C’è anche Franco Cataldo, 85 anni, condannato all’ergastolo per concorso nel sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, tra gli oltre trecento mafiosi scarcerati in questi ultimi giorni. Al detenuto, che stava scontando la pena nel carcere milanese di Opera, sono stati concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute. Cataldo era stato arrestato con diversi altri mafiosi dopo la scoperta del bunker sotterraneo, in un casolare di San Giuseppe Jato, dove era stato segregato nell’ultimo periodo il figlio del pentito Santino Di Matteo, prima di essere strangolato e sciolto nell’acido su ordine di Giovanni Brusca (era il 1996). Secondo l’accusa uno dei covi utilizzati per nascondere il bambino sarebbe stata una masseria di proprietà di Cataldo.
Ma la lista dei detenuti scarcerati è lunga: ne fa parte pure Rosalia Di Trapani, 72 anni, moglie del boss mafioso palermitano Salvatore Lo Piccolo e madre di Sandro, anche lui mafioso. La donna era stata condannata a otto anni di carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso e dall’agevolazione di Cosa nostra al Mercatone della carne di Palermo. Tra gli altri scarcerati vi sono anche il presunto mafioso di Gela Vincenzo Mulè, 58 anni, detto Enzo l’americano, che farebbe parte del gruppo mafioso dei Rinzivillo, e Giacomo Teresi, 74 anni, mafioso del quartiere palermitano di Brancaccio. Nella sua macelleria le microspie degli investigatori captarono un progetto di attentato nei confronti dell’ex procuratore a Palermo Gian Carlo Caselli. A casa è andato anche il killer ergastolano Antonino Sudato, mafioso siracusano del clan Nardo-Aparo che avrebbe partecipato alla guerra di mafia della sua zona negli anni dal ’90 al ’94.
La situazione sembra sfuggire di mano al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che con un’abile retromarcia minaccia di riportare tutti in cella: “E’ in cantiere un decreto legge che permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis”, ha spiegato il Guardasigilli durante un question time alla Camera. “Se il rischio contagio è stato, secondo i magistrati, causa delle scarcerazioni, adesso è il momento di riportare in carcere per legge i detenuti al 41 bis e quelli che si trovano nell’Alta sicurezza. Questo perché la situazione sanitaria è cambiata” aveva aggiunto Bonafede a Repubblica.