lascia spazio a interpretazioni: piuttosto, le precede. “La stessa lettura della richiesta presidenziale – si legge – palesa che il quesito in esame, che verte sull’interpretazione di una norma regionale, nasce dalle segnalate decisioni assunte dalla Magistratura amministrativa e ordinaria in contenziosi instaurati contro la Regione ed è altresì funzionale ad atti concreti, attinenti all’organizzazione regionale, quali le nuove nomine di direttori generali, potenzialmente suscettibili di generare ulteriore contenzioso (…). Di qui l’esigenza di evitare commistioni tra attività consultiva e attività giurisdizionale, assegnando al parere l’autorevolezza di un pronunciamento anticipato su una specifica questione. Pertanto, la richiesta di parere in ordine alla possibilità di conferire, in applicazione dell’art. 11, comma 5, della l.r. n. 20/2003, l’incarico di dirigente generale a dirigenti appartenenti alla terza fascia è inammissibile, sotto il considerato profilo; ed ulteriore profilo di inammissibilità risiede della mancata specificazione dei rilevanti motivi di interesse pubblico”.
Morale della favola: la richiesta di parere formulata dalla Regione è inammissibile. Il Cga non ha alcun motivo di pronunciarsi su questioni che hanno generato contenziosi. Da parte sua, inoltre, non c’è alcun “via libera” rispetto alla nomina dei dirigenti di “terza fascia” nei ruoli apicali della burocrazia, che rischia tuttora di incorrere nel principio di illiceità. Resta valida, infatti, tutta la giurisprudenza del passato. “Avevo detto che il presidente Musumeci si stava muovendo in maniera sbagliata, e che nominare i direttori come voleva fare lui era illegittimo – spiega il deputato regionale del Pd, Nello Dipasquale – La sensibilità democratica di Musumeci equivale a zero, perché non ha nemmeno risposto alla mia interrogazione, però siccome so che non può rispondermi, sarà costretto a darmi ragione non potendo andare avanti”. I quindici giorni promessi dalla Regione, potrebbero non bastare per dirimere la questione.