E se Musumeci l’avesse fatto apposta? Che il colonnello Nello non fosse un estimatore del “voto segreto” – i falchi tiratori aleggiano all’Ars da inizio legislatura e mettono a dura prova la tenuta della sua coalizione di governo – s’era capito nel novembre scorso, quando al termine della votazione sull’articolo 1 della legge sui rifiuti, bocciato da Sala d’Ercole, inveì per la mancanza di trasparenza. E minacciò che non sarebbe più tornato in aula fino alla modifica del regolamento. Il regolamento è rimasto lo stesso, e Musumeci è dovuto tornare.

Ieri l’aspettavano. Troppo importante rivedere il presidente della Regione durante il voto sulla Finanziaria. E lui è arrivato, sibillino, dopo pranzo. Ha atteso pazientemente il suo turno e poi, all’improvviso, s’è preso la scena, urlando in faccia a Sammartino tutta la sua rabbia. La rivalità col giovane deputato etneo è feroce: condividono lo stesso collegio elettorale. Ma l’inno funesto del presidente era rivolto a tutto il parlamento. Per scongiurare che qualcun altro – al mattino ci aveva già provato il Pd – usasse quell’arma impropria (ma ammessa delle dinamiche dell’assemblea) per buttare giù il governo. L’intervento di Musumeci, scorbutico e fuori dalle righe (soprattutto nell’evocazione delle manette), gli è costato una valanga di critiche, e bloccato per oltre un’ora l’esame della Legge di Stabilità. Che non sia stata pubblicità progresso, non ci piove.

Tra le reazioni indotte da Musumeci non era prevista quella di Gianfranco Micciché, che da presidente d’aula però non ha potuto fare a meno di difendere le prerogative parlamentari e bacchettarlo. Il governatore, raccontano nei corridoi di palazzo d’Orleans, c’è rimasto male. Gli ha fatto meno effetto sentire Renzi, da Roma, che parlava di “grave intimidazione”, o il gruppo dirigente di Italia Viva che ha tirato in ballo lo “squadrismo”. Alla fine un paio di cose positive il presidente della Regione le ha ottenute: il ritiro della proposta di “voto segreto” da parte dello stesso Sammartino, il cui emendamento è stato bocciato, e la ripresa dei lavori parlamentari senza ulteriori intralci. L’aplomb è andato a farsi benedire, la strategia politica ha preso il sopravvento. Era tutto un rischio calcolato. Ma l’umiliazione dell’aula è una costante che alla lunga rischia di pesare.