Ragusa è una città che vive (o viveva) di pallacanestro. La gloriosa Virtus, spinta dal suo capitano Giuseppe Cassì, per tutti Peppe, nel lontano 1998 conquistò la promozione nel campionato nazionale di Serie A2 dove, sotto l’effige della Banca Agricola Popolare, disputerà stagioni di altissimo livello. Ma tutte le cose belle sono destinate a finire. Il ritiro di Cassì, oggi 55 anni, priverà la Virtus del suo uomo-immagine, un ragusano nato a Catania che, nonostante lo sport, si laurea in Legge all’età di 23 anni (“Non ho mai perso un semestre” dirà orgoglioso a distanza di tempo).

Lo striscione per Cassì sventola al PalaZama, stagione ’97-’98

Il basket in città precipita: dalla retrocessione del 2004 al fallimento del 2006. Cassì è un ricordo lontano e i luoghi devozione della palla a spicchi, dal PalaZama della storica promozione al nuovo PalaMinardi, perdono fascino e pubblico. Il capitano, che su uno striscione – già vent’anni fa – era definito il “sindaco”, intraprende nuove missioni: diventa il presidente della Giba, l’associazione dei cestiti italiani, fino al 2012; poi si dedica all’avvocatura finché la città, che spesso snobba ma non dimentica, gli propone di scendere in politica. La città, si badi bene, non i partiti. E Cassì, uomo mansueto ma dalle capacità comprovate, accetta.

L’alba di una fase nuova si inaugura meno di tre mesi fa, quando Peppe Cassì, a capo di una coalizione civica che prevede anche la presenza (marginale) di Fratelli d’Italia, si candida ufficialmente a sindaco. E il suo nome fa paura ai competitor: non ha macchie nel curriculum, ma l’amore sconfinato della gente che non ha ancora avuto modo di misurare le sue doti politiche e amministrative. I partiti, da Forza Italia a Diventerà Bellissima, scelgono un cavallo diverso. E non si apparentano nemmeno al ballottaggio. La sensazione è che, sotto sotto, gli elettori moderati abbiano deciso per chi tifare: “E’ stata un’onda che è cresciuta man mano intorno a me. Sentivo l’affetto dei ragusani. Siamo andati avanti da soli, perché partiti e movimenti politici – è risultato in maniera evidente – si sono schierati altrove. La mia – spiega Cassì – è una coalizione di amici, di persone vere e non apparentarci, al secondo turno, è stata una scelta di coerenza. Probabilmente avremmo guadagnato dei consensi, ma ne avremmo anche persi”.

L’uomo nuovo al comando, ma con atteggiamento quasi schivo, naturale, senza farlo pesare. Dopo il 20% ottenuto al primo turno, Cassì ha ribaltato i pronostici e superato Tringali al ballottaggio. Ampliando il gap fino a 1500 voti. Non è mai diventato schiavo delle polemiche, almeno fin quando l’ex assessore al Bilancio (5 Stelle) ha detto che non rappresentava affatto il nuovo e che aveva dietro la vecchia politica: “Mantenere un certo controllo fa parte del mio carattere – spiega ora Cassì – ma di fronte alle insinuazioni di un esponente istituzionale era necessario fare delle precisazioni. E’ durato lo spazio di poche ore. So che il terreno delle provocazioni e del rancore non mi appartiene. Se avessi deciso di andare in quella direzione avrei perso. Così ho deciso di starmene fuori”.

Esempio di leader silenzioso, di quelli che si fa sentire all’interno di uno spogliatoio ma mai fuori, Cassì è convinto che le sue esperienze, sempre lontane dall’attività politico-amministrativa, gli torneranno utili: “Lo sport mi ha formato e insegnato tanto. Ciò che succede su un campo da basket si ripropone in forme diverse nella vita, di cui lo sport è metafora. La mia esperienza alla guida del sindacato dei giocatori mi ha insegnato a trattare con interlocutori di pregio e di prestigio. Ho affinato anche quell’arte”. La prima mossa per Ragusa? “Ho già parlato con alcuni dirigenti. Occorre approvare il Bilancio, perché senza non saremo nelle condizioni di programmare nulla”.

Ma la parte romantica di questa storia è importante almeno quanto la parte numerica ed elettorale: “Se è la notte più emozionante della mia vita? Sicuramente ha avuto un forte impatto. A livello emotivo si può fare un paragone con una vittoria importante in ambito sportivo. L’attesa del risultato e la festa che si scatena dopo sono più o meno le stesse. Cambia il peso specifico, ma le emozioni, quelle no, non puoi controllarle”.