La burocrazia regionale non trova pace. Ai problemi d’istruttoria delle richieste di cassa integrazione in deroga e all’impossibilità, per i comuni, di erogare i 30 milioni di euro per l’assistenza alimentare, promessi 40 giorni fa dal governo, si sono aggiunte nelle ultime ore le dimissioni del dirigente generale del Dipartimento del Lavoro, dott. Giovanni Vindigni, che era in carica da nemmeno un paio di mesi. La decisione è arrivata dopo un colloquio riservato con il presidente della Regione, Nello Musumeci, che, d’intesa con l’assessore Antonio Scavone, le ha accolte. Su proposta dello stesso assessore, la giunta, riunitasi nel primo pomeriggio, ha affidato l’incarico ad interim al ragioniere generale Giovanni Bologna, che si è già insediato.
Le dimissioni di Vindigni fanno il paio con la scandalosa richiesta, da parte dei sindacati dei dipendenti regionali, di far scattare un bonus da 10 euro per ogni pratica di Cig in deroga sbloccata e con l’invio, da parte della ministra Dadone, di un’ispezione nell’Isola. Al momento una parte molto esigua di siciliani (1.500 circa), si è visto erogare la cassa integrazione da parte dell’Inps, che ha autorizzato 4.400 pratiche sulle 5 mila istruite dai Centri per l’impiego, pagandone 640 in tutto. Ma in attesa, fuori dai palazzi della politica e dagli uffici dell’amministrazione, ci sono quasi 140 mila lavoratori. “Il dottore Vindigni – ha sottolineato Musumeci – è persona perbene, trovatasi, suo malgrado, al centro di una vicenda – quella dei ritardi nelle pratiche per la cassa integrazione – sulla quale occorrerà fare chiarezza. Per questa ragione con l’assessore Scavone abbiamo avviato un’indagine interna e stiamo verificando, al tempo stesso, la quantità e la qualità del lavoro prodotto in questi dieci giorni dai dipendenti collocati in ‘lavoro agile’”.
Musumeci ha annunciato una conferenza stampa con Scavone per oggi, alle 10.30, a palazzo d’Orleans, ma la polemica è già rovente. Tanto che all’Ars i lavori si sono dilatati a causa dei numerosi interventi dei deputati (molti della coalizione di governo) per chiedere conto e ragione dei ritardi. I Cinque Stelle hanno addirittura proposto una mozione di censura per lo stesso Scavone, che però all’Ars non s’è visto. L’indignazione è ai massimi livelli, soprattutto da parte della comunità siciliana, costretta a convivere con l’emergenza sanitaria e con quella economica, oltre che col tappo della burocrazia. Qualche giorno fa, per cercare di imprimere un’accelerazione ai pagamenti, ma ancor prima all’istruttoria delle domande, gli uffici dell’assessorato al Lavoro avevano incontrato i sindacati. Da qui è emersa la richiesta dei dieci euro, oltre al potenziamento della task force (portandola da 132 a 232 elementi) che, secondo il portavoce di Siad-Cisal, avrebbe reso “più veloci le procedure e quindi i pagamenti degli ammortizzatori sociali. Le accuse piovute sui dipendenti regionali – aveva detto Angelo Lo Curto – sono ingiuste e distolgono l’attenzione dai veri problemi dell’Amministrazione, legati a strumentazioni non al passo coi tempi che vanno ammodernate”.
Da un lato la piattaforma informatica, i cui problemi sono stati evidenziati dallo stesso Scavone; dall’altro lo schiaffo morale del bonus che però, secondo i sindacati, non è un vero e proprio bonus, ma rientra nell’attivazione del “nuovo contratto collettivo di lavoro regionale, dove sono previsti istituti e fondi proprio per particolari attività straordinarie”. La richiesta del salario accessorio, legittima quasi sempre, suona un po’ sinistra in tempi di guerra. Eppure il messaggio ha trovato la sponda del governo, nella persona dell’assessore alla Funzione pubblica Bernadette Grasso: “Manderò una nota all’Aran perché lo smaltimento delle pratiche per la cassa integrazione in deroga sia inserita come obiettivo per sbloccare i premi già previsti per i dipendenti e quindi senza somme in più”, ha detto a Repubblica. Troppo tardi, però, per diradare i sospetti di Roma. La Ministra per la Funzione pubblica, Fabiana Dadone ha promesso un’ispezione. Mentre alcune sigle sindacali, nelle ultime ore, hanno chiesto di ritirare la bozza dell’accordo: “Non si può prevedere un incentivo a cottimo, è inaccettabile”, dicono in sintesi sia Alfio Mannino sia Claudio Barone, rispettivamente segretari regionali di Cgil e Cisl.
Tra dipendenti in smart working – a proposito, i sindacati hanno pure chiesto alla Regione di garantire una retribuzione aggiuntiva per le utenze di luce e telefono per chi usufruisce del lavoro agile, oltre ai buoni pasto – la mancanza di governance e le solite carenze strutturali, la burocrazia siciliana è un inferno. E Musumeci non sa materialmente dove mettere le mani. In questi giorni, da tutti i partiti, si sono levati degli appelli accorati per abbattere i tempi d’attesa e gli adempimenti istruttori. A sostenere questa battaglia è anche il presidente dell’Assemblea regionale, Gianfranco Micciché, che ha detto di appoggiare in toto il disegno di legge sulla sburocratizzazione proposto dall’on. Luca Sammartino in prima commissione.
Ma l’orizzonte è nero e lo dimostra la seconda questione: quella relativa al pagamento dei 100 milioni dell’assistenza alimentare, che il governo regionale aveva annunciato il 29 marzo, in piena fase-1, per tutte le famiglie in difficoltà. A distanza di 40 giorni nessuno dei siciliani ha visto un euro. Poco più di trecento sindaci (su 391) ha sottoscritto l’atto d’adesione: non ci sono quelli di Palermo e Trapani. E il motivo è stato spiegato oggi, in un’intervista al Giornale di Sicilia, dal vicepresidente dell’Anci, Paolo Amenta: “Ci sono regole che di fatto ci impediscono di utilizzare questi soldi. La prima è quella che ci obbliga a calare queste somme nei bilanci attraverso una variazione che va approvata in consiglio comunale. E tuttavia nessun sindaco ha ancora approvato il bilancio, siamo tutti in esercizio provvisorio e così non è consentita alcuna variazione contabile. Nessun ragioniere generale firmerebbe un decreto di impegno di questi soldi in queste condizioni”. Il secondo problema, invece, è il rigido sistema di rendicontazione di questi finanziamenti, che risponde alle regole europee e impone un percorso burocratico che i Comuni non riescono a garantire. A cominciare dal fatto che serve un bando per stilare una graduatoria dei beneficiari e ciò implica tempi lunghi e impegno di personale, che non tutti si possono permettere. Il risultato è il limbo.
La Regione, in questa prima fase, trasferirà ai comuni trenta milioni (sui 100 complessivi): si tratta di contributi del Fse (il fondo sociale europeo). Gli altri 70 dovrebbero arrivare entro giugno: ma anche questa previsione rischia di diventare utopica, trattandosi di fondi Poc che vanno rendicontati anch’essi secondo procedure europee. Insomma, cadono le braccia.
Lupo: Musumeci unico responsabile
“Musumeci riconosca di avere sbagliato a nominare Giovanni Vindigni dirigente generale dell’assessorato al Lavoro paralizzando l’erogazione della cassa integrazione in deroga. Se 133 mila lavoratori non riceveranno a breve quanto loro spetta la responsabilità è solo de presidente della Regione. Il governo regionale adesso dica come intende velocizzare le procedure per il pagamento delle spettanze ai lavoratori”. Così il capogruppo Pd all’Ars Giuseppe Lupo commenta la notizia delle dimissione del dirigente regionale travolto dalla polemica per la lentezza delle procedure di esame delle pratiche di cassa integrazione in deroga”.
I Cinque Stelle: l’assessore Scavone va rimosso
“Gestione cassa integrazione in deroga assolutamente vergognosa, inadeguatezza sul potenziamento dei centri per l’impiego, colpevole immobilismo sulla riforma degli Ipab, malgrado le proposte di legge depositate da tempi all’Ars: basta Scavone deve andare via”. Il M5S all’Ars chiede la rimozione dell’assessore della Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro, Antonio Scavone, e lo fa con una mozione di censura che è stata oggi annunciata in aula dal deputato Antonio De Luca, per spingere Musumeci a rimuovere l’esponente del suo governo, “rivelatosi palesemente inadeguato al ruolo”. A Scavone i deputati 5 stelle contestano, in primis, l’intollerabile gestione degli ammortizzatori sociali straordinari, con ritardi inaccettabili nella lavorazione delle pratiche di migliaia di lavoratori, ormai con l’acqua alla gola. “Ogni giorno che passa – affermano i deputati – l’angoscia di migliaia di famiglie cresce fino al limite dell’esasperazione. Per chi vive di un solo stipendio, azzerato dall’emergenza Covid, è un dramma. La Sicilia è stata, cronologicamente, la diciottesima regione italiana a inviare i flussi, con un immotivato e notevole ritardo. Le giustificazioni addotte e le informazioni fornite da Scavone sono apparse insufficienti e contraddittorie. Le dimissioni del direttore generale dell’assessorato – continuano i deputati – hanno il retrogusto amaro di chi si accinge a chiudere la stalla quando i buoi sono in grandissima parte scappati. Molto prima ci si doveva muovere per risparmiare ai siciliani indicibili sofferenze”